Carola Rackete, la comandante della Sea Watch 3, denuncia la "vergogna dell'Europa" che ha trattato 53 migranti a bordo di una nave "come se fossero la peste e non delle persone esauste". E lo fa davanti alla Commissione per le Libertà civili, la giustizia e gli affari interni (Libe) del Parlamento europeo.
È intervenuta nell'audizione che si è aperta con un minuto di silenzio per le vittime in mare - oggi ricorre il sesto anniversario del naufragio di Lampedusa in cui morirono 368 persone - e si è chiusa con una standing ovation per lei "in apprezzamento del suo incredibile impegno personale", come ha sottolineato il presidente della commissione, Juan Fernando Lopez Aguilar. Applausi che l'ex ministro dell'Interno, Matteo Salvini, ha giudicato 'un'offesa per l'Italia'.
"Con il decreto sicurezza venivo considerata una minaccia all'ordine pubblico. Ho ricevuto una serie di attenzioni solo dopo essere entrata in porto. Dove eravate quando abbiamo chiesto aiuto attraverso tutti i canali diplomatici e ufficiali?", è stato il j'accuse della capitale della nave umanitaria agli europarlamentari.
"L'unica risposta ricevuta era stata quella di Tripoli dove non potevo andare. Sono dovuta entrare nel porto di Lampedusa non come atto di provocazione, come sostiene qualcuno, ma per motivi di esigenza. Non potevo più assumermi la responsabilità delle persone a bordo", ha aggiunto la 31enne tedesca arrestata nel giugno scorso per l'ingresso senza autorizzazione al porto siciliano con la nave con 53 migranti a bordo.
"Nella mia esperienza con Sea Watch ho vissuto delle situazioni alienanti, abbiamo dovuto legare i corpi affinché non affondassero intorno a noi. Ho visto persone lasciate sole in mare o riportate nella Libia da cui erano appena fuggite. Ma nessuna esperienza è stata pesante come Sea Watch 3 con a bordo i migranti per giorni che nessuno voleva", ha aggiunto Rackete.
"È stato una vergogna notare questo atteggiamento dall'Ue, la culla dei diritti umani. Nonostante il parere delle persone, tutta una serie di istituzioni ha innalzato un muro. Io sono stata attaccata, mi sono ritrovata da sola", ha denunciato l'attivista tedesca ponendo l'attenzione "sulla criminalizzazione delle Ong e la legalizzazione dei respingimenti in mare con la collaborazione libica".
Ciò che chiede Rackete all'Ue è chiaro: "Quello dei migranti è un problema europeo e serve una soluzione europea a cui partecipano tutti gli Stati nel rispetto del principio di solidarietà. Per tanti anni l'Italia è stata lasciata solo nella gestione dei flussi", ha spiegato dopo l'audizione in commissione. E chiede di interrompere ogni cooperazione con la Libia: "Se ci preoccupiamo della tortura l'Ue deve porre fine a qualsiasi cooperazione dove sappiamo che ci sono violazione dei diritti umani".
Sul fronte italiano, l'ex comandante della Sea Watch ha confermato che è ancora sotto processo per due accuse ma si è mostrata piuttosto serena. "Credo che sia stato delineato con chiarezza che le operazioni di ricerca e soccorso rientrano nel diritto internazionale. Non so come l'Italia abbia approvato una legge che non rispetta il diritto internazionale e del mare. Dopo il mio arresto, il magistrato di Agrigento ha dichiarato che io avevo seguito l'obbligo di ricerca e salvataggio e quanto fatto era in conformità del diritto del mare", ha sottolineato.
A chi le chiedeva spiegazioni sulla presenza a bordo della nave di presunti torturatori ha replicato: "Ovviamente non sappiamo le storie delle persone che salviamo". E su Twitter ha precisato che lei salva "essere umani, non migranti". Non sono mancati nei suoi confronti attacchi anche da parte di alcuni eurodeputati, in particolare dell'Id, il gruppo di cui fa parte la Lega. "Lei non dovrebbe stare qui ma in una cella", le e' stato detto riportando le parole dell'ex ministro Salvini.