AGI - Golpe militare in Mali: il presidente Ibrahim Boubacar Keita e il suo primo ministro, Boubou Cissé, sono stati arrestati nel tardo pomeriggio dai soldati in rivolta.
Lo ha annunciato uno dei leader dell'ammutinamento, mentre i soldati fraternizzavano con i manifestanti che chiedevano da mesi le dimissioni del capo dello Stato e lo ha confermato in serata un portavoce governativo.
"Possiamo dirvi che il presidente e il primo ministro sono sotto il nostro controllo. Li abbiamo arrestati a casa del capo dello Stato a Bamako", ha detto uno dei leader dell'ammutinamento che ha chiesto l'anonimato.
Secondo un altro soldato degli ammutinati, i due leader erano a bordo di "un veicolo blindato sulla strada per Kati", dove si trova il campo Soundiata Keita, a una quindicina di chilometri da Bamako, punto di inizio dell'ammutinamento.
I militari hanno preso il controllo del campo e delle strade adiacenti, prima di dirigersi in un convoglio verso il centro della capitale. Qui sono stati acclamati dai manifestanti riuniti per chiedere le dimissioni del presidente.
L'Onu, rilascio immediato e incondizionato
Il segretario generale dell'Onu, Antonio Guterres, ha chiesto il “rilascio immediato e incondizionato" del presidente del del premier del mali, arrestati dai soldati in rivolta. Domani il Consiglio di sicurezza terrà una riunione d'emergenza a porte chiuse, su richiesta di Francia e Niger, che attualmente presiede la Comunità economica degli Stati Africa occidentale (Ecowas).
"Il segretario generale condanna fermamente queste azioni e chiede l'immediato ripristino dell'ordine costituzionale e dello stato di diritto in Mali", si legge in una nota di un portavoce.
Condanna internazionale
Il Consiglio di Sicurezza dell'Onu, al termine di una riunione d'emergenza, ha chiesto il rilascio incondizionato di Keita e Cissé. Condanne sul golpe sono arrivate da Ue e Unione africana. "L'Ue condanna con fermezza il tentativo di colpo di stato in corso in Mali e rifiuta ogni cambiamento incostituzionale", ha scritto su Twitter l'Alto rappresentante per la politica estera, Josep Borrell.
Una "forte condanna" è arrivata anche dall'Unione africana. Poco prima del suo arresto, il primo ministro Boubou Cissé aveva chiesto ai militari di "mettere a tacere le armi", dicendo di essere pronto a impegnarsi con loro in un "dialogo fraterno per chiarire ogni malinteso".
"I malumori rilevati riflettono una certa frustrazione che puo' avere cause legittime", aveva detto Cissé senza citare dettagli sui motivi della rabbia dei militari.
Già prima dell'annuncio dell'arresto del presidente e del premier, i Paesi dell'Africa occidentale, la Francia e gli Stati Uniti avevano espresso la loro preoccupazione e denunciato ogni tentativo di rovesciamento del potere.
L'ambasciata italiana a Dakar, in Senegal, che si occupa anche del Mali, ha chiesto ai connazionali nella zone interessate di "restare in casa".
Il presidente francese, Emmanuel Macron, ha discusso della crisi scoppiata a Bamako con i suoi omologhi nigeriano, Mahamadou Issoufou, l'ivoriano Alassane Ouattara e il senegalese Macky Sall, e ha espresso "il suo pieno sostegno agli sforzi di mediazione in corso degli Stati dall'Africa occidentale".
Il capo dello Stato "segue da vicino la situazione e condanna il tentato ammutinamento in corso", ha spiegato la presidenza francese.
Circa 5.100 soldati francesi sono dispiegati nel Sahel, in particolare in Mali, nell'ambito dell'operazione anti-jihadista Barkhane.
Mesi di proteste e scontri
L'ammutinamento arriva dopo mesi di proteste sociali e scontri mortali tra manifestanti e forze dell'ordine. Una variegata coalizione di oppositori politici, leader religiosi e membri della società civile aveva intensificato le manifestazioni per chiedere le dimissioni di Keita, accusato di cattiva gestione.
A ciò si aggiunge una "situazione sociale deleteria", secondo il leader sindacale Sidibè Dèdèou Ousmane.
Il Movimento del 5 giugno-Raggruppamento delle forze patriottiche del Mali (M5-Rfp), che guida la protesta, giovedì scorso ha rifiutato un incontro con il presidente, ponendo in particolare come prerequisito la fine della "repressione" contro i suoi militanti.
Nel fine settimana del 10 luglio una manifestazione indetta dal Movimento degenerò in tre giorni di disordini mortali. Sempre dal campo di Kati prese il via il 21 marzo 2012 la grande offensiva dei ribelli tuareg lanciarono nel nord del Mali e che però alla destituzione del presidente Amadou Toumani Tourè.
Il colpo di Stato fece precipitare il nord del Mali nelle mani di gruppi islamisti armati, che occuparono la regione per nove mesi prima di essere in parte cacciati da un intervento militare internazionale lanciato dalla Francia nel gennaio 2013 e tuttora in corso.
Sotto la pressione internazionale, la giunta finì per cedere il potere alle autorità civili a interim fino all'elezione nel 2013 di Ibrahim Boubacar Keita.