Il voto all'unanimità con cui il Consiglio di Stato turco ha deciso di annullare il decreto del Consiglio dei ministri che nel 1934 convertì Santa Sofia in museo, spiana di fatto la strada al ritorno allo status di moschea del monumento più visitato di Istanbul. La decisione non è immediatamente effettiva. I giudici amministrativi hanno infatti stabilito che entro i prossimi 30 giorni la decisione dovrà essere trasmessa al Direttorato Generale delle Fondazioni religiose. Poi l'ultimo decreto spetterà al presidente Recep Tayyip Erdogan, per il quale la riconversione in moschea di Santa Sofia è sempre stato un cavallo di battaglia. In base a quanto riportano media turchi vicini al governo, i parlamentari del partito Akp sarebbero già al lavoro per predisporre il decreto. "C'è l'esempio di Notre Dame a Parigi, dove si svolgono riti religiosi e la cattedrale comunque è aperta al turismo. È fuorviante dire che un patrimonio dell'umanità sia andato perduto", ha detto il portavoce di Erdogan, Ibrahim Kalin.
Il Consiglio di Stato ha accolto il ricorso dell'Associazione per le opere storiche ed ambientali, la cui pretesa si fondava sulla presunta falsità della firma apposta dal padre della repubblica turca, Mustafa Kemal Ataturk, sul decreto che trasformò Santa Sofia sarebbe stata un museo. In base alle indiscrezioni pubblicate dai media turchi, gli splendidi affreschi e mosaici all'interno della struttura, incompatibili con l'iconofobia islamica, saranno coperti con un sistema di tende automatiche, che li lascerebbe visibili al termine dello svolgimento dei riti musulmani. La prima preghiera potrebbe avere luogo il 15 luglio, nel quarto anniversario del tentato golpe in Turchia.
Storia del monumento più visitato della Turchia
Santa Sofia è uno dei monumenti più famosi al mondo, il più visitato della Turchia. La sua imponente struttura centrale mantiene l'impianto originale del 537, anno in cui fu edificata per volere dell'imperatore Giustiniano e della moglie Teodora che desideravano farne la più grande chiesa del mondo. Nel 1453, con la presa di Costantinopoli da parte delle truppe ottomane guidate dal sultano Mehmet "il conquistatore", l'Impero romano d'Oriente giunse alla fine e Santa Sofia diventò una moschea, con l'aggiunta dei 4 minareti e con alcuni cambiamenti realizzati dal grande architetto ottomano Sinan.
Il sultano Mehmet ordinò di preservare i preziosi mosaici, coprendoli invece di distruggerli. Rimase una moschea fino al 1935, quando, con la fine dell'impero ottomano e la fondazione della Repubblica turca, diventò un museo. Nel 2016, per la prima volta dopo 85 anni, al suo interno venne celebrata una preghiera islamica e al sito fu assegnato un imam per il richiamo alla preghiera dai minareti e la lettura del Corano, in determinate occasioni e anniversari.
Il ritorno di Santa Sofia allo status di moschea è entrato nell'agenda politica turca prepotentemente dopo le settimane di polemiche con la Grecia, che ha attaccato duramente Ankara per la preghiera islamica recitata lo scorso 29 maggio, in occasione dell'anniversario della conquista di Costantinopoli da parte delle truppe ottomane.
Lo scorso 29 maggio alcuni dei vertici politici e religiosi hanno pregato all'interno della struttura (Erdogan era collegato in video) per celebrare la conquista di quella che diverrà la capitale dell'impero ottomano nei seguenti 5 secoli: Costantinopoli poi divenuta Istanbul, per tutto il mondo, tranne per la Grecia, che ancora chiama la metropoli sul Bosforo con il vecchio nome. Le vibranti proteste seguite il 29 maggio hanno scatenato una reazione a catena culminata con la decisione odierna del Consiglio di Stato.