Al netto di un ulteriore round di ricorsi e appelli domenica sera sapremo chi sarà il nuovo sindaco di Istanbul. Da una parte l'ex premier Binali Yildirim, il fedelissimo di Erdogan che al presidente deve praticamente la sua intera carriera politica, sostenuto anche dai nazionalisti dell'Mhp. Dall'altra colui che dal ruolo di sfidante è diventato il favorito: il repubblicano Ekrem Imamoglu, riuscito a portare dalla sua parte moltissimi cittadini presentandosi come il sindaco della porta accanto contrapposto a una figura le gata a doppio filo con il palazzo. Nella coalizione che lo sostiene anche i nazionalisti di Iyi parti e i filo-curdi dell'Hdp.
Imamoglu aveva prevalso lo scorso 31 marzo, in un testa a testa infinito, durato una notte di polemiche, terminato con una vittoria per 24 mila voti, differenza poi ridotta a 13.729 in seguito al controllo delle schede nulle. Lo scorso 6 maggio la contestatissima decisione dell'authority per le elezioni (Ysk) di cancellare il risultato e tornare alle urne.
Una decisione percepita come un'ingiustizia, che ha fatto crescere la popolarità di Imamoglu fino a rendere quello che era un bravo amministratore locale l'uomo capace di mettere a repentaglio il potere di Erdogan. Diventare sindaco di Istanbul infatti significa molto di più che governare una metropoli.
Senza scomodare Napoleone, secondo cui se il mondo avesse avuto un'unica capitale quella sarebbe stata proprio la metropoli sul Bosforo, basta ricordare che a questo turno saranno in più di 10 milioni a recarsi alle urne per eleggere il primo cittadino di una città che di abitanti ne ha ufficialmente 16 milioni, ma in realtà almeno 5 in più; più di un quarto dell'intera Turchia.
"Chi vince a Istanbul vince in tutta la Turchia", amava ripetere il presidente Recep Tayyip Erdogan, la cui ascesa iniziò proprio in riva al Bosforo, 25 anni fa. Da allora il suo partito, l'Akp, attraverso i suoi sodali, ha governato ininterrottamente la città che il 23 giugno potrebbe infliggere una svolta da delineare il futuro di tutta la Turchia.
Ma con i sondaggi che danno in testa Imamoglu, ieri sera può essere che Binali Yildirim abbia trovato un alleato inaspettato. Il leader del Pkk Abdullah Ocalan, in carcere dal 1999, ha inviato una lettera agli elettori del filo-curdo Hdp, invitandoli a rimanere neutrali, contravvenendo la posizione del partito. Proprio la scelta dell'Hdp di rinunciare al proprio candidato era risultata decisiva nel successo di Imamoglu del 31 marzo. Un appello, quello del leader curdo, che ha costituito un assist perfetto per Erdogan, secondo cui saremmo dinanzi alla prova "che tra coloro che votano Imamoglu c'e' chi prende ordini da un terrorista".
Eppure mai come stavolta Erdogan pare aver capito che il ritorno alle urne è stato un grave errore. Defilatosi dalla campagna elettorale di Yildirim, il presidente si è limitato negli ultimi giorni a fare paragoni improbabili, come quello tra il candidato avversario e il presidente egiziano Abdel Fattah al Sisi e accusando la coalizione che sostiene Imamoglu di avere sostenuto organizzazioni terroristiche.
Quasi un'anomalia, se si considerano le discese in campo cui Erdogan ci ha abituati nel recente passato, perche' seppur presidente della Repubblica, rimane leader del proprio partito. I repubblicani del Chp dopo aver riconquistato Ankara dopo 25 anni sono convinti di poter bissare il risultato a Istanbul. Ci si augura che i repubblicani abbiano capito che se mettono in campo idee e programmi, magari incarnati da un candidato carismatico e vicino alla realta' del Paese, possono seriamente mettere in discussione il potere di Erdogan.
Imamoglu, dopo lo sgomento iniziale dovuto alla cancellazione del risultato, e' stato deciso nel ricompattare i suoi verso domenica e instancabile nel girare la citta'. La speranza e' quella di conoscere gia' domenica sera chi avra' prevalso in questa corsa a una citta' che e' una sintesi di un Paese molto piu' grande, con una popolazione in cui sono rappresentate tutte le etnie, minoranze, religioni, correnti ideologiche e proprio per questo capace di spostare gli equilibri e portare verso il governo di tutta la Turchia.