"Mio padre, Willy Brandt, avrebbe voluto più rispetto per i nostri concittadini della Germania dell'Est". A parlare in quest'intervista concessa in esclusiva all'Agi a pochi giorni dal trentennale della caduta del Muro di Berlino - evento impensabile senza il grande cancelliere della 'Ostpolitik' e la politica della distensione che ha caratterizzato la Germania sin dagli anni 60 - è lo storico tedesco Peter Brandt, primogenito del carismatico leader politico tedesco, considerato una delle figure cruciali della storia del Novecento, compresa la guerra fredda ed il suo superamento, da Kennedy al 1989.
Professor Brandt, il crollo del Muro fu anche l'emblema di una grande speranza: l'impensabile che diventa realtà, il futuro che punta al progresso. E poi la perestrojka, l'inizio del disarmo nucleare, l'amicizia dei popoli al di là dei blocchi.
Globalmente parlando, cosa ne è rimasto, 30 anni dopo?
"In effetti nel 1989 vi era la speranza di entrare in un'era di pace, cooperazione internazionale, democrazia. Di questo è rimasto ben poco, anche se i popoli dell'Europa dell'Est hanno ottenuto libertà individuale e politica, più o meno (e il meno non riguarda solo la Russia). La pace mondiale è oggi messa più in pericolo di quanto non lo sia mai stata dalla fine del conflitto tra est e ovest. Il terrore, guerre civili e guerre per interposta forza fanno soffrire soprattutto ampie parti dell'emisfero meridionale, e da anni anche l'Ucraina. Accanto al riemergere della rivalità tra la Nato e la Russia si sviluppa la contrapposizione delle superpotenze del ventunesimo secolo, ossia gli Usa e la Cina. La crisi ecologica globale e lo scatenamento del capitalismo di mercato, in particolare nel settore finanziario, uniti alla polarizzazione delle società, mostrano i loro effetti distruttivi. I flussi dei migranti e dei profughi mettono le nazioni dell'Occidente di fronte a pesanti sfide. Movimenti autoritari e populisti di destra guadagnano consensi a livello transnazionale e influenzano la politica anche dove non sono determinanti per i governi. Basta questo semplice elenco a mostrarci che i rapporti sono peggiorati nettamente negli ultimi due o tre decenni".
Tornando alla riunificazione delle due Germanie: cosa è andato storto e cosa ha funzionato? È davvero un solo Paese, oppure sussiste un grosso divario tra Ovest ed Est? E se sì, di chi è la colpa?
"Stando ad un recente sondaggio, il 95% dei tedeschi è contento della riunificazione. Allo stesso tempo, almeno la metà dei tedeschi dell'est si considera cittadino di seconda classe. I motivi sono molto chiari: la maggior parte delle posizioni di vertice nei Laender dell'Est è occupata da tedeschi dell'Ovest, e per quello che riguarda i patrimoni, il divario appare eclatante. Impressionano in senso positivo invece i restauri delle città e dei villaggi, così come l'estensione ed il rinnovamento delle infrastrutture. Anche per quello che riguarda i beni di consumo o sviluppo è molto progredito. È' controverso, tuttavia, quanto la drammatica deindustrializzazione della Germania dell'est messa in atto all'inizio degli anni 90 fosse davvero inevitabile, così come i criteri del processo di privatizzazione e l'improvvisa parità monetaria. Quest'ultima doveva servire ad evitare una fuga di massa verso l'Ovest, che però si e' verificata comunque. Il problema centrale consiste nel fatto che la riunificazione si realizzò sì come adesione libera, legittimata da elezioni, alla Repubblica federale, ossia alla Germania dell'Ovest, ma che non è stata pensata come un progetto comune di dimensioni storiche, passato al vaglio di un'assemblea sovrana comprendenti tutte le parti della Germania".
Ma nel frattempo è nata l'Afd, il partito dell'ultradestra, particolarmente forte proprio nei Laender dell'est, che molto spesso ricorre agli slogan dell'epoca della svolta nella Ddr. Come se lo spiega?
"È vero che l'Afd ha le sue roccaforti all'Est, ma anche all'Ovest ha raggiunto una forza mai avuta da un partito dell'estrema destra dal 1945 ad oggi. Come avviene anche con altri gruppi della destra populista ed estrema in Europa, molti dei loro elettori hanno provenienza diverse, in particolare dall'ambito dei non-elettori. Inoltre, l'Afd articola una protesta - dal mio punto di vista indirizzato male - verso le cosiddette elites, e questo riguarda più la Germania dell'est che quella dell'Ovest. Nell'ex Ddr era il vecchio Pds - che ora si chiama la Linke - il portavoce della protesta sociale e regionale, ma ora da molti è considerata parte dell'establishment, anche perché in diversi Laender ha contribuito al governo e perché si è adattata alla mentalità urbana o metropolitana tipica dell'Ovest".
Il Muro ha anche una portata simbolica enorme: era il simbolo della divisione del mondo, ma anche di una realtà falsificata che ad un certo punto è finita per crollare su se stessa, quella della Ddr... oppure no?
"Il Muro era una costruzione mostruosa. Mi posso dire fortunato di averlo visto crollare nella mia città, Berlino, senza che sia finito in macerie e cenere. Per i vertici della Sed, il partito unico socialista, da una parte il muro era la materializzazione di una sconfitta, dall'altra è stato visto sin dall'anno della sua costruzione, il 1961, e negli anni successivi, come una opportunità di rendere la Ddr concorrenziale nei confronti della Germania dell'Ovest. Nella politica economica così come nella politica culturale ci sono stati anche alcuni successi, attraverso una certa liberalizzazione. Ma si è trattato di approcci destinati al fallimento per le resistenze nell'apparato di partito e per le preoccupazioni del potere sovietico. Quello che intendo dire è che non è vero che nella storia quarantennale della Ddr non vi siano stati anche sviluppi positivi. Ma, com'è successo anche con i tentativi riformisti in altri Paesi del blocco dell'Est, ai vertici ha sempre vinto il timore di perdere il controllo".
Parlando sia come figlio che come storico, quanto ha contribuito suo padre Willy Brandt al 9 novembre 1989? E cosa desiderava, quel giorno, come se la immaginava, la riunificazione delle due Germanie?
"Tra gli esperti certo non è oggetto di discussione che la politica della distensione portata avanti dalla Germania sin dagli anni 60 sia stata uno dei presupposti per la svolta del 1989. Allo stesso modo è innegabile che Willy Brandt sia stata una delle figure fondamentali nella politica della distensione sia dal punto di vista della sua concezione che dal punto di vista politico e pratico. In più, nell'autunno del 1989 e nell'inverno successivo ha contribuito senza dubbio affinché il treno della riunificazione tedesca prendesse il via e guadagnasse in velocità. E dato che si è sempre espresso con grande chiarezza, non c'è bisogno di fare speculazioni su quali fossero i suoi desideri: avrebbe voluto più rispetto nei confronti dei nostri concittadini nella Germania dell'Est, nei confronti di quello che avevano ottenuto nella vita nella Ddr. Desiderava che ottenessero maggiore comprensione: riteneva che questo fosse il presupposto necessario, date le circostanze, per una riunificazione che assicurasse pari diritti a tutti i tedeschi".