AGI - È destinata a far discutere a lungo la nomina di 36 nuovi Lord decisa da Boris Johnson. Tra le personalita elevate ieri alla Camera Alta risultano infatti numerosi fedelissimi del primo ministro britannico, dal suo capo stratega, Sir Eddie Lister, al miliardario Michael Spencer, eminente finanziatore del partito conservatore. Le due investiture più controverse sono però quella di Jo Johnson, il fratello del premier che aveva lasciato il governo lo scorso anno in polemica con lui, e sopratutto quella di Evgeny Lebedev, figlio di un ex agente del Kgb e proprietario dei quotidiani Evening Standard e The Independent: una nomina quest'ultima che avviene pochi giorni dopo il monito del Comitato per l'Intelligence e la Sicurezza di Westminster sulla crescente influenza russa nella politica del Regno Unito.
L'amicizia con Lebedev risale ai tempi in cui Johnson era sindaco di Londra. L'editore vanta inoltre rapporti ancora più stretti con George Osborne, cancelliere dello scacchiere dal 2010 al 2016, che Lebedev nominò direttore dell'Evening Standard nel 2017 per poi rimpiazzarlo lo scorso giugno con Emily Sheffield, cognata dell'ex premier conservatore David Cameron.
Osborne era presenza frequente alle sontuose feste organizzata da Lebedev nel suo castello in Italia. Durante uno di questi ricevimenti, nel 2018 - scrive il Times - Johnson, allora ministro degli Esteri, avrebbe incontrate il padre di Lebedev, Alexander, l'ex spia russa diventata uomo d'affari.
Il Lord Speaker: "Basta con le investiture di massa"
Esasperata la reazione dello speaker della Camera dei Lord, Norman Fowler, che ha chiesto a Johnson di smetterla con le "investiture di massa", sottolineando come il ramo alto del Parlamento britannico abbia ormai quasi 200 membri in più della Camera dei Comuni. "È ridicolo", ha dichiarato il Lord Speaker alla Bbc, "abbiamo compiti molto importanti nel governo del Paese e non ci servono 830 persone per farlo, è la verita' e lo sanno tutti". Fowler ha puntato il dito su alcuni Lord che "si comportano francamente da passeggeri e non fanno un grande sforzo in nessuna occasione".
Secondo dati citati dal Daily Mail, 88 membri della Camera dei Lord, ovvero uno su nove circa, non ha mai tenuto un discorso, fatto parte di una commissione o ricoperto una carica di governo, mentre altri 46 non avrebbero mai partecipato a una singola votazione. L'atteggiamento di Johnson è stato inoltre visto come un tradimento dell'impegno della precedente premier, Theresa May, a ridurre i numeri della Camera Alta, dalla quale nel 2017 era giunta una proposta, sostenuta dai Comuni, di porre a 600 il numero massimo dei membri.
Dagli avversari interni ai laburisti ribelli
A far discutere oggi è pero' soprattutto l'identità dei nuovi Lord, tale da attirare a Johnson accuse di clientelismo. Nell'elenco pubblicato dal 'Times' figurano esponenti di spicco dei Tories, da Ruth Davidson, ex leader del partito in Scozia, a due ex cancellieri dello scacchiere, Ken Clarke e Philip Hammond, il quale, come Davidson, era caduto in disgrazia presso Johnson a causa delle divergenti opinioni sulla Brexit. La lista contiene però diversi sostenitori del 'Leave', da Sir Ian Botham, già stella britannica del cricket, all'ex direttore del Daily Telegraph, Charles Moore, da Claire Fox, deputata del Brexit Party di Nigel Farage, ai parlamentari laburisti "ribelli" Kate Hoey, Ian Austin, John Woodcock e Gisela Stuart, che si opposero alla linea pro-Remain della maggioranza del partito.
Da segnalare anche lo sgarbo nei confronti di John Bercow, escluso dalla lista nonostante la consolidata convenzione di elevare alla Camera dei Lord lo speaker uscente della Camera dei Comuni.
"Le investiture dovrebbero essere basate solo sul merito e non concesse in cambio di qualcosa, sia essa la lealtà, il sostegno verbale o la raccolta di fondi per il partito", eèil commento di Duncan Hames della filiale britannica di Transparency International. "Nominando una ridda di ex parlamentari, fedelissimi e il suo stesso fratello, il primo ministro si sta attirando la derisione più totale", dichiara invece al Times Darren Hughes della Electoral Reform Society, "che riesca a cavarsela mostra quanto la Camera dei Lord sia diventata un club privato".