AGI - La novità, la favorita, ma non la sorpresa. Con la scelta di Kamala Harris come vice di Joe Biden in vista della corsa alle presidenziali di novembre, si compie l'atto politico più importante del candidato democratico. La Harris rappresenta già un primato: è la prima candidata afroamericana alla vicepresidenza nella storia degli Stati Uniti. Madre indiana, padre giamaicano, 55 anni, californiana, ex procuratore distrettuale a San Francisco, era la candidata nera più conosciuta dagli americani, tra le "finaliste" della selezione di Biden. Più famosa di Karen Bass, di Susan Rice, di Val Demings, nomi forti dei democratici ma non con un impatto mediatico a livello nazionale come lei, che conta su più di 4 milioni di follower su Twitter.
La scelta del vice rappresenta storicamente un atto che, sulla carta, non appare decisivo, ma alla fine lo è sempre: se in caso di vittoria si attribuisce in genere il merito al candidato presidente, in caso di sconfitta qualcuno scarica la responsabilità sulla scelta del numero due.
Una candidatura per puntare al voto dei neri
Nel caso di Harris, l'indicazione sembra poter compattare il voto afroamericano a favore dei democratici, quello rimasto freddo nel 2016 con la candidatura di Hillary Clinton. Quando venne fatto per la prima volta il suo nome, la californiana aveva commentato: "So che se ne parla tra i media e i commentatori e sono onorata di essere presa in considerazione".
Appena due settimane fa il suo nome era uscito, ad arte, da una foto rubata o forse ispirata da Biden quando, a un appuntamento elettorale a Wilmington, Delaware, aveva lasciato leggere gli appunti su un foglio in carta intestata allo stesso candidato democratico. Sotto il nome ben chiaro di Harris, apparivano una serie di giudizi lusinghieri sulla californiana. Negli ultimi dieci giorni, forse anche per tenere alta l'attenzione, erano circolate indiscrezioni su possibili cambi di rotta, ma alla fine ha prevalso la favorita.
Harris, nonostante le tensioni di inizio primarie con Biden, quando contestò all'ex vicepresidente la sua freddezza nell'appoggiare iniziative che combattevano la discriminazione razziale, ha mantenuto buoni rapporti con lui. In fondo è amica di casa da tempo, essendo stata procuratrice federale, come il figlio Beau: lei in California, lui nel Delaware. La senatrice è rimasta in contatto con Beau fino agli ultimi giorni di vita del figlio di Biden, morto nel 2015 per un cancro al cervello.
"Lo ha sempre sostenuto", disse Biden quando fece l'endorsement della senatrice per le elezioni del 2016. E quattro anni dopo, ha chiuso il cerchio, chiamandola al suo fianco nella sfida a Donald Trump, che sul suo account ha dedicato un video alla fresca candidata vicepresidente, in cui la descrive come "radicale", la donna delle "migliaia di miliardi di dollari di tasse". Ora c'è solo da aspettarsi il soprannome che Trump le assegnerà, dopo aver chiamato Biden "Sleepy", l'addormentato. Intanto, il presidente ha retwittato un video in cui la Harris viene etichettata "phony", falsa, ipocrita.