La Repubblica islamica dell’Iran ha giustiziato per impiccagione il dissidente politico curdo Mostafa Salimi, lo scorso 11 aprile, nella prigione della città di Saqqez. La notizia è stata diffusa oggi dal direttore dell’organizzazione Iran Human Rights (Ihr), Mahmood Amiry-Moghaddam.
“L’esecuzione di Salimi è avvenuta contro tutte le norme internazionali: è stato condannato a morte senza un giusto processo”, ha accusato Amiry-Moghaddam, e ha sottolineato che le “esecuzioni in Iran continuano ad andare avanti persino con l’epidemia di coronavirus in corso e le misure di contenimento, questo significa che la pena di morte è cruciale per la sopravvivenza della Repubblica islamica”.
Salimi, ricorda Ihr rilanciata dall’associazione ‘Nessuno tocchi Caino’, era uno degli evasi del 27 marzo dalla stessa prigione ed era riuscito a raggiungere il Kurdistan iracheno dove però, dopo 10 giorni, è stato arrestato ed estradato con una procedura lampo, senza la possibilità di presentare domanda di asilo. "
Le autorità iraniane hanno compiuto rapidamente la sua esecuzione, con una mossa che, secondo diversi osservatori, ha lo scopo di diffondere la paura tra gli altri prigionieri", denuncia Ihr. Nelle ultime settimane, ci sono stati molti scontri nelle carceri iraniane per protestare contro la gestione delle prigioni durante l'epidemia.
Salimi aveva 53 anni. Era stato arrestato il 6 aprile 2003 nella città di Nahavand, nella provincia dell’Hamadan, accusato di far parte del Partito democratico del Kurdistan iraniano, e in quanto tale condannato a morte da una corte rivoluzionaria per 'moharebeh' (guerra contro Dio).