AGI - Dopo l'annuncio dello storico accordo per la normalizzazione delle relazioni tra Israele ed Emirati arabi uniti e il primo volo diretto tra Tel Aviv e Abu Dhabi della settimana scorsa (con sorvolo dello spazio aereo saudita, un altro primato), si sta organizzando la prima visita ufficiale. Come ha riferito la Reuters, da Abu Dhabi una delegazione dovrebbe partire alla volta dello Stato ebraico il prossimo 22 settembre per consolidare l'intesa raggiunta grazie alla mediazione dell'amministrazione americana di Donald Trump. La conferma ancora non c'è, si attende di conoscere la data per la cerimonia di firma dell'intesa che si terrà probabilmente a Washington a metà settembre.
- ISRAELE PENSA AI RISVOLTI ECONOMICI DELL'INTESA Intanto il ministro per l'Intelligence israeliano, Eli Cohen, ha puntato l'attenzione sui risvolti economici dell'intesa, sostenendo che "entro 3-5 anni l'interscambio raggiungerà i 4 miliardi di dollari" annui; i settori interessati sono difesa, energia, salute, turismo, tecnologia e finanza. Già questo mese è prevista la visita negli Emirati dei responsabili delle due principali banche israeliane.
- USA ANNUNCIANO "SVOLTA DIPLOMATICA STORICA" Gli accordi di Abramo sono stati annunciati dalla Casa Bianca con una nota congiunta il 13 agosto come una "svolta diplomatica storica che farà avanzare la pace" e al contempo "sbloccherà il grande potenziale nella regione". La speranza di Washington, e di Gerusalemme, è che al passo rivoluzionario di Abu Dhabi segua quello degli altri Paesi del Golfo. A spingere in questa direzione c'è la comune opposizione verso l'arcinemico Iran e la sfida posta dall'atteggiamento sempre più aggressivo della Turchia di Recep Tayyip Erdogan nella regione. I più papabili sono Bahrein e Oman, ma anche il Sudan: in quest'ottica si è inserito il viaggio del segretario di Stato Usa, Mike Pompeo, che alla fine di agosto ha visitato Abu Dhabi, Gerusalemme, Manama, Muscat e Khartoum. Caute aperture verso una normalizzazione dei rapporti con lo Stato ebraico ce ne sono state, l'accordo è stato accolto con favore da diversi Paesi, ma altri passi ufficiali ancora no.
- RIAD FRENA E RICORDA LA CAUSA PALESTINESE La stessa Arabia Saudita, il pilastro sunnita delle regione, feroce oppositore di Teheran, ha mostrato una certa disponibilità, concedendo il suo spazio aereo ai voli commerciali che uniscono i due Paesi. Tuttavia, nella telefonata di ieri sera con Trump, il re Salman è tornato a ribadire la centralità della causa palestinese per il via libera a futuri rapporti: senza "una soluzione giusta e durevole che porti la pace", non ci sarà normalizzazione. Una puntualizzazione necessaria per non essere accusati di tradire i palestinesi.
- TRUMP INCASSA UN ATOUT PER LE ELEZIONI Tutti, tranne loro, hanno (già) guadagnato qualcosa dall'annunciato accordo: Trump ha messo a segno un grosso colpo in vista delle elezioni di novembre, gli Emirati possono dire di aver fermato i piani israeliani di annessione della Cisgiordania e Israele allarga la sfera di alleanze, scavalcando Ramallah.
- GLI F-35 AGITANO LE ACQUE Un percorso dalle grandi potenzialità, ma ancora pieno di incognite: ad agitare le acque è il piano di vendita di F-35 americani agli Emirati, che minaccia la politica di sicurezza israeliana basata sul 'quantitative military edge', un vantaggio qualitativo militare che nessuno nella regione deve superare. In occasione della recente visita in Israele, Pompeo ha ribadito che gli Usa forniranno armi agli Emirati, stando però attenti a non penalizzare la supremazia israeliana nella regione. Una posizione contro la quale il premier Netanyahu si è espresso duramente in pubblico, anche se - secondo la stampa - ne era a conoscenza e in privato avrebbe dato il via libera per raggiungere l'accordo con Abu Dhabi.