AGI - Nuovi scontri a Beirut tra manifestanti e polizia, il giorno dopo quello in cui migliaia di persone hanno assaltato diversi ministeri nella capitale libanese, devastata da una duplice esplosione martedì. Da quella tragedia sono scaturite nella capitale vaste proteste che ieri, sabato, si sono trasformate in scontri con le forze dell'ordine, nei quali sono rimasti feriti a centinaia.
La rabbia popolare è tornata a esplodere a Beirut per il secondo giorno consecutivo: manifestanti hanno cercato di raggiungere il Parlamento, lanciando pietre, e sono stati respinti dalle forze dell'ordine che hanno sparato gas lacrimogeni per disperderli.
Cosa è successo sabato
Il "Sabato della rabbia" di Beirut si era trasformato in un sabato di guerriglia urbana in cui migliaia di manifestanti hanno preso il controllo del centro della città e hanno occupato diversi palazzi del potere, a partire dal ministero degli Esteri. I cittadini, infuriati ed esasperati dopo l'esplosione al porto, hanno dato alle fiamme auto ed edifici - i pochi risparmiati dalla strage di martedì. Con un bilancio di 728 feriti, secondo quanto riporta l’emittente araba al Jazeera. Nei disordini è morto un agente delle forze di polizia.
Oltre alla sede della diplomazia, trasformata nel "quartier generale della rivolta", sono stati presi d'assalto anche i ministeri dell'Economia, del Commercio, dell'Energia e dell'Ambiente così come la sede dell'associazione delle banche. Non ce l'hanno fatta invece a raggiungere il Parlamento protetto da un cordone di sicurezza di polizia ed esercito.
Poi sono arrivate le primi dimissioni: ha lasciato l'incarico il ministro dell'Informazione, Manal Abdul Samad, di fatto anche portavoce del governo. "Dopo l'enorme catastrofe a Beirut, annuncio le mie dimissioni", ha fatto sapere la stessa Samad in un comunicato diffuso dai media locali, scusandosi con il popolo libanese per averlo deluso.
Si dimette anche Michel Moawad, presidente del Movimento dell'Indipendenza e figlio dell'ex presidente Renè Moawad, riferisce L'Orient Le Jour.Ieri erano stati i parlamentari di Kataeb, Samy Gemayel, Nadim Gemayel e Elias Hankach a fare lo stesso annuncio, insieme alla deputata Paula Yacoubian, mentre il giorno prima aveva lasciato il Parlamento il deputato Marwan Hamade', del blocco druso.
La conta dei danni
Il Libano ha bisogno di circa 117 milioni di dollari nei prossimi tre mesi per far fronte all'emergenza creata dall'esplosione che martedì scorso ha devastato il porto di Beirut e mezza città. È la cifra indicata dall'Onu nella bozza del "quadro per la risposta d'emergenza", precisando che 66,3 milioni di dollari sono necessari per affrontare la situazione immediata, compresi servizi sanitari per i feriti, rifugi per coloro che hanno perso la casa, cibo e programmi per "prevenire un'ulteriore diffusione del Covid-19".
Altri 50,6 milioni di dollari serviranno per la fase due per ricostruire le infrastrutture, ristrutturare le abitazioni e impedire lo scoppio di epidemie. Almeno 15 strutture mediche, tra cui i tre principali ospedali, hanno subito danni strutturali a causa dell'esplosione e sono oltre 120 le scuole lesionate che potrebbero portare all'interruzione scolastica per circa 55 mila alunni.
Il presidente libanese, Michel Aoun, ha lanciato un appello alla comunità internazionale, affinché gli aiuti per Beirut, devastata dall'esplosione di martedi', arrivino velocemente, prima dell'inverno. "La ricostruzione di quello che è stato distrutto e i lavori necessari per riportare Beirut al suo splendore richiedono molte cose e le esigenze sono tantissime", ha affermato il capo di Stato libanese, partecipando alla videoconferenza organizzata da Francia e Onu.
"Bisogna dare risposta a queste esigenze il più rapidamente possibile, ha aggiunto, "prima dell'inverno, durante il quale è probabile che aumenti la sofferenza dei cittadini, soprattutto di quelli che non hanno più una casa". L'esplosione avvenuta al porto di Beirut ha provocato oltre 150 morti, 5 mila feriti e 300 mila sfollati. L'esercito libanese ha riferito che ci sono poche speranze di trovare sopravvissuti.
"Siete tutti assassini"
La rabbia della piazza non ha risparmiato nessuno. "Siete tutti assassini", hanno ripetuto i cittadini, che si sono presentati con i manichini dei principali "imputati" per la tragedia nel porto e per il fallimento di Stato: il presidente Michel Aoun, il premier Hassan Diab e il leader di Hezbollah, Hassan Nasrallah. "Tutti da impiccare". E di Aoun sono stati dati alle fiamme anche i ritratti custoditi al ministero degli Esteri. "Hezbollah terrorista", hanno protestato in centinaia, scatenando l'ira dei militanti islamisti che hanno tentato di sfondare il cordone della polizia e attaccare i ribelli. Non ci sono riusciti.
E mentre la piazza bruciava, il premier Hassan Diab, in un discorso alla nazione tentava di gettare acqua sul fuoco. "La strage al porto non resterà impunita", ha assicurato. Inoltre lunedì 10 presenterà al Parlamento la "richiesta di elezioni anticipate" da organizzare entro due mesi. Il bilancio dell'esplosione è stato infine aggiornato a 158 morti, 6.000 feriti e 21 dispersi.