AGI - Novanta giorni sono tanti, ma passano veloci. Novanta sono i giorni che separano dal verdetto Donald Trump. Novanta occasioni per vincere o perdere la Casa Bianca. Un presidente che perde il secondo mandato è raro, ma questa campagna non è come le altre, questa è la corsa della pandemia. La campagna presidenziale vive di occasioni, episodi, bagliori e buio pesto. Come sempre, come prima, più di prima. I sondaggi dicono che Trump insegue, fatica a stare a ruota del candidato dem, mentre Joe Biden lascia fare il lavoro del logoramento al coronavirus, incassa il vantaggio e comunica che non andrà alla convention democratica di Milwaukee, nel Wisconsin, accetterà la nomination da casa, nel suo Delaware, dal 17 al 20 agosto tutto sarà virtuale, come la sua vittoria in questo momento.
Quella di Biden è una scelta politica, è la linea del rigore, l'igienismo da contrapporre all'aperturismo di Trump, la mascherina democratica sempre, quella repubblicana che compare e scompare, "patriottica" ma a geometria variabile, come l'umore di Trump.
Il messaggio di Biden
Il messaggio è chiaro: la leadership responsabile di Joe, contro quella inaffidabile di Donald. Si gioca la politica degli opposti, in uno scenario di voto polarizzato, di contesto di scontro frontale, è una scelta che non fa una piega, ma se c'è il dritto c'è anche il rovescio e i rischi non esistono solo per Trump, ne corre anche Biden, e lo sa.
La campagna di Biden è in uno stato di sospensione proprio per ridurre i rischi al minimo, è trascinata dalla forza d'inerzia del coronavirus. Funziona, perché i sondaggi dicono che viaggia meglio di Hillary Clinton nello stesso periodo della campagna del 2016: nella media di FiveThirtyEight è avanti di 8 punti su Trump e ha un distacco di 5 punti in Stati-chiave come Florida, Michigan, Pennsylvania e Wisconsin. Hillary non toccò questo vantaggio (ricordiamo che anche lei "era" in testa alla gara e sembrava inarrestabile, dettaglio declinato all'imperfetto che serve a innescare prudenza) neanche dopo la convention che di solito contribuisce a migliorare le prestazioni dei candidati.
La media di Biden è migliore, ma questo non basta perché l'elezione del 2020 è un film mai visto. A cominciare dalle convention che non ci saranno. Repubblicani e democratici le trasformeranno in uno show per la Rete, per i dem ci saranno Obama e Michelle e l'intendenza seguirà,
Cosa inventerà Trump?
Trump c'è da scommettere che qualcosa inventerà, ma quello che era buono ieri non vale oggi, compreso l'effetto trascinamento sui sondaggi. Come reagiranno gli americani? Quanto interesse susciteranno due eventi virtuali nell'America colpita dal coronavirus? Sono domande a cui nessuno è in grado di dare una risposta. Gli strateghi delle campagne sono senza mappe.
Lichtman vede Biden vincitore
Uno che l'azzecca sempre, lo storico Allan Lichtman, ha messo nero su bianco sul New York Times che l'elezione sarà vinta da Biden. Litchman dal 1984 non sbaglia una previsione, il suo metodo è quello delle 'Keys to the White House', 13 punti sui quali si misura la forza del candidato con la risposta binaria vero/falso. Le condizioni sono sfavorevoli a Trump, dunque alla fine, pur non avendo alcun carisma (Lichtman dixit) Biden andrà alla Casa Bianca. Sarebbe una noia per i cronisti, ma può succedere.
I test sul terreno, il voto delle primarie, dicono che i candidati in progress vanno meglio di quelli centristi, che i liberal hanno il vento in poppa, che non c'è seggio sicuro per quasi nessuno. Rashida Tlaib ha vinto in Michigan, Cori Bush in Missouri, un'attivista, ha steso William Lacy Clay jr. e ora ha la carta per diventare la prima donna di colore al Congresso per il Missouri. Ci aveva già provato nel 2018 e non aveva fatto centro, ma al secondo tentativo ha fatto strike e i birilli di Clay sono rotolati tutti a terra. Fine corsa. Parliamo di un politico che ha rappresentato per 10 mandati la Black America, appoggiato da una consumata tessitrice di trame come Nancy Pelosi e da una star emergente come Kamala Harris. La sconfitta di Clay, un professionista del voto, in uno Stato di tradizione democratica, ha un grande significato, l'onda che ha lanciato Alexandria Ocasio-Cortez è forte, gli elettori dem premiano i candidati con un'agenda radicale e mandano a casa i dinosauri dell'establishment democratico.
Biden saprà trascinare l'ala liberal del suo partito?
Nota sul taccuino: ma un candidato come Joe Biden cosa c'entra con questa mutazione in corso nel Partito democratico? È quello che si chiedono con distaccato disincanto alcuni analisti dem, c'è il timore che Joe non riesca a convincere a votarlo l'ala liberal, anche per questa ragione la sua campagna presidenziale è alla camomilla, il coronavirus dà una mano alla linea al cloroformio, meglio addormentare che risvegliare l'attenzione degli elettori sul non trascurabile fatto che è stato senatore del Delaware dal 1973 al 2009 e con i 4 anni da vicepresidente con Obama il conto fa 40 anni a Washington. Silenzio.
La campagna di Bill Stepien, lo stratega di Trump
Il rumorista della campagna è Trump. Il nuovo responsabile della campagna presidenziale, Bill Stepien, intervistato da Fox News ha confermato che ci sarà un cambio di passo: "Correremo come se fossimo gli sfavoriti. Correremo come se fossimo due punti indietro, anche se e quando saremo due punti avanti. Questa è la mentalità che avremo, questa è la mentalità che avremo nei prossimi tre mesi di questa campagna". Non possono fare altrimenti: Trump in questo momento è il candidato sfavorito. La strategia di Stepien è da "mission impossible", rendere disciplinato un candidato come Trump, tenerlo ordinato, concentrato e chiaro sul messaggio da dare, in particolare sulle misure prese contro il coronavirus. Davvero complicato, Trump ha un pregio che è anche il suo difetto, è imprevedibile, davanti a una telecamera s'accende un Trump che parla senza freni (sull'esplosione di Beirut ha evocato un "terribile attacco", mentre il Pentagono ha fatto sapere di dar credito all'incidente).
Detto questo, le carte da giocare per lui ci sono ancora tutte, il problema è che il calendario è corto e i margini di manovra sono stretti. La strategia è già in campo: martellare su Biden e la sinistra radicale, dire che "Sleepy Joe" non è. adatto al comando, enfatizzare il tema dell'aumento delle tasse, ricordare che lui è "la legge e l'ordine", i posti di lavoro che torneranno, l'economia che rimbalzerà (forse) e il toro di Wall Street. Sono tutti temi che funzionano con gli americani moderati, come ha ricordato Litchman nel video pubblicato dal New York Times, "gli elettori sono pragmatici". Trump ha una base molto motivata, altro dato che non bisogna sottovalutare, soprattutto se si pensa ai tiepidi entusiasmi che suscita Biden tra i liberal del suo partito. Tutto si giocherà come sempre negli Stati che fanno flip flop, qui Trump concentrerà la parte finale della campagna, dove vinse nel 2016, dunque in Florida, Pennsylvania, Wisconsin, Arizona e North Carolina. Basterà? Serve un'invenzione, un colpo, quella che si chiama "October Surprise" e per ora non sembra essere all'orizzonte.
Il vaccino contro il coronavirus sarebbe il colpo per vincere, ma siamo nel campo della sfera di cristallo, nonostante lo stesso Anthony Fauci (che oggi ha affermato che "se guardiamo al numero dei contagi, dei morti, è veramente preoccupante") abbia tenuto aperta la porta di una "sorpresa" prima del voto presidenziale.
Novanta giorni al tavolo da poker
L'economia è la preoccupazione e la speranza. I segnali sono contraddittori, la parabola del coronavirus ignota. I repubblicani hanno messo un termine per trovare un accordo al Senato con i democratici sul prossimo piano di stimoli fiscali, Trump minaccia di agire unilateralmente, Nancy Pelosi cerca di portare il negoziato a un risultato che non dia a Trump la possibilità di dichiarare vittoria, è una guerra di nervi che in ogni caso venerdì vedrà scorrere i titoli di coda e il The End sullo schermo. Senza accordo, Trump potrebbe tentare il colpo: sospendere le tasse sui salari. Come sempre, vale la vecchia regola: "Follow the Money". Saranno novanta giorni al tavolo da poker.