Il premier britannico, Boris Johnson, ha confermato che il Regno Unito "modificherà il trattato di estradizione" con Hong Kong, come reazione all'entrata in vigore nell'ex colonia britannica della controversa legge sulla sicurezza nazionale voluta da Pechino.
Durante una visita a una scuola nel Kent, il capo di Downing Street ha assicurato di non avere atteggiamenti "automaticamente anti-cinesi", ma di avere "serie preoccupazioni" sia sul "trattamento della minoranza uigura e gli abusi dei diritti umani" sia "su quello che sta accadendo a Hong Kong". Da qui, la promessa che Londra sarà "dura" con la Cina su alcuni temi ma non "abbandonerà completamente la politica di impegno" con Pechino.
Il ministro degli Esteri, Dominic Raab, è atteso in Parlamento, per aggiornare i Comuni sui temi presi in esame, tra cui "i nostri accordi di estradizione", e su "una serie di altre misure che potremmo voler adottare".
Una direzione sulla quale punta anche Nathan Law, uno dei leader della protesta democratica a Hong Kong, fuggito a Londra di recente. "Ho parlato di questa questione con molti membri del Parlamento e ho ricevuto un sostegno molto forte sull'idea di sospendere il trattato di estradizione con Hong Kong", ha scritto su Twitter, sottolineando che "il cambiamento sta avvenendo".
Sulla stessa linea anche Iain Duncan Smith, co-fondatore dell'Alleanza interparlamentare con la Cina, convinto che "questa sia la cosa giusta da fare in risposta alla repressione del governo cinese sulla popolazione di Hong Kong".
La settimana scorsa il governo britannico ha deciso di escludere il gigante cinese delle telecomunicazioni Huawei dallo sviluppo della rete 5G, oltre ad aver offerto - dopo l'entrata in vigore della legge sulla sicurezza nazionale - la cittadinanza a tre milioni di cittadini dell'ex colonia britannica in Asia, scatenando la reazione di Pechino che ha denunciato interferenze interne.
Nelle scorse ore la Cina aveva fatto sapere che si oppone fermamente alla possibilità che la Gran Bretagna sospenda il trattato di estradizione con Hong Kong. Le recenti osservazioni, ha commentato il portavoce del Ministero degli Esteri cinese, Wang Wenbin, violano le norme fondamentali delle relazioni internazionali e interferiscono gravemente nelle questioni della Cina. Wang ha poi sollecitato Londra a "non proseguire ulteriormente lungo il percorso sbagliato per evitare di danneggiare ulteriormente le relazioni tra Cina e Gran Bretagna".
Intanto, Joshua Wong, tra i leader della protesta democratica a Hong Kong, ha annunciato la sua candidatura alle elezioni di settembre per il Consiglio legislativo nell'ex colonia britannica. Forte degli oltre 31 mila voti raccolti alle primarie della scorsa settimana, il giovane attivista si presenterà per "rappresentare il collegio elettorale di Kowloon Est".
Ribadendo la "convinzione politica e l'impegno a favore della lotta per la democrazia e la libertà per il popolo di Hong Kong", Wong ha sottolineato che "non importa" se Pechino sceglierà di escluderlo o meno dal voto: "Non mi arrenderò". "E' tempo - ha aggiunto - che il campo democratico prenda la maggioranza". Con l'entrata in vigore della contestata legge sulla sicurezza nazionale approvata da Pechino, sara' "una battaglia piu' dura", ha riconosciuto il leader pro-democrazia, ricordando che "il rischio per i candidati non e' solo di essere squalificati, ma di essere direttamente esposti a minacce fisiche ed essere trasferiti al di la' del confine per finire in una prigione cinese".
Wong non intende concedere spazio a questi timori, deciso a far passare il "forte messaggio al mondo che la gente di Hong Kong non si arrendera' mai, nonostante la Legge sulla sicurezza nazionale".