AGI - La Cina ha consegnato sei droni da attacco alla Serbia, che diventa così il primo Paese europeo a schierare velivoli senza pilota militari di fabbricazione cinese. Si tratta di una nuova frattura tra Belgrado e la Nato, dopo la manifestazione di interesse per il sistema di difesa antiaerea russo S-400 espressa lo scorso anno dal presidente serbo, Aleksandar Vucic. Parole che avevano spinto il presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, a minacciare sanzioni. Se la vicinanza della Serbia alla Russia è cosa nota, è invece più recente l'approfondimento dei pur storici legami tra Pechino e la nazione balcanica, che sarà un importante snodo della Nuova Via della Seta, nell'ambito della quale è destinata a ricevere importanti investimenti infrastrutturali cinesi, nonché tecnologie militari.
"Fratelli per sempre"
Si tratta di un avvicinamento carico di simbolismo. Quando le forze della Nato bombardarono Belgrado nel 1999, cinque ordigni di precisione finirono sull'ambasciata cinese. E il cartello che, nel parco tra il palazzo presidenziale e il parlamento, mostrava immagini di corpi delle vittime serbe del conflitto della guerra per il Kosovo è stato alcuni mesi fa sostituito da un altro che recita: "Cinesi e serbi - fratelli per sempre".
L'acquisto dei droni, scrive Bloomberg, "sottolinea l'espansione della presenza strategica cinese sulla soglia della Nato, dai cyberattacchi al furto di proprietà intellettuale fino agli investimenti strategici nella Belt and Road Initiative. Inoltre, prosegue la testata Usa, "la crescente influenza cinese nei Balcani rispecchia la sua penetrazione in aree dominate in precedenza dalla Russia".
La vicenda, afferma ancora Bloomberg, potrebbe "rafforzare la posizione degli Usa, che hanno faticato a convincere gli alleati a unirsi a Washington nel fronteggiare una Cina sempre piu' assertiva. Ma altri membri della Nato guardano con freddezza a questa prospettiva, preferendo continuare a fare affari con la Cina e riluttanti a seguire la guida di Donald Trump, che critica gli alleati per non spendere abbastanza in difesa".
La rete di Pechino
L'espansione economica attuata dalla Cina in Europa attraverso la Nuova Via della Seta, che ha portato all'assorbimento di asset strategici (porti, utility, società di robotica) dal Baltico al Mediterraneo, ha però iniziato a preoccupare alcuni leader europei, come il primo ministro britannico Boris Johnson e il presidente francese Emmanuel Macron, i cui toni nei confronti del Dragone sono diventati di recente sempre meno concilianti.
"La Cina è in alto nell'agenda della Nato, cosa che non era mai avvenuta", aveva dichiarato a Bruxelles il segretario generale della Nato, Jens Stoltenberg, lo scorso 17 giugno, "non è la Nato che si sposta nel Mar Cinese Meridionale, è la Cina che si avvicina a noi. Li vediamo nell'Artico, li vediamo in Africa, li vediamo investire pesantemente in infrastrutture nei nostri stessi Paesi e, ovviamente, li vediamo anche nel cyberspazio".
Cosa rischia l'Europa
"Gli alleati riconoscono che gestire la sfida cinese sta diventando la principale priorità strategica degli Stati Uniti"; ha dichiarato a Bloomberg l'ex ambasciatore Usa alla Nato Alexander Vershbow, "se potrebbero non dover contribuire con truppe, devono mostrare che stanno contribuendo alla maggiore sfida per la sicurezza degli Usa". Qualora l'atteggiamento prevalente resterà la neutralità tedesca o la forte contiguità economica di nazioni come Portogallo e Grecia, gli Stati europei "potrebbero diventare più vulnerabili alle tattiche di pressione, alla coercizione e alla disinformazione cinesi", ha aggiunto Vershbow, "ma credo che il rischio più serio sia un declassamento del contributo Usa alla sicurezza europea".
E in Serbia c'è già chi si preoccupa che il rafforzamento dei legami con la Cina possa portare il Paese a un nuovo scontro con l'Alleanza Atlantica. "Il desiderio delle élite serbe di una cooperazione stretta con la Cina potrebbe potenzialmente condurci a un nuovo conflitto con l'Occidente, che ha i suoi sospetti sugli obiettivi cinesi", ha dichiarato a Bloomberg Igor Novakovic, ricercatore capo dell'International and Security Affairs Center, think-tank con sede a Belgrado. "Le relazioni della Serbia con la Cina possono diventare un problema politico molto serio", ha aggiunto, "siamo nel ventre della Nato".