AGI - Lo shock per la doppia esplosione al porto di Beirut che ha sventrato una vasta parte della capitale libanese uccidendo 149 persone e ferendone oltre 5 mila (secondo l'ultimo bilancio di ieri sera) si è trasformato in rabbia e frustrazione contro una classe politica corrotta che ha dimostrato nell'immane tragedia tutto il suo fallimento.
Nella notte i cittadini sono scesi in strada, tra le macerie, per urlare la propria disperazione contro il governo. E le forze di sicurezza hanno reagito con i gas lacrimogeni. Decine di manifestanti hanno vandalizzato alcuni negozi e lanciato pietre all'indirizzo gli agenti nell'area del Parlamento, secondo quanto riferito dall'agenzia nazionale Nna. Alcuni sono rimasti feriti durante le azioni della polizia ma la grande azione di protesta è prevista per domani.
Per molti libanesi è stata una tragica prova della putrefazione al centro del loro sistema di governo, che non è riuscito a fermare la più profonda crisi economica dalla guerra civile del 1975-1990 e ha fatto precipitare milioni di persone nella povertà. E le parole del presidente francese, Emmanuel Macron, in visita nella città, lo avevano confermato. "Senza riformi urgenti e un profondo cambiamento interno, il Paese continuerà ad affondare", aveva allertato.
Il Fondo monetario internazionale, i cui colloqui con il Libano sono iniziati a maggio ma da allora si sono arrestati, ha avvertito che è "essenziale superare l'impasse nelle discussioni sulle riforme decisive". L'Fmi ha esortato il Libano, che già aveva bisogno di oltre 20 miliardi di dollari in finanziamenti esterni a cui ora se ne aggiungono altri per affrontare i danni della catastrofe, a "mettere in atto un programma significativo per invertire l'economia" dopo il disastro di martedì.
Nel frattempo vanno avanti le indagini sulla tragedia: la procura militare ha annunciato l'arresto di sedici membri del personale del porto, tra cui il direttore, Hassan Qureitem.