AGI - “Scarafaggio coi baffi”, “Sasha 3%” sono i nomignoli più noti affibbiati dagli oppositori al longevo presidente bielorusso Aleksandr Lukashenko, che domenica alle urne mira al sesto mandato. I poco lusinghieri soprannomi si riferiscono agli inconfondibili baffi di quello che per molto tempo è stato definito “l’ultimo dittatore d’Europa” e alla presunta percentuale di consenso, a cui ormai secondo i suoi detrattori sarebbe oggi precipitato dopo 26 anni ininterrotti di potere.
‘Vozh’ (una sorta di leader massimo) e ‘batka’ (piccolo padre) per i suoi sostenitori affezionati ad appellativi di memoria sovietica, Lukashenko ha cercato di convincere la nazione da 9,5 milioni di abitanti di essere il maggiore garante della stabilità e da tenace nazionalista il migliore difensore della Bielorussia da ogni interferenza straniera. Si tratta di un messaggio che fa ancora presa sulla fascia più anziana della popolazione, in un Pese devastato dalla Seconda Guerra Mondiale, in cui morì quasi un terzo degli abitanti. Il sospetto verso lo straniero e l’orgoglio nelle forze di sicurezza fanno effetto su molti elettori ed è una carta che Lukashenko ha giocato in questa inaspettatamente animata campagna elettorale, che lo vede affrontare la peggiore crisi politica del suo ‘regno’ con affollate proteste di piazza sia a Minsk, che nelle province.
Le umili origini e la nostalgia per l'Urss
Ex direttore di un kolkhoz (la fattoria collettiva in Urss), dopo un’esperienza in Parlamento, nel 1994 - tre anni dopo la dissoluzione dell’impero sovietico - viene eletto presidente con l'80% dei voti, promuovendo un programma che oggi sarebbe definito populista e incentrato su ordine e lotta ai corrotti. Come il presidente russo Vladimir Putin, Lukashenko rimane un nostalgico dell’Unione sovietica ed entrambi sono appassionati giocatori di hockey.
Nel 2004, un referendum ha cancellato il limite di due mandati per la carica di capo di Stato, aprendogli le porte alla presidenza a vita. Le sue origini sono umili, allevato da una madre single in un villaggio povero della Bielorussia orientale; ha sposato Galina Lukashenko, con cui ha avuto due figli adulti: Viktor e Dmitri. Pur non vivendo insieme da decenni, nel 2015 Lukashenko ha detto di non voler divorziare dalla moglie. Nel 2004, il presidente ha avuto un terzo figlio, Nikolai (noto col diminutivo di Kolia), da Irina Abelskaya, il suo medico personale. Nonostante la sua giovane età, Nikolai è stato portato dal padre a numerosi incontri di alto livello, come a un’Assemblea generale dell’Onu o in udienza da papa Benedetto XVI, trasformandolo agli occhi di molti come il suo potenziale successore.
L'altalena del presidente tra l'Europa e la Russia
Da anni si barcamena tra l’avvicinamento all’Europa - da cui ha ottenuto la parziale cancellazione delle sanzioni imposte per il suo regime autoritario - e la collaborazione con il potente vicino russo, che di recente ha legato gli importanti sconti su gas e petrolio a una maggiore integrazione tra i due Paesi, che a Minsk suona come un’annessione.
Presidente che ha sempre fatto perno sull’immagine di leader autoritario e macho, Lukashenko non avrebbe mai pensato che la sua rivale più pericolosa potesse diventare una casalinga: scesa in politica per caso, la 37enne Svetlana Tikhanovskaya, ha raccolto dietro il suo nome le manifestazioni più massicce nel Paese dagli anni ’90; anche se difficilmente verrà eletta domenica nelle presidenziali ha comunque catalizzato e reso plastico il vasto malcontento presente nel Paese costringendo il presidente a una repressione mai vista in campagna elettorale. Lukashenko ha ripetuto più volte che una donna non vincerà le elezioni: “La nostra Costituzione non è per una donna perché il presidente ha un potere forte e, inoltre, la nostra società non è matura abbastanza per votare una donna”.