AGI - Mentre in Corsica si incontrano i Paesi membri del gruppo Med7- Italia, Francia, Spagna, Portogallo, Malta, Cipro, Grecia, la Marina turca porterà a termine l'esercitazione "Tempesta del Mediterraneo", che ha visto impegnate fregate e navi da guerra per cinque giorni tra la costa di Cipro Nord e la costa turca.
Ieri sera il presidente turco, Recep Tayyip Erdogan, ha ordinato la difesa delle navi impegnate in attività di ricerca di idrocarburi "contro qualsiasi attacco o azione di disturbo" da parte di navi francesi e greche. Avvenimenti concentrati in poche ore, che spiegano bene la distanza tra Ankara e l'Europa.
La disputa Kastellorizo
A riportare la tensione alle stelle la disputa riguardante la piccola isola greca di Kastellorizo. Appena 9 km quadrati di superficie da cui però nasce la disputa su 50 mila km quadrati di piattaforma continentale, nelle cui profondità ci sono buone possibilità giacciano riserve di idrocarburi.
La pretesa di Atene si basa sulla stessa Kastellorizo e viene rigettata da Ankara in base alla vicinanza dell'isoletta dalle coste turche, appena 1,8 km, a fronte della lontananza dalle coste greche, circa 520 km. È l'ultimo atto di uno scontro tra Ankara e Atene riguardante la piattaforma continentale dei due Paesi; scontro iniziato nel 1973, quando la Turchia iniziò a concedere unilateralmente permessi per l'esplorazione del fondo marino al largo di Lesbo, Chio, Samotracia, Psarà e Antipsarà, negando la tesi che le isole greche, vicinissime la costa turca, possiedano una propria piattaforma continentale al di là del limite delle proprie acque territoriali (12 miglia nautiche).
Ankara, a sostegno della propria tesi, adduce anche il recente accordo tra Italia e Grecia rispetto alla delimitazione della piattaforma continentale nello Ionio; accordo in base a cui alle isole greche non viene riconosciuta una piattaforma continentale propria, esattamente come la Turchia vorrebbe per Kastellorizo.
La strategia della Grecia
Atene ha rifiutato nel corso dell'estate tre diversi tentativi di mediazione. Dopo che Erdogan, convinto dalla cancelliera tedesca, Angela Merkel, aveva ordinato il rientro delle navi da trivellazione e delle fregate militari, Atene ha concluso un accordo sulla giurisdizione marittima con l'Egitto. Iniziativa che ha colto completamente impreparata l'Ue e fatto infuriare Erdogan, che si è sentito preso in giro e ha fatto ripartire le trivellazioni.
Nelle scorse settimane Atene ha poi rigettato un tentativo imbastito dal segretario della Nato, Jens Stoltenberg, di portare le parti attorno a un tavolo per ridurre il rischio di incidenti nell'area tra due membri dell'Alleanza Atlantica. In ultimo la Grecia ha chiuso a una proposta di mediazione giunta dall'Alto rappresentante per la politica europea, Josep Borrell, che prevedeva un negoziato tra le due contendenti e un Paese terzo.
Atene, per sedersi e trattare, chiede che Ankara ritiri dall'area contesa le proprie imbarcazioni, civili e militari. Prima dell'accordo tra Grecia ed Egitto, Erdogan aveva richiamato tutte le navi turche dall'area, esattamente come richiesto da Atene. È evidente che la strategia della Grecia punta sull'isolare Ankara accusandola di compiere atti illegali che colpiscono l'intera Ue, sfruttando l'immagine negativa della Turchia presso l'opinione pubblica europea. Una strategia che non lascia molto spazio al dialogo, in cui Atene è sostenuta da Macron, che ha inviato navi da guerra francesi nell'area contesa, innervosendo ulteriormente Erdogan.
La strategia della Turchia
Per descrivere la strategia della Turchia, giova ricordare le ripetute aperture di Ankara al dialogo, a fronte della prontezza con cui trivelle e fregate sono state schierate nell'area contesa. Da un lato la disponibilità a sedersi e trattare, dall'altra una forza militare che non puo' essere trascurata. Esercitazioni militari mirate a mettere in mostra i muscoli (quella che termina oggi è durata 5 giorni) e la convinzione di essere dalla parte della ragione.
Una convinzione che non prevede passi indietro e che sarebbe un'errore attribuire al solo Erdogan e al suo partito, poiché condivisa dalle opposizioni e in definitiva dall'intero Paese, la cui stragrande maggioranza difficilmente griderebbe allo scandalo se il presidente turco ordinasse di usare la forza contro le navi greche. Le scelte di Erdogan hanno il sostegno di una fetta enorme del Paese e se il presidente ammorbidisse la propria posizione finirebbe col perdere consenso e la faccia.