AGI - La Libia resta al centro dell'attenzione dei Paesi del Mediterraneo, con il rischio di una escalation nel braccio di ferro tra Egitto e Turchia che potrebbe trasformarsi in una guerra sul suolo libico. L'Italia, intanto, conferma il ruolo di mediatore. Su iniziativa italiana si è svolta oggi una riunione a livello tecnico tra Italia, Stati Uniti, Regno Unito, Francia, Egitto e Eau (formato “P3+3”) e Germania, con l’obiettivo di rafforzare il coordinamento tra alcuni dei Paesi più coinvolti nel dossier libico.
La questione petrolifera
Secondo alcuni fonti diplomatiche, l'incontro è stato dedicato soprattutto alla questione del perdurante blocco della produzione petrolifera in Libia, su cui è intervenuto il presidente della National Oil Corporation libica, Mustafa Sanalla. Grazie anche alla partecipazione di Stephanie Williams, che dallo scorso marzo guida la missione Unsmil in Libia, le parti hanno affrontato gli aspetti di sicurezza, economici e politici della crisi libica, discutendone i più recenti sviluppi.
La sfida tra Erdogan e al-Sisi
Ma la tensione tra gli attori in campo continua a salire. Il giorno dopo il via libera da parte del Parlamento egiziano all'eventuale intervento in Libia in difesa del maresciallo Khalifa Haftar, arriva puntuale il commento diRecep Tayyip Erdogan, principale sostenitore del Governo di accordo nazionale libico di Tripoli. "Non tollereremo azioni sconsiderate", ha avvertito il capo di Stato turco durante il suo intervento di relazione sui due anni di governo. "Abbiamo costretto i golpisti a ritirarsi dalla capitale", ha rivendicato Erdogan. "Stiamo seguendo alcuni sviluppi recenti, nessuno faccia azioni sconsiderate, anche perché non lo permetteremo", ha poi avvisato con chiaro riferimento all'eventuale intervento egiziano.
Il ministro degli Esteri di Ankara, Mevlut Cavusoglu, non è stato da meno. "Tutti coloro che hanno preferito la via delle armi in Libia sono stati sconfitti sul campo", ha rivendicato. "L'unica via per la crisi libica è quella che passa per una soluzione politica", ha aggiunto.
L'Egitto pronto alla guerra
Negli ultimi giorni l'Egitto, guidato dal generale Abdel Fattah al Sisi, si è fatto avanti con decisione verso un possibile coinvolgimento diretto in una guerra per difendere Sirte e la Cirenaica, la parte orientale del Paese controllata da Haftar. La prima apertura all'ipotesi è arrivata dal Parlamento di Tobruk, l'organo legislativo dell'Est, che si è detto favorevole all'intervento in caso di minaccia. Sono seguiti il benestare dei capi tribù, sempre dell'Est, e infine del Parlamento del Cairo. Nella giornata di ieri, al-Sisi è stato impegnato in alcune telefonate con il presidente americano, Donald Trump, e il presidente francese, Emmanuel Macron, entrambi considerati vicini ad Haftar.