Per far quadrare i conti il governo tanzaniano ha deciso di aumentare l’Iva su alcuni prodotti molto richiesti dalla donne, a cominciare da parrucche, treccine e extension importate, molto più costose rispetto a quelle ‘made in Tanzania’. Singole cittadine e associazioni femminili insorgono, accusando l’esecutivo di provvedimenti ingiusti che ledono la libertà di gestire il proprio corpo e aspetto fisico. Un ‘J’accuse’ respinto dal ministro delle Finanze Phillipo Mpango, la cui prima preoccupazione è quella di assicurare nuove entrate nelle casse dello Stato per coprire spese ascritte al bilancio 2019-2020, per un totale di 14,3 miliardi di dollari.
Iva al 25% per extension e parrucche ‘straniere’
Da luglio chi comprerà parrucche, treccine o extension importate verrà il costo gravato dall’Iva al 25% mentre le donne che opteranno per prodotti locali risparmieranno un 15% di tasse.
"Non capisco che tra tutti i prodotti a disposizione, il provvedimento del governo sia ricaduto proprio su parrucche e extension capillari. Le donne le indossano proprio per fare bella figura con gli uomini” ha commentato al quotidiano ‘The Citizen’ Irene Simweza, proprietaria di un centro estetico a Dar es Salaam. “Queste nuove tasse renderanno le parrucche troppo costose per la maggior parte delle donne. Un rincaro che graverà anche sugli uomini che saranno obbligati a spendere di più per vedere la propria donna sempre bella” ha commentato una tanzaniana alla stessa testata locale. Secondo lei, “non abbiamo tutte modo di farci crescere i capelli e anche la cura della chioma naturale ha un costo da sostenere. Così le extension sono una buona soluzione”.
“È come una punizione decisa a tavolino contro le donne che amano i capelli e si curano del proprio aspetto” ha riferito in via anonima alla ‘Bbc’ una tanzaniana, precisando di spendere in media 450 dollari per le sue parrucche e acconciature.
Secondo alcuni media specializzati, tra cui l’agenzia ‘Ecofin’, come in molti altri paesi africani anche in Tanzania il settore delle parrucche e altre acconciature per capelli è in forte crescita. Per l’acquisto di una parrucca una donna può spendere fino a 130 dollari (circa 115 euro), quasi il doppio rispetto al reddito lordo medio pro capite di 66 euro. Ogni anno le donne africane spendono circa 6 miliardi di dollari in capelli veri o finti da aggiungere o sostituire ai propri.
Plauso invece da parte della classe politica tanzaniana al governo per essere riuscito a chiudere il bilancio 2019/2020, ma anche da produttori locali di parrucche, acconciature e accessori per capelli che si aspettano un boom delle vendite del ‘Made in Tanzania’. Insomma un metodo da pugno di ferro per incentivare lo sviluppo del settore beauty nazionale.
Reintrodotta tassa su assorbenti, in pericolo salute ragazze e donne
Come se non bastasse, a un anno dalla sospensione, il ministro delle Finanze della Tanzania ha anche annunciato la reintroduzione dell’Iva su assorbenti di ogni tipo, argomentando che il taglio nel 2018 non ha portato ad alcuna riduzione dei prezzi di vendita al pubblico.
Applicare l’Iva sugli assorbenti, aumentandone nuovamente il costo, rappresenta un problema gravoso nella vita quotidiana di ragazze e donne tanzaniane, che hanno difficoltà a procurarsene. Secondo uno studio del ‘Tanzania Water and Sanitation Network Found’, nel 2018 in Tanzania il 16% delle ragazze non sono andate a scuola durante il ciclo. Secondo la ‘Cnn’ il costo mensile degli assorbenti rappresenta il 3,4% dello stipendio di una tanzaniana (circa 1,15 euro su 33,65) invece dello 0,15% per una statunitense (4,42 euro su 2989). Non potendosi comprare assorbenti hanno ricorso a metodi alternativi dannosi per la loro salute, causando infezioni che possono danneggiare il loro apparato genitale e riproduttivo: durante il ciclo utilizzano, ad esempio, sterco di vacca secco e vecchi pezzi di stoffa.
In reazione alla decisione del governo, su Twitter ha preso il via una campagna intitolata #PediBilaKodi# che in lingua swahili significa ‘assorbenti senza tasse’.
“È una decisione infelice che comporta conseguenze pesanti per la maggioranza delle ragazze e delle donne” ha deplorato Anna Henga,segretario dell’ong tanzaniana ‘Legal and Human Rights Centre’, che suggerisce alle autorità di varare una sovvenzione su questi prodotti di prima necessità o una distribuzione gratuita per le meno abbienti. “Dodici mesi non bastano per valutare un provvedimento. Quando abbiamo tolto la tassa il mondo intero ci ha fatto un plauso e ora stiamo facendo marcia indietro”, ha reagito il deputato di opposizione ed economista Zitto Kabwe, criticando la decisione dell’esecutivo.
Gli stessi parlamentari del partito del presidente John Magufuli hanno lanciato un appello al governo, auspicando la distribuzione gratuita di assorbenti per alcuni gruppi sociali o esenzione dall’Iva. “Il governo distribuisce gratuitamente preservativi ai maschi utilizzati da alcuni per tradire la propria moglie. Quindi gli assorbenti andrebbero distribuiti gratuitamente nelle scuole” ha detto Goodluck Mlinga, attribuendo fallimenti scolastici delle ragazze nelle zone rurali all’elevato tasso di assenteismo a causa del ciclo.
Ciglia, unghie finte e trucco eccessivo fuori dal Parlamento
Le tanzaniane penalizzate dal governo che si accanisce sulle donne dopo aver già preso, in passato, altri provvedimenti discriminanti. E’ anche questa la lettura che a Dar es Salaam, ma soprattutto fuori dal paese dell’Africa orientale, viene data agli ultimi rincari di alcuni prodotti femminili di uso quotidiano. Al di là del provvedimento fiscale, alcuni media locali ed internazionali ricordano alcuni divieti imposti nei mesi scorsi all’interno stesso del Parlamento.
Lo scorso settembre il Parlamento ha vietato l’accesso alle sessioni plenarie alle deputate con ciglia e unghie finte e a quelle dalla pelle schiarita. Lo stesso presidente dell’assemblea, Job Ndugai, aveva anche dichiarato che stava pensando di chiudere la porta anche a quelle "troppo truccate". Una restrizione sulla scia di una dichiarazione del vice-ministro della Salute, Faustine Ndugulile, che aveva denunciato i rischi sanitari della depigmentazione e dell'utilizzo di ciglia e unghie finte, con più di 700 casi di donne trattate in ospedale e un aggravio sul bilancio pubblico. Se per alcuni commentatori denunciare pratiche estetiche pericolose può rappresentare una “buona intenzione”, per molte donne e associazioni femminili si tratta di “un’intrusione nella vita privata delle donne, in grado di decidere per se stesse, senza alcuna pressione politica”.