Sfiducia in un governo che ha perso credibilità, una frattura sociale che si allarga, incertezza economica, indebolimento dell’autorità dello Stato: secondo il quotidiano Le Monde, in Francia sono questi i sentimenti più diffusi al termine di quasi due mesi di confinamento. L’avvio della fase 2 è caratterizzato da un timoroso ritorno alla realtà dei francesi, ancora segnati dalla paura del virus e in preda all'ansia per il rilancio dell’economia.
Le settimane di confinamento hanno segnato un ripiego obbligato del singolo su stesso, ma d’altra parte hanno avuto l'effetto di far confluire i vari motivi di malcontento dei cittadini - diversi in base alla propria situazione economica - in una vera e propria pentola a pressione sociale. Lo scompiglio causato dalla pandemia rappresenta un ulteriore motivo di diffidenza nei confronti del potere, in un’opinione pubblica già provata dalla crisi dei gilet gialli e dalle recente battaglia per la riforma delle pensioni, le cui ferite sono ancora aperte.
Gli ultimi sondaggi di opinione segnano un radicamento della rabbia nei confronti dell’esecutivo per la sua gestione della crisi sanitaria, un sentimento condiviso dal 53% degli intervistati, secondo un’indagine Cevipof del mese scorso. Ad avere il polso della situazione sociale effettiva sono deputati e sindaci, che hanno riferito delle crescenti diseguaglianze territoriali – tra le zone flagellate dal virus e quelle poco colpite – e sociali. Non tutti hanno avuto la stessa esperienza del confinamento: l'aggravio è stato maggiore per i gruppi di popolazione più svantaggiati e nei quartieri periferici.
“Numerose mail e lettere ricevute mi dicono che sempre più persone hanno meno fiducia. Aspettano l’esecutivo al varco” ha detto Boris Vallaud, deputato socialista nelle Lande, confermando nella sua regione una crescente sfiducia e perdita di credibilità della “parola pubblica” senza precedenti. Ad esasperare i cittadini sono stati diversi fallimenti in termini di comunicazione, alcuni tentennamenti del governo nei provvedimenti da attuare e soprattutto la questione delle mascherine.
“La gente ha avuto il sentimento di essere presa in giro, di non essere considerata come dei cittadini. I troppi cambiamenti del governo in merito al rientro a scuola sono stati un altro motivo di malcontento” ha riferito Olivier Bianchi, sindaco socialista di Clermont-Ferrand. Difficile fare previsioni sul rischio di una nuova esplosione sociale, ma “vediamo bene la frattura sociale sempre più profonda e l’indebolimento dello Stato. Il periodo gilet gialli non si è ancora cicatrizzato” ha riconosciuto parlando con Le Monde un alto dirigente del ministero dell’Interno, rimasto anonimo.
Malessere e paure ancora più profondi tra i residenti dei quartieri periferici e svantaggiati, che secondo un sondaggio Odoxa-Cgi, sono stati quelli che hanno maggiormente osservato le regole del confinamento, sono più ansiosi e stressati ma soprattutto si sentono abbandonati dallo Stato. L’ultimo studio Insee ha documentato l’effetto negativo del dover vivere in appartamenti “con troppi occupanti”, con un aumento dei casi di violenza alle donne, una maggiore difficoltà nel seguire la didattica a distanza, in quartieri in cui i servizi pubblici sono carenti e in cui è stato mediamente più difficile fare la spesa.
Per molte famiglie di immigrati, la chiusura della scuola è stata gravosa a causa dell'aumento dei costi dei pasti da preparare a casa, anche quelli solitamente consumati a scuola per 15 centesimi. Ma ora non tutti sono pronti a far tornare i propri figli a scuola, per timore di una seconda ondata di contagi. Nelle banlieue confinate si sono create catene di solidarietà locali con distribuzione di cibo alle famiglie in difficoltà sia da parte di altri residenti che di associazioni caritatevoli.
“Nelle periferie i problemi nei momenti di difficoltà vengono amplificati, come in questa crisi del Covid-19" ha testimoniato al quotidiano JSD Erwan Ruty, giornalista ed esperto del settore associativo. “Quello che accade nelle banlieue è solo la realtà della società francese, più precoce, e a volte esacerbata. Ma in Francia non siamo in una situazione di ghettizzazione totale. Purtroppo dal 1995 il terrorismo ci ha dato la prova che alcuni individui cominciano ad essere totalmente scollegati dal resto della società” ha sottolineato Ruty, autore di un saggio su 40 anni di banlieue francesi.
Il loro malessere si è manifestato a metà aprile, con quattro notti consecutive di violenze tra gruppi di residenti e forze di polizia. Gli episodi più gravi si sono verificati in alcuni dei comuni che sono fra i principali focolai dell’epidemia in Francia: negli Hauts-de-Seine, nelle Yvelines, in Seine Saint Denis, a Aulnay-sous-Bois e Montreuil, ma anche nelle periferie di Tolosa (Mirail), a Roubaix e Tourcoing, a Strasburgo e Lione.
Il ministero dell’Interno ha evidenziato che solo l’11% dei 700 quartieri ‘sensibili’ sono stati coinvolti nei disordini e 22 sui 60 più difficili nel Paese. Per alcuni osservatori si è trattato soltanto di violenze circoscritte senza conseguenze, mentre per altri, in particolare tra le forze politiche di estrema destra, i disordini nelle banlieue sono da considerare l’anticipazione di una deflagrazione sociale generalizzata.