Dopo 47 anni, il Regno Unito taglia i ponti con l'Unione europea tra umori differenti ed entra nel periodo di transizione in cui si mantiene lo status quo, ma andranno definiti i futuri rapporti non solo con Bruxelles ma anche con partner di peso come gli Stati Uniti. I maggiori leader europei, tra cui il presidente del Consiglio Giuseppe Conte, il capo dell'Eliseo Emmanuel Macron e la cancelliera tedesca Angela Merkel hanno parlato di momento di svolta e sottolineato la necessità che il Regno Unito "rimanga un partner strategico".
Conte, dal canto suo, ha anche avvertito che ora "dobbiamo proteggere le nostre imprese da eventuali accordi degli amici inglesi con Paesi terzi". "Sarà una notte storica e triste. Che il risveglio porti più forza e fiducia a chi vuol bene all'Europa", ha scritto su Twitter il commissario europeo all'Economia, Paolo Gentiloni. "Quando il sole sorgerà domani si aprirà un nuovo capitolo per l'Ue. Domani quasi mezzo secolo si chiude", ha detto la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen.
Simbolicamente non è servito aspettare il countdown proiettato sulle mura di Downing Street: la Jack Union è stata rimossa dalle sedi delle istituzioni europee a partire da quella del Consiglio europeo di Bruxelles e del Parlamento Ue. L'addio ufficiale scatterà alle 23 di Londra, mezzanotte in Italia, e segnerà la prima uscita di uno Stato membro dalla Ue, nata per cementare l'unità tra le nazioni dopo gli orrori della Seconda guerra mondiale.
Cosa cambierà dopo l'usicita di Londra dall'Ue
Si tratta di una svolta che però non avrà effetti immediati: nei prossimi 11 mesi tutto rimarrà praticamente come prima, i britannici potranno lavorare e commerciare con la Ue e nella Ue fino al 31 dicembre e viceversa, ma Londra non sarà più rappresentata nelle istituzioni europee. Legalmente, però, il Regno Unito è fuori. Il referendum del 2016 ha creato forti divisioni in Gran Bretagna, acuitesi con gli oltre tre anni di negoziati e impasse per portare a casa un accordo di recesso approvato dal Parlamento britannico.
Per questo, mentre in strada Brexiteer ed europeisti 'celebrano' ognuno a loro modo lo storico momento, il premier conservatore Boris Johnson è impegnato nel tenere unito il Paese. Nel suo discorso alla nazione, anticipato alla vigilia del Brexit Day, il capo del governo - fin dall'inizio sostenitore del Leave - ha parlato dell'"alba di una nuova era", che "non segna una fine, ma un inizio" e ha difeso il divorzio da Bruxelles come "una scelta sana e democratica".
Da tempo BoJo promette di unire la nazione in una nuova era di prosperità, con nuovi accordi commerciali e una rinnovata sovranità. I suoi festeggiamenti saranno dietro le porte del n 10 di Downing Street, ma senza particolare enfasi in pubblico proprio per evitare di inasprire le divisioni nella società. I cittadini del Regno, pur stremati da tre anni di feroce dibattito politico e incertezze legati alla Brexit, rimangono profondamente divisi, quanto lo erano nel 2016, quando il 56% votò per uscire e il 48% per rimanere nella Ue.
In Scozia, dove la maggior parte dei cittadini ha votato per il Remain, la premier Nicola Sturgeon - impegnata a promuovere un referendum sull'indipendenza - ha avvertito che "la tristezza si tingerà di rabbia". In Irlanda del Nord, dove si teme che la Brexit possa destabilizzare la pace, gli europeisti hanno marciato a Belfast sotto lo slogan "Questa isola rifiuta la Brexit".