"Il tempo di agire", richiamato nell'inno della Cop25 di Madrid, non è arrivato. Frammentata, la comunità internazionale non è riuscita a presentare la risoluzione invocata a gran voce dalla scienza e dalla società civile, limitandosi a un appello di fronte all'urgenza climatica.
Le due intense settimane di negoziati, con un'estensione record di 42 ore, non hanno permesso ai quasi 200 Paesi partecipanti alla conferenza delle Nazioni Unite di riunirsi in una posizione di forza, confermando che l'entusiasmo multilateralista con cui quattro anni fa fu firmato l'accordo di Parigi a malapena sussiste.
Nonostante gli appelli a intensificare e accelerare gli sforzi fossero stati inequivocabili. La scienza ha alzato al massimo l'allerta in termini di rischi climatici che il pianeta deve affrontare, con l'innalzamento del livello del mare e la moltiplicazione di fenomeni estremi come afa, siccità e inondazioni.
Al ritmo attuale delle emissioni, la temperatura globale aumenterà di 4 o 5 gradi alla fine del secolo, mentre la "sicurezza climatica" sarà raggiunta solo limitando l'aumento a meno di 2 gradi e idealmente a 1,5, secondo i dati scientifici.
All'ultimo momento è stato raggiunto un consenso per chiedere un aumento nel 2020 degli obiettivi nazionali di riduzione delle emissioni di gas serra, in linea con l'agenda dell'accordo di Parigi. Ciò è essenziale per accogliere qualsiasi possibilità di limitare il riscaldamento a +1,5 gradi. Grandi Paesi inquinanti come la Cina e l'India avevano resistito a impegnarsi. Gli Stati Uniti ancora di più annunciando il loro ritiro dall'accordo di Parigi.
Solo l'Unione Europea ha fatto un passo avanti nell'approvazione della neutralità del carbonio entro il 2050, ma, tra le grandi potenze, si era trovata a lottare per misure più ambiziose, a fianco dei Paesi più vulnerabili.
Cosi' si sono formati due gruppi: "Chi vuole andare più veloce e chi vuole nascondersi in ciò che finora è stato insufficiente, per continuare a non andare avanti", ha riassunto la ministra spagnola per la transizione ecologica, Teresa Ribera che ha avuto "l'eroico" compito di facilitare gran parte dei negoziati.
"I principali attori i cui progressi erano sperati non hanno soddisfatto le aspettative", ha affermato Laurence Tubiana, architetto dell'Accordo di Parigi, rilevando tuttavia che l'alleanza degli Stati insulari, europei, africani e latinoamericani, aveva ha permesso di "strappare il risultato meno peggiore, contro la volontà dei grandi inquinatori".
La regolamentazione dei mercati del carbonio, l'ultimo capitolo rimasto aperto sulle regole dell'Accordo di Parigi e che non è stato possibile risolvere alla Cop24 a causa dell'opposizione del Brasile, è stata nuovamente rinviata.
La delegazione brasiliana si è detta "delusa" per non aver raggiunto un accordo, ma ha preferito vedere il "bicchiere mezzo pieno" con la prospettiva di continuare a negoziare. "Ci è mancato poco", ha lamentato la ministra cilena dell'Ambiente, Carolina Schmidt, presidente di questa Cop.