Negli ultimi tre giorni in Iraq sono stati condannati a morte sei cittadini francesi, parte di un gruppo di dodici, tutti con la stessa nazionalità, catturati in Siria e trasferiti in Iraq a gennaio, e tutti accusati di aver fatto parte dell'autoproclamato Stato islamico.
Brahim Nejara e Karam El Harchaoui, entrambi sulla trentina, sono gli ultimi due a essere finiti sulla lista del boia iracheno, nonostante le preoccupazioni espresse dal ministero degli Esteri francese. Da domenica hanno subito la stessa sorte Kevin Gonot, Leonard Lopez, Salim Machou e Mustapha Merzoughi.
Nejara, 33 anni, secondo il Centro francese di analisi del terrorismo, era un 'foreign fighter' arruolatosi nell'Isis. È accusato di aver collaborato nel reclutamento di combattenti stranieri per il califfato in Siria e di aver persuaso uno dei suoi fratelli a commettere un attentato in Francia. Inoltre il suo nome fu associato a Foued Mohamed-Aggad, uno dei kamikaze del teatro Bataclan negli attacchi di Parigi del 2015.
Harchaoui, 32 anni, partì invece per la Siria nel 2014 dal Belgio. Secondo il quotidiano belga Hln, anche il fratello minore e le loro mogli belghe erano membri del 'califfato'.
La decisione della corte è arrivata nonostante la Francia abbia ribadito la sua opposizione alla pena capitale. Martedì il ministro degli Esteri, Jean-Yves Le Drian, aveva dichiarato di aver ricordato al presidente iracheno Barham Saleh che "siamo contrari alla pena di morte". Nei prossimi giorni però saranno processati i rimanenti sei sospettati sempre sulla base di una legge che prevede la pena capitale per chiunque si unisca a un "gruppo terroristico", anche per chi non ha combattuto.
Negli ultimi mesi l'Iraq ha preso in custodia migliaia di jihadisti rimpatriati dalla vicina Siria, dove erano stati catturati dalle forze democratiche siriane sostenute dagli Stati Uniti durante la battaglia contro il 'califfato'. La magistratura irachena ha reso noto all'inizio di maggio di aver processato e condannato più di 500 presunti 'foreign fighter' dall'inizio del 2018: molti sono stati condannati all'ergastolo, tra loro almeno tre francesi, ma finora nessuno era stato condannato a morte.
I gruppi per i diritti umani criticano i processi perchè basati spesso su prove circostanziali o su confessioni ottenute con la tortura. Il Paese rimane tra le prime cinque nazioni "boia" del mondo, secondo un rapporto di Amnesty International pubblicato in aprile. Il numero delle condanne a morte emesse dai tribunali iracheni è più che quadruplicato tra il 2017 e il 2018, arrivando ad almeno 271.
Ma solo 52 condanne a morte sono stati effettivamente eseguite nel 2018, sempre secondo Amnesty, rispetto alle 125 dell'anno precedente.