Johnson & Johnson va alla sbarra in una causa multi-miliardaria che la vede imputata con l'accusa di aver promosso in modo ingannevole gli antidolorifici e minimizzato i rischi di dipendenza, alimentando quella che in Usa è orma definita una vera e propria 'epidemia da oppioidi'. Il colosso farmaceutico, portato in tribunale dallo Stato dell'Oklahoma, ha negato le accuse, sostenendo di promuovere i propri prodotti sul mercato in maniera responsabile.
Secondo i dati del Centers for Disease Control and Prevention, in media 130 americani muoiono ogni giorno per un'overdose di oppioidi; nel 2017 il 68% dei 70.200 morti per overdose era collegabile a una prescrizione o a oppioidi illegali.
L'offensiva giudiziaria dell'Oklahoma punta a far sì che il colosso farmaceutico sia considerato responsabile di quella che il procuratore Brad Beckworth ha definito "la peggiore crisi di salute pubblica creata dall'uomo nella storia dello Stato".
Secondo l'accusa, Johnson & Johnson, insieme a Purdue Pharma (che produce l'antidolorifico Ossicodone) e l'israeliana Teva Pharmaceuticals, hanno fatto pressioni negli anni '90 sui medici perché prescrivessero più oppioidi usando un marketing ingannevole che minimizzava il rischio di dipendenza. Per il procuratore generale Mike Hunter, è tempo che le aziende siano considerate "responsabili per le loro azioni".
L'avvocato del colosso farmaceutico, Larry Ottaway, ha negato le accuse, sottolineando come i messaggi promossi dalla Johnson & Johnson fossero identici a quelli della Food and Drug Administration nel 2009 secondo i quali gli antidolorifici, se gestiti in maniera corretta, raramente causano dipendenza. "Non stiamo prendendo in giro nessuno, questi sono i fatti nudi e crudi".