Benjamin Netanyahu canta vittoria, anche se il distacco con lo sfidante Benny Gantz è ampio ma non sufficiente per formare un governo. All'indomani delle elezioni, le terze in meno di dodici mesi, in Israele il leader del Likud è già al lavoro per creare un esecutivo che faccia ripartire il Paese e metta lui al riparo dalle beghe giudiziarie. L'ex capo di Stato maggiore alla guida di Blu e Bianco ha assicurato che rispetterà "la decisione degli elettori", sottolineando tuttavia che il primo ministro "non ha la maggioranza".
Unendo le forze con gli alleati - la formazione ultranazionalista di destra Yamina di Naftali Bennett insieme ai partiti ultraortodossi Shas e United Torah Judaism (Utj) - il blocco di destra raggiunge 59 seggi, solo due sotto la soglia della maggioranza alla Knesset (61). Il piano, lo ha detto chiaramente il portavoce Ulrich, è conquistare il sostegno di qualche transfuga e mettere insieme nel giro di "pochi giorni" un esecutivo.
"È la più grande vittoria della mia vita, un successo enorme", ha scandito ieri notte Netanyahu dal palco, con accanto la moglie Sara, circondato dai sostenitori festanti. I colloqui sono partiti immediatamente, e sono continuati oggi: l'incontro con il leader di Shas, Aryeh Deri c'è già stato, un altro appuntamento allargato a tutti i partiti del blocco di destra ci sarà nel pomeriggio.
I risultati ufficiali non sono ancora stati diffusi, manca il conteggio dei voti degli elettori in quarantena per il coronavirus (le conteranno membri della stessa Commissione elettorale centrale dopo che erano state sollevate preoccupazioni per possibile contagio attraverso le schede) ma i numeri lasciano poco spazio a sorprese: Netanyahu porta a casa 36 seggi contro i 32 di Gantz, Shas 10, Utj 7, Yamina 6; dall'altra parte, oltre al Blu e Bianco c'è la coalizione di sinistra Labor-Gesher-Meretz che ne ha presi 7.
Grande risultato per la Lista Unica araba che ha ottenuto 15 seggi, una "conquista straordinaria" come ha sottolineato il leader della coalizione arabo-israeliana Ayman Odeh, mentre il partito ultranazionalista russofono Yisrael Beiteinu di Avigdor Lieberman, considerato l'ago della bilancia, si è fermato a 7, uno in meno rispetto alle scorse elezioni di settembre ma sempre due in più rispetto ad aprile.
E su quello che farà, l'ex ministro della Difesa ha continuato a mantenere il riserbo, inviando segnali contrastanti: da una parte ha assicurato che Israele non tornerà alle urne per la quarta volta, ma ha anche ribadito con un messaggio su Twitter di non voler sedere in un governo con gli ultra-ortodossi.