Una madre riabbraccia la figlia che non vede da quattro anni. Un abbraccio tenero, commovente. Ma un abbraccio che mette i brividi. I tecnici della società televisiva sudcoreana Munhwa Broadcasting hanno impiegato otto mesi per realizzare il parco giochi dove l’incontro ha avuto luogo. Lo hanno fatto con tecniche di realtà virtuale. E lì, sul prato verde chroma key, che Jang Ji-sung ha potuto stringere di nuovo Nayeon, che una malattia incurabile le ha portato via a soli 7 anni.
Il progetto si chiama “I Met You” ed è raccontato in un documentario pubblicato qualche giorno fa. Nelle immagini la signora si ritrova in un prato, tutto intorno a lei è quieto, sereno, poi ad un tratto arriva Nayeon, la figlioletta, che si muove verso di lei e con la quale Jang può tranquillamente interagire.
Le due si abbracciano, passeggiano e arrivano anche a soffiare sulle candeline di una torta di compleanno. Nayeon sta lì, di nuovo accanto a sua madre. In una situazione irreale, ma è come se fosse proprio lì.
Nayeon è una perfetta riproduzione virtuale della bimba scomparsa. I suoi movimenti sono stati ricreati grazie a un bambino in carne e ossa che ha regalato i suoi gesti alla coetanea più sfortunata. L’interazione è commovente: piange Jang e piange la sua famiglia, che osserva il tutto attraverso uno schermo, padre, fratello e sorella della piccola. Un video che solleva dubbi etici. Eppure, concluso l’esperimento, Jang non ha dubbi: “Ho vissuto un momento felice, il sogno che ho sempre voluto vivere. Era come fosse il paradiso”.
Ma queste tecnologie, e le loro applicazioni, sollevano dubbi etici: “La questione è spinosa, quello che dovremmo domandarci è fin dove si può spostare l’asticella”, commenta ad Agi Matteo Flora, amministratore delegato di The Fool, società di analisi e protezione della reputazione online. “Tanti parlano di etica dell’Intelligenza artificiale, in realtà dovremmo cominciare a parlare di etica del sistema. Stiamo arrivando a computer ‘dei’ che stanno arrivando ben oltre i limiti non solo dell’umano, ma anche dell’etica. Quindi dobbiamo capire se dobbiamo spostare l’asticella, oppure definire dei limiti a queste tecnologie”, conclude.
Per Michael Graziano, neurologo di Princeton, che a Dell Technologies non dovremmo temere nulla: “Dato che sai che la persona non c'è più, accetti l'equivalente virtuale per quello che è: una vestizione confortante. Non c'è nulla di sbagliato o non etico in questo”. La questione è ancora dibattuta. Quello che è certo è che queste tecnologie sono ancora all'inizio.