I cieli del Canada e degli Stati Uniti non sono mai stati così vuoti: negli ultimi 50 anni sono spariti 3 miliardi di uccelli, il 29% della popolazione. Il numero “scioccante” è il risultato di una ricerca pubblicata sulla rivista Science, e la prova di una “una crisi conclamata”, com l’hanno definita gli esperti. Ma non si tratta di un fenomeno solo americano, secondo gli studiosi, in Europa si sta verificando un declino simile, anche tra le specie comuni. "I numeri sono sostanzialmente comparabili", ha assicurato ha affermato Kevin Gaston, biologo della conservazione presso l'Università di Exeter, in Inghilterra.
Da tempo gli esperti sono consapevoli del fatto che alcune specie di uccelli sono diventate vulnerabili all'estinzione. Ma il nuovo studio realizzato da un team di ricercatori universitari, organizzazioni no-profit e agenzie governative, evidenzia un rapido declino anche tra uccelli tradizionalmente abbondanti come pettirossi e passeri.
Le cause sono molteplici, ma le più importanti sono l’impiego di pesticidi nelle coltivazioni e le modifiche all’habitat naturale. Non è un caso, infatti, che è nelle praterie che si sono registrate le perdite più massicce con 717 milioni di uccelli che mancano all’appello. “Ogni campo arato e ogni area umida prosciugata segna la scomparsa di uccelli in quella zona", ha dichiarato Kenneth V. Rosenberg, scienziato per la conservazione presso la Cornell University e l'American Bird Conservancy e principale autore dello studio. Uno studio pubblicato la scorsa settimana, inoltre, ha dimostrato quanto i pesticidi siano dannosi per gli animali. In particolare, neonicotinoidi rendono più difficile per gli uccelli aumentare il peso necessario per la migrazione, ritardandone il viaggio.
Le specie di uccelli comuni sono vitali per gli ecosistemi in quanto controllando i parassiti, impollinando i fiori, diffondono semi e rigenerano le foreste. Quando questi uccelli scompaiono, gli habitat cambiano in modo netto. “Siamo di fronte alla scomparsa della Natura”, ha commentato Gaston.
“Il declino del numero di passeri comuni potrebbe non ricevere la stessa attenzione di quello delle aquile calve - simbolo degli Stati Uniti -, ma avrà un impatto molto maggiore", ha commentato al New York Times Hillary Young, biologa della conservazione dell'Università della California, Santa Barbara, che non era coinvolta nella ricerca.
Il nuovo studio, ha preso in esame le popolazioni di 529 specie tra il 2006 e il 2015. Tali stime comprendono il 76% di tutte le specie di uccelli negli Stati Uniti e in Canada, ma rappresentano quasi l'intera popolazione di uccelli. Per le loro ricerche, gli studiosi si sono serviti dei registri di birdwatching dal 1970 in poi, prima di quell’anno non erano disponibili dati concreti. I dati sono stati combinati con quelli registrati dal 2007 al 2018 dai radar posizionati in 143 stazioni negli Stati Uniti. I ricercatori si sono concentrati sulle scansioni primaverili, quando gli uccelli migrano in gran numero. Il team ha misurato un declino del 14 percento durante quel periodo, in linea con il calo registrato nei registri del birdwatching.
"Questo approccio di combinazione delle stime della popolazione di tutte le specie e la ricerca di una tendenza generale è senza precedenti", ha affermato Scott Loss, biologo della conservazione presso la Oklahoma State University che faceva parte dello studio.
Ne è venuto fuori che mentre alcune specie sono cresciute, la maggior parte è diminuita, spesso in misura massiccia. In particolare, ci sono 440 milioni di merli in meno rispetto a prima. E persino gli storni - una specie definita un “parassita a riproduzione rapida” dopo la sua introduzione negli Stati Uniti nel 1890 - sono diminuiti di 83 milioni di uccelli, con un calo del 49%. "Siamo rimasti sbalorditi dal risultato", ha commentato Rosenberg.
Ma ci sono anche delle buone notizia: le aquile calve aumentano e le popolazioni di falchi sono cresciute del 33 percento. Anche gli uccelli acquatici sono in ripresa.
Molte di queste specie sono state quasi annientate nel secolo scorso da pesticidi e dalla caccia, ma le misure di conservazione hanno permesso loro di sopravvivere e di riprodursi in abbondanza.