Continua la repressione della libertà di stampa in Egitto e a farne le spese stavolta è quello che potrebbe essere definito l'ultimo bastione del giornalismo indipendente nel Paese: lo scorso 24 novembre la polizia ha fatto irruzione negli uffici di Mada Masr al Cairo e hanno arrestato la direttrice Lina Atallah e i giornalisti Rana Mamdouh e Mohammed Hamama, senza formalizzare alcuna accusa. Il giorno prima era stato il turno del giornalista Shadi Zalat, arrestato mentre era nella sua abitazione.
"Il giornalismo in Egitto sta diventando sempre più pericoloso - spiega ad Al Monitor Lina Atallah, nel frattempo rilasciata - e l'ostilità verso i giornalisti cresce. Siamo tuttora scioccati per quel che è accaduto, non è facile lavorare in un ambiente simile, ma continueremo a coprire in modo indipendente quel che sta accadendo in Egitto".
Con tutta probabilità Mada Masr è finito nel mirino del governo egiziano per un articolo pubblicato il 20 novembre, nel quale si citano "informazioni ottenute da fonti dei sevizi di intelligence" che rivelerebbero il piano del presidente Abdel Fattah al Sisi di spedire suo figlio Mahmoud - membro dell'Intelligence - in Russia come inviato dei servizi.
L'iniziativa sarebbe una sorta di punizione, di "esilio forzato", perché Mahmoud Al Sisi sarebbe stato ritenuto responsabile del mancato contenimento delle recenti proteste esplose nel Paese a causa della corruzione diffusa e delle crescenti difficoltà economiche. E ha chiaramente avuto l'effetto danneggiare la "reputazione" del presidente, se è vero che Mada Masr ha scritto - citando fonti di intelligence - che "Mahmoud al Sisi ha fallito nell'adempiere correttamente alle sue responsabilità, e la sua crescente influenza sugli alti quadri decisionali nel governo ha avuto un impatto negativo sull'immagine del padre".
Il 25 novembre il procuratore generale aveva poi formalizzato ai danni di Mada Masr una accusa assai familiare alle migliaia di attivisti e giornalisti arrestati negli ultimi anni in Egitto: quella di essere addirittura un "sito web creato dalla Fratellanza musulmana (bandita in Egitto, ndr) per creare disordine e diffondere false notizie". Mada Masr non ha mai risparmiato critiche alla Fratellanza stessa, anche durante la breve presidenza del loro esponente Mohammed Morsi.
Ad Al Monitor Lina Atallah ha raccontato i momenti dell'arresto, incoraggiata nel frattempo dalle dichiarazioni di solidarietà ricevute da diverse organizzazioni internazionali. "Verso l'1.30 del mattino nove uomini vestiti in abiti civili hanno fatto irruzione nella nostra redazione, sparpagliandosi velocemente nelle diverse stanze. Avevano un atteggiamento molto violento e aggressivo, confiscando immediatamente i computer e i cellulari sei sedici giornalisti presenti. Quando gli abbiamo chiesto chi fossero, si sono rifiutati di dircelo e sembravano molto arrabbiati. È stato spaventoso", aggiunge, "ma spero tuttavia che nessuno di noi faccia passi indietro, anche se lo capirei, perché chiunque si fermerebbe sentendosi in pericolo".
Una volta eseguite le confische, gli uomini del Gis (General intelligence service) hanno radunato i giornalisti in una sola stanza e gli avrebbero ordinato di sistemarsi faccia al muro, senza comunicare l'uno con l'altro, per poi perquisirli. Una volta giunti in centrale, Lina Atallah, Rana Mamdouh e Mohammad Hamama sono stati interrogati per circa tre ore, assieme ad altri colleghi di nazionalità britannica, francese e americana.
Tra essi c'erano anche due reporter di France24, che avrebbero dovuto realizzare una intervista proprio a Lina Atallah sul lavoro di Madamasr. Verso le prime luci del mattino sono stati rilasciati. Mentre arrivano le condanne francesi, tedesche e americane - con il segretario di Stato Pompeo che ha chiesto ad Al Sisi di "rispettare la libertà di stampa" -, un portavoce del ministero degli Esteri egiziano ha difeso l'operato delle forze di sicurezza spiegando che Madamasr opererebbe "senza autorizzazioni", e che questo sarebbe stato il motivo dei fermi.
Il sito web Madamasr è stato fondato nel 2013 da un gruppo di giornalisti che avevano fatto parte della redazione in lingua inglese del giornale Egyptian Gazette. Si occupa di Egitto e di tutto il Medio Oriente con un sito bilingue - in arabo e in inglese - che dal maggio 2017 è stato oscurato dalle autorità del Cairo.