L'India ha abolito per decreto presidenziale lo 'status speciale" del Kashmir in Costituzione, una decisione esplosiva per la regione che è sempre sull'orlo di insurrezioni separatiste. Le autorità nazionaliste indù hanno approvato un decreto presidenziale che abolisce lo 'status speciale' dello Stato del Jammu e del Kashmir, garantito dalla Costituzione indiana.
L'annuncio è stato fatto in Parlamento dal ministro dell'Interno, Amit Shah, tra enormi proteste dai banchi dell'opposizione. La decisione potrebbe scatenare una tempesta politica e sociale nella regione, sulla quale tra l'altro ha rivendicazioni territoriali il Pakistan. Il ministro degli Esteri pakistano, Shah Mehmood Qureshi, ha definito la decisione dell'India come una violazione della risoluzione dell'Onu.
Secondo il ministero, che ha diffuso una nota, si tratta di una decisione "illegale". "Nessuna mossa unilaterale da parte del governo dell'India può cambiare lo status di territorio conteso", si legge nel comunicato, e "come parte di questa disputa internazionale, il Pakistan farà uso di tutte le opzioni possibili, per contrastare misure illegali".
E ora Modi vuole una divisione su base religiosa
Il decreto presidenziale "entra in vigore immediatamente e sostituisce immediatamente" gli articoli costituzionali sul Jammu e Kashmir, in particolare l'articolo 370, recita il testo diffuso dal governo. L'articolo 370 della Costituzione indiana conferiva uno 'status speciale' al Jammu e Kashmir e consentiva al governo centrale di New Delhi di legiferare solo su difesa, esteri e comunicazioni, il resto spettava al Parlamento locale.
Il governo del premier Narendra Modi ha anche presentato in Parlamento un disegno di legge per la divisione del Jammu e Kashmir: il Ladakh, la sua parte orientale a maggioranza buddista, sarà separato; la parte restante del Jammu e Kashmir (con le pianure prevalentemente indù del Jammu, nel sud, e la valle di Srinagar, prevalentemente musulmana, nel nord) perderanno lo status di Stato federato, e sarannno retrocessi allo status di 'territorio dell'Unione'. Cio' significa che la regione sarà sotto l'amministrazione diretta di New Delhi e non avrà quasi alcuna autonomia.
Una promessa elettorale
La revoca dell'autonomia del Kashmir era uno dei cavalli di battaglia elettorali dei nazionalisti indù del Bjp del premier Narendra Modi, rieletto trionfalmente in primavera per un secondo mandato. La possibilità che il governo del Bjp facesse questo passo circolava da venerdi', quando inaspettatamente e senza alcune precedente, le autorità indiane avevano cancellato un importante pellegrinaggio indù in una grotta dell'Himalaya in Kashmir e avevano chiesto l'evacuazione di tutti turisti, chiamando in causa non meglio precisate "notizie di minacce terroristiche".
E così domenica il 99 per cento dei 29 mila, tra turisti e pellegrini, avevano abbandonato il Kashmir, mentre le autorità dispiegavano 25 mila uomini nella regione, una delle più militarizzate del mondo. Oggi nella valle di Srinagar sono stati vietati gli assembramenti di più di 4 persone, interrotte le comunicazioni Internet e si sono visti nelle strade solo militari e paramilitari dispiegati in forze.
"È il giorno piu' buio della democrazia indiana", ha twittato Mehbooba Mufti, ex amministratore delegato del Jammu e Kashmir. "La decisione unilaterale del governo indiano di abolire l'articolo 370 è illegale e incostituzionale e rendera' l'India una forza di occupazione nel Jammu e nel Kashmir", ha aggiunto Mehbooba Mufti, che da domenica è agli arresti domiciliari come gli altri principali leader dell'opposizione nella regione, Omar Abdullah e Sajad Lone. "Ci saranno conseguenze catastrofiche per il subcontinente. Le intenzioni del governo indiano sono chiare: vogliono il territorio del Jammu e Kashmir terrorizzando il suo popolo".