Sono stati liberati 350 sopravvissuti del raid aereo che ha colpito Tagiura, in Libia, in cui sono stati uccisi più di 50 detenuti. Non sono più intrappolati in una prigione che le metteva direttamente in pericolo". Lo ha scritto su Twitter Charlie Yaxley, portavoce dell'Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (Unhcr), che precisa che l'agenzia "sta fornendo la propria assistenza" ai migranti.
BREAKING: 350 survivors of the Tajoura airstrike, that killed 50+ detainees, have been freed.
— Charlie Yaxley (@yaxle) 9 luglio 2019
They're no longer trapped in a prison that put them directly in harm's way.
UNHCR is providing them with support through our urban progamme.
Prima dell'annuncio della liberazione dei detenuti un referente locale aveva reso noto che centinaia di migranti del centro avevano iniziato uno sciopero della fame. Il campo di Tagiura, che ospitava oltre 600 persone, è stato bombardato nella notte tra martedì e mercoledì scorsi: un raid nel quale sono state uccise almeno 53 persone, di nazionalità diverse. Oltre 130 erano rimaste ferite.
I migranti sopravvissuti al bombardamento del centro di detenzione - che si trova a est della capitale libica Tripoli - avevano deciso di iniziare una protesta in nome di condizioni di sicurezza più certe. Secondo le fonti, sono 365 le persone che avevano deciso di aderire allo sciopero. "Non vogliono essere trasferito in un altro centro perché temono di perdere il loro diritto di lasciare il Paese, dopo aver trascorso oltre un anno a Tajoura", spiegano le fonti locali.
Intanto, la sezione locale dell'Organizzazione mondiale della sanità rende noto che è di 1.048 morti, tra cui 106 civili, e oltre 5.500 feriti, il bilancio dell'offensiva dell'Esercito nazionale libico su Tripoli, lanciata dal maresciallo della Cirenaica Khalifa Haftar il 4 aprile scorso. "Continuiamo a inviare medici e forniture mediche per aiutare gli ospedali a far fronte alla crisi. I nostri team hanno eseguito piu' di 1.700 interventi chirurgici in 3 mesi", scrive l'organizzazione su Twitter.
L'intreccio Usa-Francia sulle armi di Haftar
Erano stati venduti alla Francia per poi finire in mano alle forze del maresciallo Khalifa Haftar in Libia: sarebbe stato questo il destino di "potenti missili americani" di cui scrive oggi il New York Times. Trattasi di quattro missili anti-carro Javelin, che costano ognuno più di 170 mila dollari, trovati il mese scorso dall'esercito del Governo riconosciuto dalle Nazioni Unite e guidato da Fayez al-Serraj in un campo dei miliziani di Haftar a Gheryan, una città a sud di Tripoli.
A quanto scrive il quotidiano americano, un trasferimento di armi da parte della Francia alle forze del generale Haftar rappresenterebbe una violazione degli accordi con gli Usa ma anche dell'embargo sugli armamenti delle Nazioni Unite. Tuttavia, scrive ancora il New York Times, "negli ultimi giorni il Dipartimento di Stato ha investigato sulle origine di questi missili, sulla base dei numeri di serie e altre informazioni, giungendo alla conclusione che originariamente erano stati venduti alla Francia, considerato forte sostenitore di Haftar".
È sempre il New York Times a ricordare che la Francia acquistò circa 260 missili Javelin dagli Stati Uniti nel 2010. Sulla questione, il Dipartimento di Stato ha avuto una riunione con le commissioni di Camera e Senato confermando le conclusioni della propria inchiesta, ossia che i missili trovati in Libia erano proprio quelli venduti alla Francia.
Da parte sua, un consulente delle Forze armate francesi interpellato dal quotidiano statunitense ha confermato che i Javelin di Gheryan appartenevano alla Francia, aggiungendo però che sarebbero danneggiati e comunque non utilizzabili. Il consulente - obbligato a mantenere l'anonimato - ha anche aggiunto che i missili erano stati temporaneamente depositati in un magazzino e negando che siano stati trasferiti alle forze locali.
A sua detta, le armi - effettivamente acquistate dagli Usa nel 2010 - erano destinate a proteggere le truppe francesi dispiegate in Libia per "operazioni di intelligence e antiterrorismo" e pertanto non rappresenterebbero una violazione degli embargo esistenti.
Per il quotidiano americano questa ricostruzione dei fatti "lascia tuttavia senza risposta molte domande", in particolare su "come queste armi siano finite in un campo" delle forze di Haftar "vicino alla prima linea di una battaglia che a detta dell'Onu ha causato oltre 1000 vittime da aprile ad oggi, compresi 106 civili".
Le forze speciali francesi inviate in Libia principalmente erano di stanza nell'est del Paese, ad una grande distanza da Tripoli, dove attualmente si concentrano gli scontri. "La scoperta dei missili Jovelin conferma i timori di lunga data sul fatto che il sostegno straniero alle varie parti in causa in Libia non faccia altro che amplificare il conflitto"