Huawei ha aiutato il governo della Corea del Nord a costruire e mantenere una delle reti telefoniche più repressive al mondo. Si chiama Koryolink, e secondo dei documenti esclusivi di cui il Washington Post è entrato in possesso, ha visto il coinvolgimento dell’azienda cinese per almeno otto anni, in collaborazione con un’altra società: la Panda International Information Technology, di proprietà del governo cinese.
Ma la notizia arriva in un momento delicato per Huawei, che da tempo sta cercando di guadagnarsi la fiducia dei governi occidentali, dopo essere stata ripetutamente accusata dagli Stati Uniti di essere asservita alle mire dell’intelligence di Pechino.
A maggio di quest’anno, l'azienda cinese è stata inserita nella lista nera statunitense delle aziende straniere, ottenendo di fatto un divieto di esportare o importare prodotti dal mercato americano. E oggi un divieto ancora precedente potrebbe costare caro alla società per le telecomunicazioni: come evidenziato dal Post, in passato Huawei ha utilizzato anche componenti prodotti negli Stati Uniti.
È quindi possibile che Washington vorrà accertare se questi siano finiti oltre il Trentottesimo Parallelo, dove vige un divieto di commercio imposto in virtù delle sperimentazioni nucleari condotte da Pyongyang.
Huawei si è affrettata a replicare con un comunicato, nel quale dichiara di “non avere alcuna presenza d’affari” in Corea del Nord. Tuttavia, il suo portavoce, Joe Kelly, non ha risposto alle domande di chiarimenti in merito a precedenti collaborazioni con Pyongyang o ad attuali partnership con aziende intermediarie.
Per consentire ulteriori approfondimenti della vicenda, i giornalisti del Washington Post hanno deciso di mettere in condivisione i file da loro ottenuti da fonti riservate su una piattaforma pubblica. I file, la cui autenticità non è finora stata smentita dall’azienda, consistono in due fogli di lavoro che identificano codici, nomi e fornitori di centinaia di progetti.
“Le informazioni in questi fogli di lavoro sono state fornite da un ex dipendente di Huawei, che le ha divulgate sotto garanzia di anonimato”, si legge nella descrizione dei file: “I documenti ottenuti dal Washington Post illustrano come l'azienda tecnologica cinese Huawei, insieme all'azienda cinese Panda, abbia contribuito silenziosamente alla costruzione e alla manutenzione della prima rete wireless commerciale 3G della Corea del Nord, Koryolink”. Altri documenti condivisi dal giornale, tra cui contratti e ordini di acquisto, dimostrano il ruolo di Huawei nella creazione di questa rete.
All’interno dei file la Corea del Nord è indicata con la sigla “A9”. Allo stesso modo, anche Siria e Iran sono denominate con una sigla. Secondo quanto ricostruito dalle fonti del Post, questo metodo sarebbe stato utilizzato probabilmente proprio per non scrivere in chiaro i nomi di quei Paesi, su cui gravano le sanzioni internazionali.
Come funziona Koryolink
Entrato in funzione nel 2008, Koryolink è un Internet Service Provider che serve la gran parte degli abbonati della Corea del Nord. Unico operatore disponibile a Pyongyang - tra i pochi presenti nel Paese - è stato creato dalla società egiziana Orascom Telecom, per rispondere all’esigenza di creare un’infrastruttura per le telecomunicazioni che fosse facilmente controllabile e altrettanto difendibile da tentativi di spionaggio esterni.
Il servizio si basa su due tipi di abbonamento: gli utenti domestici, che possono chiamare altri abbonati domestici ma non effettuare chiamate internazionali o accedere a Internet, e gli utenti internazionali, che possono effettuare chiamate verso qualsiasi parte del mondo a eccezione dei numeri domestici e accedere a qualsiasi sito web a eccezione di quelli della rete intranet statale, come ricostruito dall’agenzia 38 North, che ha collaborato con il Post nell’inchiesta.
Questo metodo di separazione tra gli utenti serve di fatto per controllare in modo più efficace il flusso di informazioni trasmesse. Tuttavia, esiste anche una terza tipologia di utilizzatore, denominata “special user”, utilizzata dalle forze governative e progettata per essere protetta dal rischio di intercettazioni, che sarebbe stata protetta proprio dalle tecnologie di Huawei: “La richiesta iniziale era quello di supportare mille telefoni cellulari, che probabilmente rappresentano i vertici della leadership nordcoreana” - spiega 38 North -. “Le autorità nordcoreane non erano apparentemente disposte a fidarsi di un sistema sviluppato da un paese terzo e hanno optato invece per un sistema di crittografia sviluppato localmente. Possiamo presumere che ciò sia stato fatto per paura di backdoor che avrebbero permesso agli intercettatori di ascoltare le comunicazioni, anche se i sistemi proprietari sviluppati internamente non sono sempre più sicuri degli standard accettati e controllati a livello internazionale”.
Oggi i rapporti tra Huawei, che da tempo cerca di riabilitare la sua immagine internazionale, e gli Stati Uniti, potrebbe complicarsi ulteriormente. Al momento non sono ancora pervenuti commenti ufficiali da Washington, anche se fonti citate dal Post parlano di “grave preoccupazione”.
Il Dipartimento per il Commercio statunitense ha indagato per gli ultimi tre anni sulle possibili relazioni tra Corea del Nord e Huawei, senza mai trovare una prova e finendo per mettere da parte l’indagine. Che potrebbe ripartire proprio grazie all’inchiesta del Post.