La Corte Suprema statunitense ha negato piena soddisfazione a Donald Trump e, se da una parte ha deciso di non bloccare le esecuzioni della condanna a morte di quattro detenuti federali, programmate per luglio e agosto, dal'altra ha stabilito che la legge anti-abortista approvata in Lousiana nel 2014 viola la Costituzione.
Il testo stabiliva ulteriori restrizioni alle attività dei medici in uno stato dove molte cliniche abortiste sono state costrette alla chiusura. Contro la legge della Louisiana - bocciata con una votazione di 5 a 4 - si sono pronunciati il giudice supremo capo, il moderato John Roberts, assieme ai quattro colleghi liberal.
Il pronunciamento della Corte, a maggioranza conservatrice, rappresenta un nuovo smacco per Trump e per molti anti-abortisti e mette a rischio una serie di leggi restrittive sull'interruzione di gravidanza approvate negli ultimi anni in alcuni Stati. La legge della Louisiana stabiliva una serie di restrizioni, dalla "licenza speciale" al raggio limitato di azione entro cui il medico abortista poteva svolgere la propria funzione, misure che hanno reso impossibile per molte donne non solo il ricorso all'interruzione di gravidanza ma l'accesso alle cure successive all'intervento. Solo due medici in tutto lo stato potevano svolgere di fatto la professione: uno a New Orleans e l'altro a Shreveport.
Roberts si era già espresso contro il provvedimento dell'amministrazione Trump che voleva deportare all'estero oltre 700 mila "dreamer", i giovani immigrati entrati in Usa, prima dei 16 anni, senza documenti legali. È la prima decisione presa dalla Corte Suprema sul tema dell'aborto, da quando Trump ha scelto due giudici conservatori, spostando a destra il peso della corte.
La Corte ha invece dato via libera alle esecuzioni ordinate dal procuratore generale, William Bar con un provvedimento che ha di fatto messo fine a una moratoria in vigore dal 2003.