AGI - Non ha placato le tensioni l'accusa di omicidio preterintenzionale e l'arresto del poliziotto, che soffocò, durante l'arresto, l'afroamericano George Floyd, morto lunedì scorso a 46 anni sotto il ginocchio di Derek Chavin. Il Pentagono fa un raro passo e mette in allerta la polizia militare per andare a Minneapolis. I soldati di Fort Bragg in North Carolina e Fort Drum a New York, due delle basi più importanti del corpo della Polizia Militare dell'esercito americano, hanno ricevuto l'ordine di essere pronti a partire entro quattro ore, se chiamati. Ai soldati di Fort Carson, in Colorado, e di Fort Riley, in Kansas, è stato detto di essere pronti entro 24 ore. Lo hanno rivelato ad Ap fonti protette dall'anonimato.
Stato d'emergenza in Georgia, mentre in tre città del Minnesota è stato imposto il coprifuoco. Il centro di Los Angeles è bloccato dai manifestanti.
Intanto Trump ha telefonato alla famiglia di George Floyd e ritrattato la minaccia di sparare ai manifestanti. Gli altri tre poliziotti coinvolti non sono stati ancora arrestati ma sono sotto indagine. Dalle testimonianze locali, in particolare quella del vice presidente del consiglio comunale, Andrea Jenkins, è emerso che Floyd e Chauvin, si conoscevano molto bene perché avevano lavorato insieme per diversi anni nella sicurezza di un night club.
La reazione del Sindaco di Minnesota
"L'incriminazione dell'agente è un primo passo essenziale", ha commentato il sindaco della città, Jacob Frey, che oggi si è svegliato con edifici e auto ancora fumanti dopo una notte di rabbia e violenza. "Siamo una nazione a un bivio e la decisione odierna del procuratore della contea è un primo passo essenziale su una strada più lunga verso la giustizia e la guarigione della nostra città", ha affermato il primo cittadino in una nota.
Le parole di Trump, Biden e Obama
Un primo passo che però non sarà sufficiente con l'attenzione che resta alle stelle anche a causa di alcuni tweet del presidente, Donald Trump, che dopo aver promesso giustizia per la vittima, ha usato parole di fuoco contro quelli che ha definito i "criminali" che hanno commesso atti vandalici e saccheggi e ha minacciato l'uso della forza.
Il suo predecessore, Barack Obama, ha invece puntato il dito contro una normalità che non può più essere accettata nell'America del 2020. "è naturale augurarsi un ritorno alla normalità dopo la crisi sanitaria ed economica del Covid-19 ma dobbiamo ricordare che per milioni di americani, essere trattati in modo diverso a causa della razza è tragicamente, dolorosamente ed esasperatamente 'normale', sia che si tratti di del sistema sanitario o del sistema giudiziario o di fare jogging strada, o semplicemente di guardare gli uccelli in un parco", ha commentato Obama.
"Non dovrebbe essere normale nell'America del 2020. Non può essere normale. Se vogliamo che i nostri figli crescano in una nazione all'altezza dei suoi grandi ideali, possiamo e dobbiamo essere migliori", ha aggiunto.
"Nessuno di noi può volgersi dall'altra parte, nessuno di noi può stare in silenzio. Nessuno di noi vuole più sentire quella frase, 'non respiro', e non fare niente", ha invece dichiarato Joe Biden che ha sentito al telefono la famiglia di Floyd
Il democratico ha poi attaccato Donald Trump, dicendo: "Questo non è il tempo per scrivere tweet incendiari. Non è il tempo per incitare alla violenza. Abbiamo bisogno di una vera leadership, e ne abbiamo bisogno ora".
Casa Bianca vs Minneapolis
Poche ore dopo la notizia che il commissariato numero tre a Minneapolis era stato dato alle fiamme ed evacuato "per la sicurezza del personale", Trump se l'era presa con il sindaco "di estrema sinistra", Frey, accusandolo di "debolezza" e avvertendolo di "riportare la situazione sotto controllo" altrimenti invierà la Guardia nazionale.
A stretto giro è arrivata la risposta del primo cittadino, che in precedenza aveva definito a sfondo razziale l'omicidio Floyd. Ribadendo di essere deciso a "non tollerare" il proseguimento di atti vandalici, Frey ha respinto al mittente le accuse di carenza di leadership: "Debolezza è puntare il dito contro qualcun altro in un momento di crisi. Donald Trump non sa nulla della forza di Minneapolis, supereremo questo momento difficile".
Ma a scatenare la polemica e anche la decisa reazione di Twitter sono state altre affermazioni contenute nel cinguettio di Trump. "Questi criminali stanno disonorando la memoria di George Floyd", ha scritto il capo della Casa Bianca, esprimendo anche il pieno appoggio dell'esercito al governatore del Minnesota, Tim Walz, il quale ha firmato l'ordine con cui attiva l'intervento della Guardia nazionale. "Quando iniziano i saccheggi, si inizia anche a sparare", ha concluso Trump, di fatto ventilando l'uso della forza contro i manifestanti responsabili degli atti vandalici.
Questa sua ultima esternazione gli è costata una nuova 'segnalazione' da parte di Twitter. Il social network guidato da Jack Dorsey ha marcato il post del presidente, oscurandolo parzialmente, perché ritenuto contrario alle regole di utilizzo del social network e un'incitazione alla violenza.
Il tweet non è stato oscurato del tutto, "poiché potrebbe essere di pubblico interesse", ma la mossa di Twitter è destinata a rinfocolare lo scontro già acceso con la Casa Bianca. Trump ha poi precisato, sempre su Twitter, che ha parlato di un fatto, non di un'affermazione con il desiderio che accada.
Ancora scontri e proteste in diverse città
Intanto le agitazioni hanno costretto la Casa Bianca al lockdown. I servizi segreti, per sicurezza, hanno deciso di chiudere la residenza presidenziale Usa anche alla stampa dotata di 'hard pass'.
Bloccata dai manifestanti la Freeway 101 di Los Angeles, una delle principali arterie della città. La polizia di Los Angeles ha invitato, anche vi Twitter, i residenti e chi lavora in zona ad andarsene: "Abbiamo dichiarato illegale il raduno in tutto il centro di Los Angeles. Dala Freeway 10 alla 101 e dalla 110 fino ad Alameda.
Nella capitale americana i manifestanti hanno sfilato pacificamente sulla 14esima strada, vicino alla Casa Bianca, mentre a New York si sono radunati davanti al Barclays Center di Brooklyn. A San Jose, in California, alcuni manifestanti stanno bloccando il passaggio delle auto in strada.