Il ministro della Pubblica istruzione Jean-Michel Blanquer ha annunciato il raggiungimento di una "soluzione" per far tornare a studiare in tutta sicurezza Mila, la sedicenne costretta a rintanarsi dentro casa per le minacce di morte ricevute dopo aver pesantemente criticato l'Islam sui social. Sospiro di sollievo per la famiglia dell'adolescente la cui storia è diventata un caso nazionale in Francia, alimentando una vasta polemica sulla blasfemia nella quale sono intervenute le massime cariche dello Stato e i vertici religiosi.
"La nostra prima priorità è ovviamente la protezione e la scolarizzazione della ragazza. Proprio su questo abbiamo lavorato con la famiglia sin dall'inizio", ha dichiarato Blanquer, aggiungendo che "la soluzione trovata è valida e nel suo interesse", senza però fornire ulteriori dettagli. "Per la prima volta da due settimane è stata trovata una possibilità molto seria che sembra percorribile", ha detto l'avvocato della famiglia di Mila.
Tutto nasce da un'avance respinta
Lo scorso 20 gennaio, la sedicenne di Lione gira un video in diretta su Instagram e riceve 'avances' da un ragazzo che lei respinge, precisando di essere omosessuale. Lui le risponde "brutta lesbica" e lo scambio tra i due degenera. In un video successivo, diventato virale sui social, Mila fa riferimento al conflitto con il ragazzo musulmano, scrivendo "detesto la religione. Il Corano è una religione di odio, l'islam è merda, dico quello che penso! Non sono razzista. Non si può essere razzista nei confronti di una religione".
Nei giorni successivi l'adolescente riceve messaggi di insulti, minacce di stupro e morte. La sua identità, l'indirizzo di casa e il nome del liceo che frequenta vengono pubblicati. Mila e la sua famiglia sporgono denuncia e la studentessa è costretta a lasciare il liceo di Villefontaine. A sua tutela le forze dell'ordine predispongono un programma di "vigilanza particolare".
Con l'hastag JesuisMila centinaia di utenti pubblicano messaggi di sostegno. La procura di Vienne (Isére) archivia la denuncia aperta a suo carico per "provocazione dell'odio religioso", sentenziando che "le sue parole per quanto oltraggiose sono state l'espressione di un'opinione personale nei confronti di una religione, ma senza alcuna volontà di incitare all'odio o alla violenza nei confronti di individui appartenenti a questa confessione o sulla base delle loro origini".
La laicità in gioco
La decisione di giustizia viene accolta con sollievo dalla famiglia di Mila e dai suoi sostenitori, per il "suo valore simbolico importante: la procura ha così ribadito il diritto in merito alla nozione di blasfemia". Per diversi giuristi in questa vicenda è in gioco il diritto di espressione, che in Francia, patria della laicità, riguarda anche le religioni.
A riaccendere le polemiche, la dichiarazione del responsabile del Consiglio francese del culto musulmano, Abdallah Zekri, per il quale "la ragazza deve assumersi le conseguenze delle sue parole. Chi semina vento raccoglie tempesta". Dopo qualche incomprensione all'interno del governo, il ministro dell'Interno Christophe Castaner ha ribadito che "qui e con questo governo non esiste il reato di blasfemia. Dobbiamo rifiutare che, a nome di una pseudo denuncia dell'islamofobia, in Francia non si possa più criticare una religione".
Per il ministro della Giustizia Nicole Belloubet, che dapprima ha definito "l'insulto ad una religione un grave attacco alla libertà di coscienza", ha poi sottolineato che "in una democrazia la minaccia di morte è inaccettabile".
La magistratura sta ancora portando avanti l'inchiesta per identificare e incriminare gli autori delle "minacce di morte, molestie e uso dell'identità per ledere la tranquillità e l'onore" della ragazza. Due giorni fa, davanti alle telecamere del programma tv Quotidien Mila si è scusata nei confronti di tutte quelle persone "che praticano la loro religione in pace", assicurando di "non rimpiangere le parole pronunciate".