AGI - Le elezioni americane sono una questione di simboli e star, che resistono al tempo che passa o che segnano la fine di un'era. United Airlines, icona dei cieli Usa, potrebbe licenziare 36.000 dipendenti, ovvero metà del personale. Una debacle per il presidente Donald Trump che conta sulla ripresa per la rielezione e ha messo sul piatto 50 miliardi di aiuti per sostenere il comparto aereo piegato dal coronavirus.
Sul viale del tramonto un altro emblema del "Made in Usa", il marchio d'abbigliamento americano per eccellenza, Brooks Brothers, ricorsa al 'Chapter 11' per la bancarotta assistita. Fondata a New York nel 1818, Brooks Brothers ha vestito quasi tutti i presidenti statunitensi, da Abraham Lincoln a Barack Obama, grandi star di Hollywood e famosi scrittori come Francis Scott Fitzgerald che la cita nel suo romanzo d'esordio "Di qua dal paradiso". Brooks Brothers "sta alla sartoria americana come Coca Cola sta alle bevande gassate", per dirla con Business of Fashion.
Un altro simbolo in crisi, per Trump, è il Muro, neanche menzionato durante l'incontro con il presidente messicano Manuel Lopez Obrador, invitato alla Casa Bianca per celebrare l'entrata in vigore del nuovo Nafta, l'Usmca. Sulla simbologia nazionale Trump ha incentrato il suo discorso al Monte Rushmore, durante un comizio senza distanziamento sociale con sullo sfondo i volti dei presidenti scolpiti nella roccia che i nativi americani considerano un'evocazione del suprematismo bianco.
Mentre Trump celebrava il 4 luglio, la statua in legno della first lady Melania in Slovenia, a Sevenica, sua città natale, veniva data alle fiamme.
Se i democratici giocano la stessa partita del tycoon, convinti di poter vincere la 'guerra culturale' virando molto a sinistra, Biden è combattuto. I dem sostengono la campagna di Black Lives Matter. La Speaker della Camera, Nancy Pelosi, ha ordinato la rimozione di quattro ritratti di generali confederati fuori dall'Aula e chiesto di togliere altre statue sudiste secessioniste dal Capitol. Nella legge di spesa per la Difesa è stato inserito un emendamento per cambiare i nomi delle basi militari intitolate ai confederati sul quale Trump ha minacciato il veto. Biden teme che i colleghi di partito si siano fatti tirare troppo per la giacchetta dai progressisti. "Compromesso non è una parola sporca", ha ammonito l'ex vice presidente in testa nei sondaggi e che spera di convincere gli indipendenti e i Gop delusi da Trump. "Sono sempre stato in grado di mettere insieme democratici e repubblicani al Congresso Usa per approvare grandi cose, per raggiungere accordi su questioni importanti", ha rimarcato Biden durante un evento virtuale, allarmando i sostenitori di Bernie Sanders che temono "una nuova Hillary Clinton". Eppure la lezione delle primarie dem, con la sconfitta di Sanders ed Elizabeth Warren, insegna che Biden non dovrebbe spingersi troppo a sinistra per vincere la Casa Bianca, soprattutto ora che è favorito.
Per assecondare le spinte progressiste, il candidato dem ha fatto varie concessioni all'ala capeggiata da Alexandria Ocasio Cortez. All'inizio dell'anno ha appoggiato la proposta di Warren sulla bancarotta e manifestato aperture rispetto alle istanze di Sanders sui debiti degli studenti e sui finanziamenti pubblici per la Sanità. Il partito dell'Asinello è unito solo nella volontà di battere Trump. Biden resterà centrista o coglierà l'occasione, come suggerisce l'Economist, per seguire la scia progressista maggioritaria?
Di fronte all'ondata iconoclasta, sull'Harper's Magazine è stata pubblicata una lettera contro la "cancel culture" nei paesi occidentali e l'avanzata dell'intolleranza e la violenza. Tra i firmatari ci sono Noam Chomsky, Roger Cohen, Francis Fukuyama, Garry Kasparov, Margaret Atwood, J.K. Rowling e Salman Rushdee. Avvertono che "l'inclusione democratica auspicata puo' essere raggiunta solo se ci si pronuncia contro il clima di intolleranza che si è instaurato da tutte le parti" e ricordano che "il libero scambio di informazioni e di idee, linfa vitale di una società liberale, si fa ogni giorno piu' stretto".
E mentre Biden incassa l'endorsement di un mostro sacro di Hollywood, Robert Redford, perchè la rielezione di Trump, "accelererebbe la deriva autoritaria", un'altra star si candida per la presidenza. In un intervista a Forbes, Kanye West dice di essersi "tolto il cappellino rosso di Donald Trump" perchè ha perso fiducia nel tycoon e di avere un piano. Correrà con una nuova bandiera, quella del 'Birthday Party', con Elon Musk di Tesla come advisor e con un misterioso candidato vice che ha già individuato. "Uno dei motivi per cui ho indossato il cappellino rosso è per protesta contro la segregazione dei voti nelle comunità di colore, oltre al fatto che mi piacciono i suoi hotel e i sassofoni nelle lobby", spiega il marito di Kim Kardashian, negando che la sua sia una manovra per favorire l'inquilino della Casa Bianca. West taccia di razzismo e suprematismo l'assunto in base al quale tutte le persone di colore debbano votare dem. Quanto al fatto che non si sia ancora registrato presso la Federal Election Commission, è certo di poter ottenere una deroga per il coronavirus che si è pure preso. Non ha mai votato una volta nella sua vita. "Corro per vincere", ha assicurato West. Certo, forse, o magari per vendere album e sneaker.