La richiesta di impeachment nei confronti del presidente Donald Trump potrebbe disorientare gli elettori democratici perché porterà al centro del dibattito politico quello che è stato definito "il lato oscuro" di Joe Biden e il ruolo avuto nel siluramento del procuratore ucraino che indagava sull'azienda per cui lavorava il figlio, Hunter Biden.
Mentre la maggior parte dei media americani è concentrata nel denunciare il conflitto d'interessi del presidente degli Stati Uniti, non sembra interessata a quello del suo potenziale sfidante, non meno importante in vista delle presidenziali del 2020. L'ex vicepresidente di Obama ha detto "non ho mai parlato con mio figlio dei suoi affari oltreoceano", ma la successione dei fatti suscita più di un imbarazzo.
Hunter Biden entrò nel consiglio d'amministrazione della Burisma Holdings, compagnia ucraina del gas, nel maggio 2014, con uno stipendio di 50 mila dollari al mese. Il figlio di Biden venne scelto nonostante non parlasse la lingua e non avesse particolari esperienze nel campo energetico. Ma venne preso pochi mesi dopo la decisione di Obama di affidare al suo vice il compito di seguire la transizione politica in Ucraina, travolta dagli scandali, con il presidente Viktor Yanukovich costretto dalla "rivoluzione arancione" all'autoesilio in Crimea per evitare la guerra civile.
Le "forti preoccupazioni" di Obama
A quanto scrive il New York Times, la presenza di Hunter in Ucraina suscitò "forti preoccupazioni" in Obama. Appena qualche mese prima, Biden aveva portato il figlio in un viaggio di stato in Cina, dove Hunter aveva incontrato uomini d'affari, iniziativa che persino un ex consigliere di Obama, in un'intervista a luglio al New Yorker, aveva definito "preoccupante" perché "sollevava questioni se avesse fatto leva su possibili finanziamenti".
Il potenziale conflitto d'interessi affiora nel 2016 quando, con l'appoggio dell'Unione Europea, Biden minacciò di congelare un miliardo di dollari di aiuti a meno che i leader ucraini non avessero licenziato il procuratore generale Viktor Shokin, accusato di essere stato troppo morbido nella lotta alla corruzione di Stato. Decisione che poi venne presa.
Lo stesso Biden se ne vantò durante un incontro pubblico nel 2018 ad una evento a cura della rivista Foreign Affairs con una frase che non ebbe bisogno di interpretazione: "Li guardai negli occhi e dissi, io parto tra sei ore, se il procuratore non è stato licenziato, non avrete i soldi. Beh, figlio di puttana. È stato licenziato". Shokin stava indagando sull'azienda nel cui board figurava Hunter.
L'ombra del conflitto di interessi
L'inchiesta riguardava il fondatore della compagnia, Mykola Zlochevsky, amico di Yanukovich, e un caso di tangenti milionarie per ottenere le licenze nello sfruttamento del gas. I fatti risalivano al periodo dal 2010 al 2012, ben prima dell'ingresso di Hunter, ma è stato nel periodo in cui il figlio di Biden figurava nel board che l'indagine era caduta e il procuratore mandato via. L'ex procuratore generale che decise l'archiviazione, Yuriy Lutsenko, in carica dal maggio 2016 al mese scorso, ha spiegato al Washington Post che Biden e il figlio non risultavano coinvolti.
Ma l'imbarazzo resta. Non a caso, Hunter si è dimesso dall'incarico in aprile, quando il padre si è candidato. L'uomo che si è definito l'unico in grado di battere Trump sarà inseguito dall'ombra del conflitto di interessi ogni volta che parlerà dell'impeachment del presidente. E questo, alla lunga, può indebolirlo.
Gli altri candidati, compatti nel condannare Trump, si sono mantenuti freddi su Biden. La senatrice Elizabeth Warren ha detto che non permetterebbe ai figli del suo vicepresidente, se venisse eletta, di occupare ruoli in azienda straniere, proprio il caso di Hunter Biden. Kamala Harris non si è espressa, Bernie Sanders neanche. Se lo zoccolo duro degli elettori trumpiani resterà compatto, una parte degli elettori democratici potrebbe cambiare idea su Biden, decretandone il declino politico.