Non è stata una estate facile per la Regina Elisabetta. Prima, alla fine di luglio, il rinvio delle pianificate e tanto attese vacanze in Scozia per l'incontro ufficiale con Boris Johnson (BoJo), nel corso del quale gli ha affidato l'incarico di formare il governo; poi, nel bel mezzo di agosto, il suicidio di Jeffrey Epstein, e il rilancio mediatico e processuale del coinvolgimento del secondo figlio maschio, il principe Andrew, duca di York, che era solito frequentare l'appartamento di Manhattan del miliardario, quella 'casa degli orrori' dove sarebbero avvenuti abusi su decine di minorenni; infine, la 'proroga' del parlamento, ovvero, per i critici, un 'bavaglio' che nel 1649 costò a Carlo I la decapitazione (in realtà quello fu uno scioglimento vero e proprio dell'assemblea).
In base alla "Costituzione" del Regno Unito, la Regina avrebbe potuto opporsi alla richiesta di Johnson, che per il suo anti-europeismo acceso ma anche per i suoi modi non proprio ortodossi non le è certo gradito, ma per convenzione questo non avviene. Così, Elisabetta rischia, proprio nel nome della salvaguardia del protocollo, di degradare ciò che gli inglesi hanno nei secoli mostrato di amare: la democrazia parlamentare.
Sono trascorsi secoli dalla guerra civile inglese, che vide la sconfitta dei realisti, e Jeremy Corbyn non è Olivier Cromwell. Più che il capo dell'opposizione laburista, Buckingham Palace dovrebbe temere l'ira di un tipo come John Bercow, il fumantino e sanguigno speaker Tory della Camera dei Comuni, che si è fatto conoscere nei mesi scorsi per una gestione decisa delle regole parlamentari e delle prerogative: "È un oltraggio costituzionale", ha commentato la proroga.
Soprattutto, Elisabetta potrebbe vedersi trascinata da Boris Johnson su quella che gli anti-monarchici del gruppo di opinione Republic hanno definito una "linea del fuoco". Si assiste in queste ore, ha affermato il portavoce Graham Smith al Guardian a "una impotenza della Regina e della monarchia. Molta gente le sta chiedendo di intervenire, ma lei resta ferma, e non perché non voglia; è che la sua priorità è preservare la monarchia. La convenzione vuole che lei faccia ciò che le è stato detto dal premier, ma in tempi normali, quando il premier ha il pieno sostegno di una maggioranza ai Comuni. La Regina è, dal punto di vista costituzionale, libera di decidere se assecondare i piani del governo o sostenere il parlamento sovrano, ma dal modo in cui reagira' alle attese della pubblica opinione dipenderà la trasformazione di questa crisi parlamentare in crisi dei poteri reali".