Lo chiamano l'Asse Rosso, parte dalla Cina, passa per la Russia e arriva fino a Cuba. Coinvolge Paesi - e governi - che il coronavirus lo hanno già sperimentato e, dicono, sconfitto; che lo stanno tenendo alla larga o che vogliono imparare a gestire. Tutti hanno un comune denominatore, si presentano con le braccia cariche di aiuti - e di know-how - in un momento in cui altri, in primis l'Unione europea e gli Stati Uniti, latitano o tardano a far sentire il proprio spirito di solidarietà.
Ma quella sventolata da Pechino, Mosca e l'Avana, è solidarietà senza secondi fini, come rivendicato dall'ambasciatore russo in Italia in una intervista con l'AGI?
Gli aiuti internazionali hanno da sempre una natura doppia: umanitaria e di soft power, conferiscono uno status internazionale e costruiscono o cementano alleanze, spiega all’AGI Aleksandr Baunov, analista del Carnegie Center di Mosca.
Con l’operazione militare di aiuti inviati nel nostro Paese per combattere l’emergenza Covid-19, la Russia, sostiene Baunov, “si inserisce nel solco della tradizione di superpotenza, che intende proseguire” e allo stesso tempo riesce, per contrasto, a metter in evidenza la mancanza di solidarietà in seno all’Europa e agli Stati membri Nato da cui Roma non ha trovato facile sostegno.
“In un mondo dove l’egoismo è un riflesso automatico nella risposta al Covid-19, quelli che praticano solidarietà possono farsi una reputazione”, sostiene il direttore del Carnegie di Mosca, Dmitri Trenin. “La Cina lo ha capito per prima, seminando aiuti e specialisti in Italia, Africa e altrove. Ora la Russia segue i suoi passi”, aggiunge.
Con l’invio, nell’arco di tre giorni, di 15 aerei cargo Il-76 con oltre 120 medici militari, virologi ed epidemiologi e decine di mascherine, ventilatori e altri dispositivi destinati a Bergamo, la città più colpita dall’epidemia, la Russia - ha spiegato il portavoce del Cremlino, Dmitri Peskov - non cerca una contropartita politica dall’Italia, come un possibile blocco da parte dei Roma della proroga delle sanzioni della Ue contro Mosca.
È scontato, invece, un forte ritorno d’immagine sia sul fronte esterno, che su quello interno. I Kamaz dell’esercito che attraversano mezza Italia - pur sempre un Paese Nato - e le immagini dei militari di Mosca che studiano la carta geografica italiana come fossimo in guerra sono state diffuse con particolare solerzia dal ministero della Difesa di Mosca, che coordina l’operazione.
“L’invio di aiuti all’Italia è una mossa che ha un risvolto anche di propaganda interna”, fa notare Baunov, “l’idea è che se mandiamo aiuti fuori vuole dire che siamo forti, ma questo è valido sempre e solo se in Russia la situazione rimarrà, come dice il presidente Putin, sotto controllo e non degenererà ai livelli dell’Europa”.
La missione di aiuti, per essere rapida e massiccia, poteva essere solo militare: in Russia, è l’esercito a essere preparato, fin dagli Anni ’90 (quando col crollo dell’Urss si temeva il collasso delle regioni) a mobilitare in fretta specialisti ed equipaggiamenti per affrontare incendi, inondazioni o epidemie nelle province più remote del vasto Paese, dove il livello del sistema sanitario e e della preparazione a disastri e catastrofi naturali è lungi dall’essere lo stesso ovunque.
La pandemia, inoltre, è un’ulteriore occasione per rilanciare l’obiettivo della Russia di Putin di essere considerata alla pari dalle grandi potenze occidentali, Usa in primis. “Putin”, ricorda Baunov, “crede fermamente nelle alleanze di necessità, basate non sul portare la Russia in linea con gli standard occidentali, ma piuttosto sull’esistenza di un indiscutibile nemico comune contro il quale è necessario unire le forze e ora questo nemico è il nuovo coronavirus”.
Non è un caso che l’ambasciatore russo a Roma, Sergey Razov, abbia dichiarato che “lo spirito di Pratica di Mare ora acquisisce un nuovo significato, quello di aiutare l’amico popolo italiano, indipendentemente dal contesto politico internazionale”. Il riferimento è all’incontro del maggio 2002 nella base dell’aeronautica militare italiana di Pratica di Mare, dove fu firmato un impegno di collaborazione fra la Nato e la Russia promosso dall’allora presidente del Consiglio Silvio Berlusconi.
Anche in questa crisi, la Russia - secondo Baunov - ha usato la stessa strategia applicata alla Siria: aspettare che la situazione arrivi in un vicolo cieco e nell’assenza di iniziative, intervenire in modo spettacolare. “Nel caso del Covid-19”, fa notare l’analista, “Mosca ha aspettato di vedere la reazione dell’Europa: si pensava che Germania o Scandinavia avrebbero mandato medici e apparecchiature all’Italia, ma quando e è stato chiaro che a Bruxelles non si coordinavano gli aiuti e i singoli Stati andavano ognuno per conto proprio, è risultato chiaro che si era aperto un varco per altri, Cina e Russia appunto”.
Anche per Pechino l’operazione aiuti all’Italia ha un obiettivo più di PR e soft power. Si svolge su due fronti: cambiare la narrazione dell’epidemia e mostrare il volto di Paese responsabile e pronto a correre in soccorso dei partner in difficoltà.
La Cina vuole scuotersi di dosso la nomea di Paese da cui è partito il contagio - il “virus cinese” come lo chiama Trump - e scende in campo mostrando il suo lato più generoso: la “diplomazia delle mascherine”, come già viene soprannominata, che vede l’Italia tra i principali beneficiari.
“Di fronte alle esitazioni dell’Ue e alle posizioni non coerenti di Trump e Johnson, anche solo l’invio di mascherine o di alcuni medici riempie un messaggio mediatico che il Paese mostra di apprezzare”, spiega all’AGI Romeo Orlandi, presidente di Osservatorio Asia.
Certo, non si può parlare di “asse”, tantomeno di “alleanza”, precisa il sinologo ed economista, e non bisogna neppure esagerare l’importanza del memorandum d’intesa sulla Via della Seta firmato lo scorso anno nell’operazione di aiuti all’Italia, che comprende decine di tonnellate di materiali medici e l’invio di tre squadre di medici specialisti.
“Roma è per Pechino un cuneo nell’Ue da usare a livello negoziale, ma la partita è ancora tutta da giocare”, dice Orlandi. Pensare in questo momento a grosse svolte derivanti da questa crisi potrebbe essere fuorviante, mentre sono più probabili alcuni riassestamenti. “E’ indiscutibile che in uno scacchiere internazionale così lacerato, ogni riposizionamento può essere vantaggioso. Non si immaginano cambiamenti clamorosi di alleanza, ma piccoli vantaggi”, come il rafforzamento dell’intesa bilaterale e, appunto il recupero d’immagine voluto da Pechino.
L’operazione della Cina non è sfuggita agli occhi più attenti e ha attirato già le prime critiche dall’Unione europea. L’Alto Rappresentante per gli Affari Esteri e le Politiche di Sicurezza, Josep Borrell, ha definito l’azione di Pechino una “politica della generosità”, che si inserisce nella “lotta per l’influenza” e più in generale nella “battaglia globale di narrazioni” sulla crisi in corso, sia al di fuori dell’Ue che dentro i suoi confini.
La Cina, ha dichiarato Borrell, “sta spingendo aggressivamente il messaggio che, al contrario degli Stati Uniti, è un partner responsabile e affidabile”. In questa lotta, prosegue, “abbiamo anche visto tentativi di screditare l’Ue come tale e alcuni casi in cui gli europei sono stati stigmatizzati come se fossero tutti portatori del virus”.
Lasciare la narrazione della crisi a un solo attore, è l’avvertimento che traspare, potrebbe essere deleterio: la pandemia necessita di una risposta globale e l’Ue deve essere al centro della battaglia. L’emergenza “non può essere risolta all’interno di un solo Paese, o andando da soli”, conclude il capo della diplomazia Ue. “Fare così significa che tutti noi combatteremo più a lungo, con costi umani ed economici più alti”.