AGI - Mentre a Sirte infuria ancora la battaglia tra le truppe della Cirenaica e quelle di Tripoli, intenzionate a strappare a Khalifa Haftar la città natale di Gheddafi, Giuseppe Conte sente il governo del Cairo, impegnato in un tentativo di mediazione tra i due contendenti. Il capo del Governo di Accordo Nazionale, Fayez Al Serraj, non intende però cedere, ora che il sostegno turco potrebbe consentirgli di riprendere il controllo dell'intero Paese.
"Il presidente del Consiglio Giuseppe Conte ha avuto oggi una lunga conversazione telefonica con il presidente della Repubblica araba d'Egitto, Abdel Fattah al-Sisi", rende noto Palazzo Chigi, "al centro del colloquio la stabilità regionale, con particolare riferimento alla necessità di un rapido cessate il fuoco e ritorno al tavolo negoziale in Libia, e la collaborazione bilaterale, da quella industriale a quella giudiziaria con particolare riferimento al caso Giulio Regeni".
Poco prima la Farnesina aveva fatto sapere che "l'Italia ha accolto con attenzione l'accordo annunciato ieri dal presidente Sisi. L'Italia ha sempre sostenuto ogni iniziativa che, se accettata dalle parti e collocata nel quadro del processo di Berlino, possa favorire una soluzione politica della crisi libica. A questo fine, auspica che tutte le parti si impegnino in buona fede e con spirito costruttivo nella ripresa dei negoziati 5+5 per la definizione, sotto la guida delle Nazioni Unite, di un cessate il fuoco duraturo".
La battaglia di Sirte
Le forze del Governo di accordo nazionale non hanno però intenzione di accogliere la proposta egiziana di un cessate il fuoco proprio ora che stanno guadagnando terreno e sconfiggendo, con il sostegno della Turchia, le milizie del generale Haftar.
Il portavoce dell'esercito di Tripoli, Mohamed Gnounou, ha voluto sottolineare, commentando l'iniziativa libica, che "non abbiamo iniziato noi questa guerra, ma ora vediamo data e luogo della sua fine. Non abbiamo tempo di ascoltare le assurdità che Khalifa Haftar dice in Tv".
Seraj vuole andare fino in fondo
La battaglia è ora a Sirte, luogo simbolo e città costiera a 450 chilometri a est di Tripoli, dove si gioca, ancora una volta, il futuro della Libia. Al tempo stesso snodo strategico fra Tripolitania e Cirenaica e luogo che diede sia i natali che l'orribile morte all'ex rais, Muammar Gheddafi, è qui che le forze del Governo di accordo nazionale, sostenute dalla Turchia, vogliono dare il colpo di grazia ai combattenti della Cirenaica, guidati dal generale Khalifa Haftar che fino a qualche mese fa sognava di marciare da vincitore sulla capitale ed essere il nuovo Gheddafi.
Haftar e i suoi uomini non solo hanno perso tutta la regione - azzerando di fatto l'offensiva lanciata nell'aprile del 2019 - ma ora sono costretti a difendere Sirte che controllavano dal 2016. L'ultima iniziativa diplomatica dal Cairo, dietro spinta del presidente egiziano Abdel Alfattah al-Sisi, la proposta di un cessate il fuoco da lunedì per riprendere il percorso politico e mettere da parte tutte le milizie straniere impegnato nel logorante conflitto interno, è stata respinta finora dal governo tripolino di Fayez al Serraj.
Haftar tenta una controffensiva
"Sono stati dati ordini alle forze del Gna di iniziare ad avanzare e attaccare tutte le posizioni ribelli" nella regione di Sirte, ha annunciato il portavoce delle forze di Tripoli, Mohamad Gnounou. "L'aeronautica ha compiuto cinque attacchi nella periferia di Sirte, colpendo mezzi armati e mercenari".
I combattenti di Haftar avevano preso Sirte a gennaio, controllata dal 2016 dalle milizie di Tripoli, in particolare quelle provenienti dalla città di Misurata, che erano riuscite a scacciare il gruppo jihadista del sedicente Stato islamico dopo diversi mesi di sanguinosi combattimenti. Vi erano entrati, quasi senza combattere, dopo essersi assicurati in particolare la fedeltà di un gruppo locale salafita. Il portavoce dell'autoproclamato Esercito nazionale libico, Ahmed al Mismari, ha rivendicato di aver lanciato una controffensiva a Est di Misurata, per fermare quindi l'assalto a Sirte. Inoltre da Bengasi sono partiti dei rinforzi per non perdere la roccaforte sulla costa centrale.