La metro di New York, il servizio postale nazionale e l’iconica Macy’s: sono solo alcune delle illustri vittime Usa del coronavirus sull'orlo della bancarotta.
Tremano anche le società americane dello shale oil, il petrolio di scisto,l con il tonfo storico delle quotazioni del greggio esacerbato dai lockdown per la pandemia. La prima pedina del domino dell’Oil&Gas statunitense a capitolare è stata Whiting Petroleum, che ha portato i libri in tribunale lo scorso 2 aprile.
Secondo le proiezioni di Rystad Energy, con il barile a 20 dollari, saranno 533 le società petrolifere Usa a presentare istanza di fallimento entro il 2021. Salirebbero a 1.100 se il barile scendesse a 10 dollari. Più ‘ottimista’ Buddy Clark, dello studio legale ‘Haynes and Boone’ di Houston, in Texas, che segnala di aver ricevuto numerose richieste di consulenza su possibili bancarotte nel comparto dell’energia ma stima che nel 2020 vi saranno "solo" 100 fallimenti.
E le prossime a cadere potrebbero essere Chesapeake Energy e Oasis Petroleum. La prima ha sospeso il pagamento dei dividendi. Oasis ha perso il 90% del suo valore in Borsa e le sue azioni valgono meno di 30 centesimi. Il presidente Donald Trump sta valutando la possibilità di aiuti pubblici perché per gli Usa anche lo shale oil potrebbe essere “too big to fail” come le compagnie aeree.
Per l’industria delle vendite al dettaglio già decimata dalla “Retail Apocalypse”, l'apocalisse dei centri commerciali statunitensi, il coronavirus sembra il Giudizio Universale. L’istanza di fallimento di Neiman Marcus, la grande catena del lusso che ha licenziato quasi tutti i suoi 14.000 dipendenti, dovrebbe essere una questione di giorni. Secondo gli analisti di Ubi, entro il 2025 chiuderanno almeno 100.000 negozi e il settore più colpito sarà proprio quello dell’abbigliamento.
Anche di JCPenny e Nordstrom sono sul punto di collassare. Secondo anticipazioni di stampa, Nordstorm ricorrerà al "Chapter 11" questa settimana. Gap ha cancellato tutti gli ordini per la stagione autunnale. Macy’s, una delle più antiche catene di distribuzione Usa, fondata nel 1958, ha praticamente mandato a casa l’intero staff, circa 130.000 dipendenti. Lo stesso ha fatto il sito per la vendita di moda on line 'Rent the Runway'.
Sebbene tutti i brand abbiano cercato di orientare il business sulle vendite via web, difficilmente riusciranno a compensare le perdite dei negozi. “Anche se le nostre attività digitali restano attive, abbiamo perso buona parte del giro d’affari con i negozi chiusi”, ha fatto sapere Macy’s che sta “valutando diverse opzioni” per rafforzare la sua struttura di capitale.
Le vendite al dettaglio negli Stati Uniti sono crollate dell’8,7% a marzo, il peggior risultato di sempre e gli analisti si aspettano un crollo dei consumi del 17% nel primo trimestre, la peggior performance dal 1947. Un posto di lavoro su 4 negli States è nel comparto delle vendite al dettaglio, avverte Tom McGee, Ceo dell’International Council of Shopping Centers.
Negli ultimi 10 anni il commercio al dettaglio ha visto fallire marchi storici come Toys R Us e Sears. Meglio posizionate sono le grandi catene che vendono anche generi alimentari, come Walmart o Target, anche perché non impattate dai lockdown per il Covid-19 visto che sono considerati servizi essenziali come le farmacie.
Per Neil Saunders di GlobalData Retail, il Covid-19 ha costretto alla chiusura 190.000 negozi negli Usa, pari a quasi il 50% del totale. Fitch ha tagliato il rating dei retailer Dillard’s, JCPenny, Kohl’s, Levi Strauss, Macy’s, Nordstrom, Signet e Tapestry (controlla Coach, Kate Spade e Stuart Weitzman), stimando un calo dei ricavi del 90% e vendite ad una sola cifra fino a tutto il 2021.
Anche il giudizio di Standard & Poor's su Victoria’s Secret e Gap è peggiorato. Macy’s è stata declassata dallo S&P 500 al listino della SmallCap 600. E se per il settore dell’ecommerce si prevede una crescita della quota di mercato al 25% entro il 2025, lo US Postal Service potrebbe non arrivare alla fine dell’anno. Trump ha minacciato di porre il veto su ogni eventuale piano di salvataggio per le Poste Usa, reclamando la necessità di una sua ristrutturazione.