AGI - E tutto tornò come prima. Al punto che tutto o quasi è stato dimenticato. Ma quanti morti fece nel mondo, cinquantun anni fa, l'influenza di Hong Kong? Chi lo ricorda? Il numero può essere solo stimato e la forchetta è notevole: da uno a quattro milioni secondo Kara Rogers, senior editor per le Scienze biomediche dell'Encyclopaedia Britannica. Fu la terza pandemia del Novecento, dopo la terrificante "spagnola" (1918-19, tra 25 e 50 milioni di morti) e l'influenza asiatica (1957). Tuttavia il '68/69 non è rievocato per l'emergenza sanitaria, ma per la contestazione giovanile. O per lo sbarco sulla Luna. O per la faraonica manifestazione di Woodstock.
Il primo caso di pandemia del 1968/69 - dovuta al virus influenzale di tipo A, ceppo H3N2, forse importato dalla Cina - si registrò il 13 luglio 1968 a Hong Kong. Entro la fine dell'anno il contagio si era diffuso in Vietnam e a Singapore, in India, Filippine, nel nord dell'Australia e in Europa, raggiungendo gli Stati Uniti tramite i militari che tornavano dalla guerra in Vietnam. Nel 1969 l'influenza di Hong Kong approdò anche in Giappone, Africa e Sud America.
Eppure, facendone ricordo e comparazione con l'oggi, il Wall Street Journal del 24 aprile scorso ha contrapposto la "pandemia dimenticata" a quella del coronavirus.
Sul tema è tornato il quotidiano argentino Clarín il 30 maggio scorso, con un "non è stato mai detto". Cosa? Che i governi nazionali non disposero per quella pandemia alcuna misura di lockdown né l'impiego di dispositivi di protezione individuale. E che assai spesso i mass media ne confinavano i resoconti negli articoli di fascia bassa. Non solo: mentre ancora l'influenza di Hong Kong imperversava, le rubava la scena il più grande assembramento musicale della storia. A Woodstock, nello Stato di New York, mezzo milione di persone si radunò dal 15 al 18 agosto in condizioni, per usare un eufemismo, di promiscuità.
Un minuzioso fact checking realizzato da Usa Today il 12 maggio scorso conferma: il Festival di Woodstock ebbe luogo nel bel mezzo della pandemia negli Stati Uniti e non risulta alcuna evidenza o testimonianza relativa a misure di chiusura o di confinamento sanitario nel Paese. Il numero dei morti negli States per l'influenza di Hong Kong è stimato dal CDC (Centers for Disease Control) in 100mila contro i 125.800 del Covid-19, però bisogna ricordare che la popolazione del Paese ammontava al luglio 1969 a 202,7 milioni contro i circa 330 milioni di oggi.
"Il Festival di Woodstock del 1969 - si spiega nel fact checking - ebbe luogo nel mezzo di una pandemia globale e nessun ordine di restare a casa venne diramato. In ogni caso, il concetto di distanziamento sociale non era ancora una pratica accettata tra gli esperti di sanità pubblica e la pandemia influenzale del 1968 non fu letale quanto altre malattie. I legislatori inoltre non si trovarono di fronte a una importante pressione pubblica per rallentare il virus, poiché l'attenzione nazionale era focalizzata altrove".
Il concetto di 'social distancing', ha notato l'epidemiologo Arnold Monto dell'Università del Michigan, "si è sviluppato tra gli esperti negli anni 2000, quando ci fu preoccupazione per un'altra epidemia influenzale di aviaria". Va aggiunto, come riferito dal Wall Street Journal, che il virus dell'influenza di Hong Kong presentava un tasso di mortalità inferiore al Covid-19, anche se si presentò in due ondate e la seconda (nel 1969) fu peggiore della prima. In ogni caso, "i governi e i media - sottolinea il WSJ - non invocarono alcuna restrizione per la vita pubblica e per l'attività economica. Si permise al contagio di girare attraverso le comunità praticamente senza freni finché non si rese disponibile un vaccino per fermarlo". E a farne le spese furono soprattutto - come per il Covid-19 - le persone anziane (all'epoca, gli over 65).
E in Italia? Secondo il portale dell'epidemiologia per la sanità pubblica, a cura dell'Istituto superiore di sanità, "in Italia l’eccesso di mortalità attribuibile a polmonite ed influenza associato con questa pandemia fu stimato di circa 20.000 decessi". Irrilevante l'impatto sociologico e quello economico, mancando chiusure e confinamenti.
Intanto la Cina, incomparabile a quella di adesso eppure come adesso luogo d'origine del virus, era alle prese con la Rivoluzione culturale e all'estero non influenzava i governi ma solo gli studenti che agitavano il Libretto rosso.