Mano pesante della Corte Suprema spagnola contro i 9 leader indipendentisti catalani che occupavano cariche di governo nell'ottobre del 2017, durante il periodo del referendum sull'autodeterminazione della Catalogna e della dichiarazione di indipendenza, approvata dal Parlamento di Barcellona. I giudici supremi spagnoli hanno inflitto pene da 9 a 13 anni di carcere per sedizione e appropriazione indebita, condanne che hanno subito scatenato proteste in più punti di Barcellona, con conseguenti blocchi del traffico, cariche dalla polizia all'aeroporto e disagi nei trasporti, compresa la cancellazione di diversi voli. Non è stata però riconosciuta l'accusa di ribellione, per la quale gli imputati rischiavano 25 anni di carcere. Subito dopo la sentenza, un giudice spagnolo ha emesso un nuovo mandato di arresto internazionale per il presidente catalano deposto, Carles Puigdemont, fuggito in Belgio nel 2017 per scampare all'arresto.
Il suo vice, Oriol Junqueras è stato condannato a 13 anni. Dodici anni sono stati inflitti agli ex assessori Jordi Turull, Dolors Bassa e Raul Romeva, 11 e mezzo all'ex presidente del Parlament, Carme Forcadell, 10 anni e mezzo agli altri assessori Josep Rull e Joaquim Forn e 9 anni per gli unici due imputati che non avevano responsabilità dirette nell'amministrazione, Jordi Sànchez e Jordi Cuixart, noti come 'los Jordis'.
La Corte ha invece assolto dall'accusa di malversazione altri tre imputati, che peraltro non sono in carcere, e che dunque non andranno in prigione. Si è concluso così il 'procès', il processo, andato avanti da febbraio allo scorso giugno, per il tentativo di secessione del 2017, che fece precipitare la Spagna in una delle peggiori crisi dalla morte del dittatore Francisco Franco.
Da Waterloo, Puigdemont ha assicurato in diretta su Facebook che "non ci fermeranno fino a quando non annulleremo tutti gli effetti della repressione e respireremo la libertà". In una lettera pubblicata dopo la sentenza, Junqueras ha assicurato che "torneremo piu' forti di prima". Il premier socialista, Pedro Sanchez, ha sottolineato che "nessuno è sopra la legge" e che "in Spagna non ci sono prigionieri politici, ma alcuni politici in carcere per aver violato leggi democratiche". Sanchez ha poi esortato ad "aprire in Catalogna un nuovo capitolo di coesistenza pacifica attraverso il dialogo nei limiti della legge e della Costituzione".
La Commissione europea ha ricordato che non commenta le sentenze dei tribunali nazionali e una portavoce ha ribadito che la posizione di Bruxelles resta la stessa: la Catalogna è una questione interna alla Spagna.