Traduzione di Roberto Brunelli
Egregio signor Presidente, care colleghe e cari colleghi, signore e signori. Stiamo vivendo tempi del tutto straordinari e gravi. E tutti noi, governo e parlamento, tutto il nostro Paese, siamo sottoposti ad una prova come non c’è mai stata dalla Seconda guerra mondiale, dagli anni fondativi della Repubblica federale. In gioco c’è niente di meno che la vita e la salute delle persone. E ne va della coesione e della solidarietà della nostra società e in Europa.
Io sto dinnanzi a voi come la cancelliera di un governo che nelle scorse settimane ha deciso insieme ai Laender federali delle misure per le quali non c’è alcun precedente storico sul quale sia possibile orientarsi. Noi abbiamo inviato a voi, il Parlamento, dei progetti di legge e vi abbiamo chiesto l’approvazione di mezzi finanziari di una dimensione che prima della pandemia del coronavirus era semplicemente inimmaginabile. Ringrazio di tutto cuore per il fatto che il Bundestag, come del resto anche il Bundesrat, in queste difficili circostanze abbiamo discusso e deciso i provvedimenti legislativi con estrema rapidità.
Ormai viviamo da settimane nella pandemia. Ognuno di noi ha dovuto adattare se stesso e la sua vita alle nuovi condizioni, privatamente e professionalmente. Ognuno di noi può testimoniare cosa in particolare gli manca e cosa gli risulta più pesante. E io capisco che questa vita condizionata dal coronavirus ci appaia a tutti quanti già molto, molto lunga.
Nessuno lo sente dire volentieri, ma è la verità: non stiamo vivendo la fase finale della pandemia, ma siamo ancora al suo inizio. Dovremo vivere ancora a lungo con questo virus. La domanda di come possiamo impedire che il virus ad un certo punto possa travolgere il nostro sistema sanitario e che di conseguenza possa costare la vita a un numero immenso di persone rimarrà ancora a lungo la questione centrale per la politica, in Germania e in Europa.
Sono consapevole quanto le misure restrittive pesino su tutti noi, individualmente e come società. Questa pandemia è una grave imposizione democratica: perché limita proprio quelli che sono i nostri diritti esistenziali ed i nostri bisogni, quelli degli adulti nella stessa misura di quelli dei bambini. Una tale situazione è accettabile e sopportabile solo se le motivazioni delle limitazioni sono trasparenti e comprensibili, se la critica e il contraddittorio sono non solo permessi, ma anzi stimolati e che vengano ascoltati: da tutte le parti. In questo è di aiuto anche la libera stampa.
In questo ci aiuta il nostro ordinamento federale. In questo ci aiuta anche la reciproca fiducia alla quale si è potuto assistere in queste ultime settimane qui in Parlamento e dappertutto nel Paese. E’ ammirevole con quanta naturalezza le cittadine e i cittadini si siano impegnati l’uno per l’altro e si sono limitati come cittadine e cittadini a favore degli altri.
Vi assicuro: quasi nessuna decisione nella mia attività da cancelliera mi è pesata quanto le limitazioni dei diritti di libertà personale. Anche a me pesa vedere i bambini che in questo momento non possono incontrare le proprie amiche e i propri amici, cosa che a loro manca moltissimo. E anche a me pesa se le persone possono andare a passeggiare fondamentalmente solo con una sola persona all’eccezione di coloro che convivono nella stessa abitazione, e che debbano rispettare distanze minime così importante.
Anche a me pesa, in particolare, quel che devono sopportare le persone che vivono nelle istituzioni di cura, quelle per gli anziani o quelle per disabili. Là dove la solitudine può comunque già essere un problema la vita diventa ancora più solitaria in tempi di pandemia e del tutto senza visitatori. E’ crudele, se oltre al personale di assistenza, che danno assolutamente il massimo, non ci può essere nessun altro, se le forze svaniscono e una vita va verso la fine. Non dimentichiamo mai queste persone ed il temporaneo isolamento nel quale sono costrette a vivere. Questi ottantenni e novantenni hanno costruito il nostro Paese. Il benessere nel quale viviamo l’hanno fondato loro.
Sono la Germania proprio come lo siamo noi, i loro figli e i loro nipoti. E noi conduciamo la battaglia contro il virus anche per loro. Per questo sono convinta che queste limitazioni siano così necessarie per affrontare come comunità questa crisi drammatica e di difendere ciò che la nostra Costituzione mette al centro della nostra azione: la vita e la dignità di ogni singola persona.
Attraverso la severità verso noi stessi, la disciplina e la pazienza delle scorse settimane abbiamo rallentato la diffusione del virus. Il che suona come qualcosa di piccolo, ma è invece qualcosa di immensamente prezioso. Abbiamo guadagnato tempo e questo tempo guadagnato in modo così prezioso l’abbiamo usato bene, per rafforzare ancora il nostro sistema sanitario.
Il punto angolare, intorno al quale girano tutti gli sforzi in campo medico, sono i reparti di terapia intensiva. Lì si decide il destino di coloro che sono più colpiti dal coronavirus. Conosciamo tutti i terribili racconti dagli ospedali di alcuni Paesi che per alcune settimane sono stati semplicemente travolti dal virus. Che non si arrivi a questo è il semplice e al tempo stesso ambizioso obiettivo del governo federale. Io ringrazio il nostro ministro alla Sanità, Jens Spahn, ma anche i ministri alla Salute dei Laender, che lavorano instancabilmente a questo obiettivo: e con successi che sono evidenti.
Abbiamo esteso in maniera significativa il numero degli apparecchi per la respirazione. Con l’apposita legge ci siamo accertati che gli ospedali potessero realizzare ulteriori capacità di ricovero intensivo. Così oggi possiamo verificarlo: il nostro sistema sanitario ha retto a questa prova. Ogni paziente di coronavirus ottiene anche nei casi più gravi il miglior trattamento possibile, rispettoso della dignità umana.
Questo lo dobbiamo, più che a tutti provvedimenti statali, al lavoro e al sacrificio di medici, di personali sanitario e del soccorso, delle tante persone che con la loro fatica e la loro capacità d’azione realizzano proprio quello che noi chiamiamo semplicemente “il nostro sistema sanitario”. Li ringraziamo con questo applauso, e questo ringraziamento lo voglio estendere anche alle soldatesse e ai soldati della Bundeswehr, che danno il loro contributo in molti luoghi.
Un ruolo forse meno visibile in pubblico ma altrettanto decisivo nella lotta contro la pandemia è quello dell’amministrazione pubblica sanitaria. Si tratta di quasi 400 uffici sanitari locali. Se vogliamo riuscire a controllare e rallentare lo sviluppo dell’infezione, abbiamo bisogno che questi uffici siano in piena forza. Ed io aggiungo: in una condizione più forte di quanto non fossero prima della pandemia.
Per questo abbiamo deciso tra governo e Laender di dare a questi uffici più collaboratrici e collaboratori, in modo che possano effettivamente essere messi in grado di perseguire anche il compito di tracciare i contatti di una persona infetta. Il Robert Koch Institut istituirà 105 team mobili con studenti, i cosiddetti ‘containment scouts’, che possono essere utilizzati là dove vi sia particolare necessità.
Sin dall’inizio il governo si è dedicato anche al tema degli equipaggiamenti di protezione personale. La fornitura di questi beni, in particolare delle mascherine, è diventato rapidamente uno dei nostri compiti centrali, non solo per noi ma per tutto il mondo. Perché senza medici e infermieri sani non servono neanche i posti letti in terapia intensiva e i respiratori a disposizione.
La situazione sui mercati mondiali per questo tipo di materiale è molto tesa. Le pratiche commerciali delle prime settimane della pandemia erano, diciamolo, piuttosto ruvide. Per questo il governo federale ha deciso – nonostante non sia nostra competenza secondo la legge per la protezione dalle infezioni – di coordinare in modo centralizzato l’approvvigionamento degli equipaggiamenti di protezione personale e di trasferire poi tali beni ai Laender. Io ringrazio anche le imprese che ci hanno aiutato con la loro esperienza.
La pandemia ci insegna: non è bene se gli equipaggiamenti di protezione vengano acquisiti solo da Paesi lontani. Maschere che constano solo pochi centesimi nella pandemia possono diventare un fattore strategico. La Repubblica federale e l’Unione europea lavorano affinché si torni ad essere più indipendenti da Paesi terzi in questo ambito. Per questo siamo aumentando le capacità produttive per questi ben in Germania e in Europa con grande pressione.
Se ci chiediamo in cosa abbiamo beneficiato in questa prima fase della diffusione del virus, allora sono – oltre ai tanti posti letto nelle terapie intensive – le alte capacità di test e la fitta rete di laboratori. Gli esperti ci dicono: testare, testare, testare. Così traiamo un quadro più preciso dell’epidemia in Germania e abbiamo una maggiore chiarezza sui numeri reali dell’infezione, così possiamo effettuare più frequentemente test sul personale di cura, in modo da far calare il rischio di infezione negli ospedali e nelle case di cura. Per questo abbiamo esteso le capacità per test ad ampio raggio e le estenderemo ancora.
Tuttavia: potremo far finire la pandemia da coronavirus solo con un vaccino, almeno stando a tutto quello che sappiamo fino ad oggi su questo virus. In molti Paesi di tutto il mondo gli scienziati sono al lavoro. Il governo contribuisce con un sostegno finanziario, in modo che anche la Germania abbia il suo ruolo come sede di ricerca. Allo stesso modo stiamo finanziariamente dietro iniziative internazionali come la CEPI.
Anche per lo sviluppo di altri medicamenti e per una nuova rete nazionale per la ricerca relativa a Covid-19 il governo ha messo a disposizione in tempi brevi notevoli mezzi. Questo aiuto ricercatori e medici in tutte le cliniche universitarie tedesche, per affrontare questo compito insieme, mano nella mano. Avremo bisogno di molti altri sudi, in futuro anche studi sugli anticorpi. Per questo siamo ben attrezzati.
Tuttavia la scienza non è mai nazionale. La scienza serve l’umanità. Per cui è ovvio che, anche se vengono trovati, testati e messi in grado di essere utilizzati nuovi medicinali o un vaccino, questi siano messi a disposizione a tutto il mondo e che siano anche pagabili da tutto il mondo. Un virus che si diffonde in quasi tutti i Paesi può essere spinto indietro e contenuto solo nella cooperazione di tutti i Paesi. Per il governo federale la collaborazione internazionale contro il virus è straordinariamente importante. Nella cerchia dell’Unione europea ci coordiniamo in questo senso, proprio come nell’ambito del G7 e del G20.
Con la decisione di rinviare i pagamenti degli interessi e dei rimborsi dei 77 Stati più poveri del mondo per quest’anno siamo riusciti a togliere un po’ di pressione a questo gruppo di Paesi duramente messi alla prova. Ma si tratta di un tipo di sostegno che non potrà essere mantenuto. Per il governo federale la collaborazione con gli Stati dell’Africa è sempre una priorità e nella crisi da coronavirus la dovremo rafforzare ancora di più.
Non solo in Africa, ma lì in particolare, molto dipende dal lavoro dell’Oms, l’organizzazione mondiale della Sanità. A nome del governo federale sottolineo: l’Oms è un partner irrinunciabile, e lo sosteniamo pienamente nel suo mandato.
Signore e signori, se ci guardiamo oggi in Germania i nuovi dati del Robert Koch Institut, gli indicatori mostrano che si sviluppano nella giusta direzione, per esempio in una rallentata velocità infettiva: attualmente abbiamo ogni giorno più guariti che nuovi malati. Si tratta di un successo intermedio. Ma proprio perché le cifre scatenano speranze, mi vedo impegnata a dire: questo successo temporaneo è fragile. Ci muoviamo su ghiaccio sottile. Si può anche dire: su ghiaccio sottilissimo.
La situazione è ingannevole e assolutamente non abbiamo ancora scollinato. Perché nella lotta contro il virus dobbiamo continuare a tenere a mente che i numeri di oggi rispecchiano l’evoluzione dell’infezione di 10 o 12 giorni fa. Il numero odierno dei nuovi contagi non ci dice, insomma, quel che vedremo tra una o due settimane, se nel frattempo abbiamo dato il via libera ad un notevole numero di più contatti.
Care colleghe e cari colleghi, voglio cogliere l’occasione per enunciare ancora una volta e con maggiori dettagli cosa mi preoccupa. Ovviamente le decisioni politiche fanno sempre parte di un processo continuo di valutazione secondo le proprie conoscenze e la propria coscienza. E questo vale anche per le decisioni per la lotta contro la pandemia, che è della più grande portata per la buona salute ed il benessere delle persone nel nostro Paese.
In queste così importanti valutazioni, che nessuno prende alla leggera né al governo federale né nei Laender – questo lo so – mi sono convinta: più riusciamo a sostenere proprio all’inizio di questa pandemia la massima perseveranza e disciplina, tanto più saremo in grado di sviluppare nuovamente la vita economica, sociale e pubblica, e lo potremo fare in modo duraturo, più che non cullandoci, proprio all’inizio, troppo presto in una falsa sicurezza a causa dei numeri incoraggianti sui contagi.
Dunque se all’inizio siamo disciplinati ce la faremo più velocemente a creare le condizioni per vivere allo stesso modo la salute e l’economia, la salute e la vita sociale. Anche allora il virus ci sarà ancora: ma con la concentrazione e la perseveranza – proprio all’inizio – possiamo evitare di saltare da un lockdown al prossimo, o di dover isolare per mesi certi gruppi di persone da altri, e di doverci confrontare con condizioni terribili nei nostri ospedali, come purtroppo è stato il caso in alcuni altri Paesi.
Con più perseveranza e coerenza sopportiamo all’inizio di questa pandemia le limitazioni riuscendo a spingere verso il basso lo sviluppo delle infezioni, più serviremo non solo la salute dei cittadini, ma anche la vita scientifica e la vita sociale, perché saremo in grado di intercettare ogni catena d’infezioni e con ciò di controllare il virus. Questa convinzione guida le mie azioni.
Per questo vi dico molto chiaramente: le decisioni che abbiamo preso mercoledì scorso tra governo e Laender le sostengo in piena convinzione. Ma la loro messa in pratica comunque mi preoccupa. Eppure sono decisioni che mi appaiono in certe parti molto audace, per non dire: troppo audace. Se dico questo, ovviamente non cambia una virgola che rispetto la sovranità dei Laender, che è iscritta nel nostro ordinamento federale fissato dalla Costituzione. Il nostro ordinamento federale è forte. Affinché qui non nasca alcun equivoco, lo volevo dire ancora una volta in piena chiarezza. Al tempo stesso vedo come mio dovere esprimere il monito di non affidarsi al principio della speranza se non sono convinta. Per cui esprimo il monito anche in questo senso nei miei colloqui con le ministre-presidenti e i ministri-presidenti dei Laender e anche in questa solenne aula: non giochiamoci quel che abbiamo raggiunto e non rischiamo un contraccolpo. Sarebbe tristissimo se alla fine dovessimo essere puniti da una speranza precipitosa. Rimaniamo saggi e prudenti sulla via verso la prossima fase della pandemia. Non siamo in un lungo percorso nel quale possiamo permetterci di perdere troppo presto la forza e il respiro.
Quel che è chiaro che non potremo tornare alla quotidianità come l’abbiamo conosciuta prima del coronavirus. La quotidianità per certi aspetti sarà diversa, anche quando i modelli di tracciamento digitale che attualmente vengono discussi entreranno in funzione. Anche le severe regole di distanziamento e le norme igieniche, così come le limitazioni dei contatti, faranno parte di tutto ciò. Questo riguarda per esempio anche la riapertura di scuole e di asili. I Laender stanno per organizzare e preparare anche dal punto di vista pratico le aperture progressive delle scuole. Lì ci vorrà una capacità d’azione anche piena di fantasia. Già oggi ringrazio tutti coloro che si impegnano in questo. Io so che sono molti, moltissimi.
All’inizio ho parlato della più grande prova della Repubblica federale dai suoi anni fondativi. Questo vale purtroppo anche per l’economia. Quanto profonde saranno le perdite alla fine dell’anno e quanto perdureranno, oppure quando inizierà la ripresa, questo oggi sul serio non lo possiamo ancora dire: perché ovviamente anche questo dipende dal successo del nostro confronto con il virus.
La pandemia ci ha colpiti in un momento di bilanci sani e riserve forti. Anni di politica solida che oggi ci sono d’aiuto. Si tratta di sostenere la nostra economia e di aprire uno scudo protettivo per le nostre lavoratrici e i nostri lavoratori. Sono state presentate milioni di richieste per i diversi programmi d’aiuto; milioni di persone e molte imprese hanno già ricevuto soldi. Siamo stati in grado di decidere queste misure legislative rapidamente e con una maggioranza travolgente. La nostra democrazia parlamentare è forte, è efficiente, e in tempi di crisi anche estremamente rapida.
Anche ieri sera nel vertice di coalizione abbiamo deciso ancora una volta ulteriori provvedimenti. Siete informati in proposito. Tuttavia tutti i nostri sforzi a livello nazionale potranno alla fine avere successo se avremo successo insieme anche in Europa. In questa aula spesso mi avete sentito dire: sul lungo periodo la Germania starà bene solo se starà bene anche l’Europa. Per me questa frase anche oggi è molto, molto importante.
Come si esprime ciò dal punto di vista pratico? Abbiamo per esempio curato oltre 200 pazienti dall’Italia, dalla Francia e dai Paesi Bassi nelle nostre terapie intensive. Abbiamo fornito materiale medico per esempio all’Italia o alla Spagna, e oltre ai nostri cittadini abbiamo riportato da tutto il mondo a casa migliaia di altre europee e di altri europei, rimasti bloccati: a proposito, per questo ringrazio di cuore tutte le collaboratrici e i collaboratori del nostro ministero degli Esteri. Quasi non si crede quanti tedeschi si trovino fuori dai confini nazionali: ma siamo riusciti ad aiutare anche tanti altri europei. Grazie per questo.
Insieme abbiamo agito per contrastare il massiccio crollo dell’economia europea. Lo facciamo con un pacchetto di misure d’aiuto per imprese e lavoratori della dimensione di 500 miliardi di euro, sui quali il nostro ministro alle Finanze Olaf Scholz e gli altri ministri alle Finanze dell’eurogruppo si sono intesi due settimane fa. Ora si tratti di rendere veramente disponibili questi 500 miliardi di euro: per questo anche il Bundestag dovrà ancora prendere ulteriori decisioni.
Sarei felice se potessimo dire: per il primo giugno questi denari saranno veramente disponibili. Perché anche qui si tratta di aiuti anche verso piccole e medie imprese. Si tratta anche di linee di credito precauzionali, si tratta di sostegni per impieghi a orari ridotti per i quali alcuni Stati membri forse non hanno le necessarie risorse finanziarie, ma che può essere di grande aiuto alle lavoratrici e ai lavoratori di quei Paesi.
Ora alcuni dei nostri partner europei chiedono – ma anche all’interno della discussione politica in Germania questo è un tema – che di fronte alla grave crisi si accolgano debiti comuni dalle garanzie condivise. Questa questione avrà un ruolo anche nella videoconferenza del Consiglio europeo. Ipotizziamo che effettivamente ci siano il tempo e la volontà politica per un indebitamento comune: allora tutti i parlamenti nazionali dell’Unione europea e anche il Bundestag dovrebbero decidere di cambiare di conseguenza i Trattati Ue, in modo che una parte della normativa sui bilanci venga trasferita a livello europee e sia là controllata democraticamente. Si tratterebbe di un processo lungo e molto difficile, e non un processo che nell’attuale fase sia in grado di garantire aiuto diretto. Perché ora si tratta di aiutare rapidamente e di avere nelle mani rapidamente degli strumenti in grado di alleviare le conseguenze della crisi.
Al consiglio europeo odierno si discuterà anche su come procedere insieme in Europa nel tempo che seguirà le restrizioni più severe. Vogliamo agire rapidamente in Europa, perché abbiamo bisogno naturalmente di strumenti per superare le conseguenze della crisi in tutti gli Stati membri.
In questo contesto ritengo che intanto sia molto importante che la Commissione europea verifichi adesso e anche nelle prossime settimane come i diversi campi dell’economia siano stati colpiti dalla crisi e quali campi d’azione ne derivino. Questo riguarda anche gli aiuti immediati per l’economia europea. Un programma congiunturale europeo potrebbe sostenere nei prossimi due anni la necessaria ripresa. Noi lavoreremo anche per questo.
Nelle discussioni di oggi non si tratterà di fissare già i dettagli o di decidere addirittura delle dimensioni delle misure. Ma una cosa è già chiara: dobbiamo essere pronti, nello spirito della solidarietà, di realizzare contributi di ben altra natura, ossia molto più alti, al bilancio europeo. Perché noi vogliamo che tutti gli Stati membri dell’Unione europea possano riprendersi economicamente. Un tale programma congiunturale dovrebbe tuttavia sin dall’inizio essere pensato insieme al bilancio europeo, perché il comune bilancio europeo è da decenni il collaudato strumento del finanziamento solidale di iniziative comuni nell’Unione europea.
Oltre a questo io insisterò affinché il consiglio europeo affronti rapidamente alcune domande di fondo. Dove dobbiamo collaborare in maniera ancora più stretta a livello europeo? Dov’è che l’Unione europea ha bisogno di ulteriori competenze? Quali capacità strategiche dovremo avere o mantenere nel futuro? Possiamo approfondire l’unione non solo nella politica finanziaria o nella politica digitale o nel mercato interno; la solidarietà europea è richiesta anche nella politica migratoria, nello stato di diritto, nella politica di sicurezza e di difesa oppure nella difesa del clima.
Signor presidente, care colleghe e cari collegi, per noi in Germania riconoscerci nell’Europa unita fa parte della ragione di Stato. Non è materia per i discorsi della domenica, ma è un fatto del tutto pratico: siamo una comunità del destino. E l’Europa ora lo deve dimostrare di fronte a questa inattesa sfida della pandemia.
Questa pandemia colpisce tutti, ma non tutti nello stesso modo. Se non faremo attenzione, servirà come pretesto a tutti coloro che portano avanti la spaccatura della società. L’Europa non è l’Europa, se non si intende come Europa.
L’Europa non è Europa se ognuno non sta dalla parte dell’altro in tempi di emergenza di cui nessuno ha la colpa. In questa crisi abbiamo anche il compito di mostrare chi vogliamo essere come Europa. E così alla fine del mio discorso sono di nuovo giunta al pensiero della coesione. Quel che vale in Europa è la cosa più importante anche per noi in Germania.
Per quanto possa suonare paradossale, nelle settimane nelle quali le regole di comportamento ci hanno obbligato a stare lontani l’uno dall’altro e nelle quali è necessaria la distanza invece della vicinanza, noi siamo stati insieme e attraverso la coesione siamo riusciti insieme a far sì che il virus abbia rallentato il suo percorso attraverso la Germania e l’Europa. Questo non lo può decidere nessun governo, una cosa del genere un governo lo può solo sperare. E questo è possibile solo se le cittadine e i cittadini fanno con il cuore e la ragione qualcosa per il prossimo, per il Paese, oppure diciamo: per la visione d’insieme.
Questo mi rende infinitamente grata, e spero che potremo continuare ad attraversare così il tempo che viene. Un tempo che rimarrà lungo e molto grave. Ma insieme – di questo sono convinta dopo queste prime settimane di pandemia – riusciremo a superare questa sfida gigantesca. Insieme come società, insieme in Europa.