"Fonte di pace", voluta e sferrata da Recep Tayyip Erdogan per colpire le postazioni delle milizie curde Ypg oltre confine eliminandole dalla riva est dell'Eufrate, ha spinto 100 mila persone a fuggire dalle aree di guerra, causato la fuga di miliziani dell'Isis da almeno una prigione e adesso preoccupa anche Washington, che "incoraggia" il presidente turco a fermarsi e prepara "sanzioni signficative che spegneranno, se serve, l'economia turca".
"Non mi fermo", ha risposto il presidente turco, "nonostante le minacce di alcuni". La strategia usata in questi giorni ha visto alternarsi raid aerei e avanzata delle truppe di terra. Dopo il primo intervento degli F16 turchi nelle prime ore dell'operazione, mirato a distruggere depositi di armi Ypg, l'esercito è penetrato in Siria la sera del 9 ottobre ed è progressivamente avanzato in territorio siriano conquistando 13 villaggi, in seguito a nuovi raid aerei avvenuti nella notte. I jet di Ankara, cui lo spazio aereo siriano era stato in un primo momento negato dagli Usa, non si sono mai spinti oltre la profondità di 30 chilometri.
Le mosse turche e i territori invasi
L'offensiva di terra è iniziata proprio con lo sfondamento dai valichi di frontiera in prossimità del nord est e nord ovest delle province di Ras al Ayn e Tel Abyad , tra i centri più importanti dell'area in cui i militari sono avanzati, rispettivamente, per 8 km e 4 km, ed è ancora concentrata nei dintorni dei due centri abitati, considerando che la conquista dei villaggi ha fatto registrare un avvicinamento progressivo alle due città.
Sono al momento quattro le città del nord della Siria, vicinissime al confine turco, sotto attacco da parte dell'artiglieria pesante di Ankara. Da ovest verso est il fronte parte da Tel Abyad, bersagliata oltre confine da Akcakale, Ras al Ayn, colpita da Ceylanpinari, mentre Kobane è sotto attacco da Suruc e Qamishli, estremità est del fronte turco, è bombardata da Nusaybin. In quest'ultima città l'esplosione di un'autobomba ha fatto almeno sei morti e nove feriti.
I curdi hanno attribuito all'Isis la responsabilità dell'attentato, e aggiunto che cinque miliziani dello Stato islamico sono fuggiti dalla prigione di Navkur, nella stesa area, in cui erano detenuti, rilanciando così l'allarme per una fuga di massa dei miliziani catturati nella guerra contro il sedicente Califfato. Il fronte d'attacco si è ampliato significativamente da ieri, e attualmente misura circa 280 dei 400 chilometri complessivi di cui Ankara vuole prendere il controllo.
In base a quanto reso noto da Nazioni Unite e Ong, le città di Tel Abyad e Ras al Ayn sono teatro di una disperata fuga di civili, che hanno lasciato le proprie abitazioni in seguito ai colpi di artiglieria pesante piovuti da oltre confine. All'artiglieria turca i curdi hanno reagito con colpi di mortaio che al momento hanno ucciso 9 civili turchi (tra cui un bambino di 9 mesi nato da famiglia di profughi siriani). Al momento risulta che almeno 7 civili siano invece morti nelle città del nord della Siria colpite dall'artiglieria turca. All'offensiva si sono uniti gli uomini dell'esercito libero siriano (Els), intervenuto nell'area di Tel Abyad nella tarda mattinata di ieri e attualmente in controllo di alcuni dei villaggi conquistati dall'esercito turco.
Sono circa 8 i miliziani Els morti in scontri oggi, oltre a quattro militari turchi (due ad Azaz, lontano dal terreno dell'offensiva e in aree controllate da Ankara): bilancio provvisorio, così come sarà presto da aggiornare il numero dei miliziani Ypg uccisi, 342 in base a quanto dichiarato dal ministro della Difesa ed ex capo dell'esercito Hulusi Akar questo pomeriggio.
Le reazioni internazionali
Se in patria Erdogan si premura di silenziare le critiche (121 sono le persone arrestate per aver condiviso sui social proteste contro l'intervento), l'evolversi della situazione ha cominciato a preoccupare Washington. Il Pentagono ha "esortato con vigore" la Turchia a "porre termine" alle operazioni in Siria, pur sottolineando che appaiono, per il momento, "limitate" e non sembrano prefigurare un intervento vero e proprio. Con esse Ankara "rischia gravi conseguenze", ha avvertito il ministro della Difesa americano, Mark Esper, riaffermando il "valore delle relazioni bilaterali strategiche" tra i due paesi e spiegando che gli Usa "non hanno abbandonato i curdi".
Il segretario generale della Nato, Jens Stoltenberg, ha assicurato che "una esclusione della Turchia dal Patto atlantico è fuori discussione" e si è detto "fiducioso che l'intervento in corso sia proporzionato". Sul versante europeo, si pone il tema di sanzioni ad Ankara. "È sul tavolo", ha affermato Amelie de Montchalin, sottosegretario francese per gli Affari europei.
"La Turchia deve capire - ha sottolineato il presidente del Consiglio Ue, Donald Tusk - che la nostra principale preoccupazione è che le sue azioni possano portare a un'altra catastrofe umanitaria. Non accetteremo mai che i rifugiati siano armi utilizzate per ricattarci. Le minacce del presidente Erdogan di ieri (il presidente turco aveva detto che avrebbe aperto i confini, ndr) sono totalmente fuori luogo".
Le parole di Di Maio
"L'Europa deve reagire con questa voce sola, non può prevedere in futuro di continuare ad elargire risorse ulteriori alla Turchia senza pretendere un comportamento corretto dal punto di vista del diritto internazionale". Lo ha detto il ministro degli Esteri, Luigi Di Maio.
"L'Unione europea sta saltando sul carrozzone dell'anti-Turchia", ha reagito l'ambasciatore turco in Italia, Murat Salim Esenli, che si è detto "sconvolto e deluso per le dichiarazioni arrivate dal governo italiano" che ieri lo aveva convocato per esprimergli la condanna italiana dell'offensiva di Ankara. "Cosa farebbe l'Italia se qualcuno tentasse di entrare in Piemonte, ad esempio dalla Francia, per attaccarla?". Per poi aggiungere: "Spero che il governo italiano ai massimi livelli capisca la nostra esperienza. Per noi l'Italia è un alleato importante, è un partner strategico con cui abbiamo regolari consultazioni e per questo abbiamo aspettative".