Se all'indomani del voto europeo Angela Merkel, come suo costume, rimane sulle sue e attende l'evolversi degli eventi, Emmanuel Macron è attivo come non mai. Fittissima è la sua agenda di incontri, iniziata lunedì sera con la cena all'Eliseo insieme al premier spagnolo Pedro Sanchez che, forte di un buon risultato alle politiche confermato dalle europee, è diventato il leader di fatto del fronte socialista in Europa. Obiettivo: portare un francese sulla poltrona più ambita, quella della presidenza della Commissione Europea. E il nome è quello che circola da settimane, se non mesi: quello del capo negoziatore per la Brexit, Michel Barnier.
Il gruppo dei liberali dell'Alde, nel quale confluirà La Republique En Marche del presidente transalpino, sarà terzo nell'emiciclo di Strasburgo con oltre 100 seggi, un risultato che ha mandato in frantumi il tradizionale bipolarismo tra popolari e socialisti. Una situazione fluida nella quale Macron ha l'intenzione di accaparrarsi il ruolo di 'kingmaker'. Ma prima della pars construens c'è la pars destruens: stroncare ogni possibilità che il candidato della cancelliera, Manfred Weber, prenda il posto di Jean-Claude Juncker.
Come far fuori Manfred Weber
Sulla carta la presidenza spetterebbe al politico conservatore bavarese. Secondo il meccanismo degli 'spitzenkandidaten', sul quale per il momento l'Eurocamera non transige, tocca infatti al candidato proposto dal partito che ha preso più voti, cioè il Ppe. Ma Weber è una figura troppo di basso profilo per convincere davvero. Non è da escludere che Merkel lo avesse sostenuto proprio in virtù della sua opacità, che lo renderebbe facilmente manovrabile.
Di una maggioranza alternativa con la destra sovranista disposta a sostenere Weber non si parla neppure. I numeri non ci sono e una simile prospettiva - che a Orban (e a Berlusconi) non sarebbe dispiaciuta affatto - era già stata respinta al mittente dall'austriaco Sebastian Kurz, che sarà pure stato costretto a dimettersi dalla sfiducia del Parlamento ma resta uno dei membri più potenti del Ppe. Per far fuori Weber è quindi sufficiente un asse tra liberali e socialisti che metta in minoranza il Ppe. Per questo la prima persona che Macron ha voluto incontrare è proprio Sanchez.
La sponda iberica
Tra i pezzi grossi del Pse sentiti da Macron nelle ore scorse ce n'è un altro che gode di solidi consensi in patria: il premier portoghese Antonio Costa. Ed è molto significativo che Costa, che pur sostiene lo 'spitzenkandidat' socialista Frans Timmermans, si sia lanciato in un attacco di inusitata durezza contro Weber, ricordando la rigidità del suo approccio nei confronti dei Paesi, come il Portogallo, finiti dentro a un programma di prestiti per evitare il crac.
"Non possiamo perdonare", ha dichiarato Costa in un'intervista a Sic Noticias successiva a una conference call con Sanchez e i due premier liberali di Olanda e Belgio, Mark Rutte e Charles Michel, anch'essi sentiti da Macron nelle scorse ore, anch'essi parte della rete dell'Eliseo. "Non perdoneremo mai nessuno che, dopo averci messo sotto il giogo dell'austerità, voleva ancora punirci", ha aggiunto il capo del governo di Lisbona, manifestando "assoluto rigetto" per un candidato che creerebbe "ostilità".
Altrettanto significativo è che Sanchez, dopo l'incontro con Macron, abbia invocato un'Europa più attenta al lavoro e alla crescita. Stavolta non è il solito ritornello dei socialisti ma è la base di una piattaforma programmatica comune. Ovvero un'Europa più flessibile e meno "tedesca", quello che Macron ha sempre cercato invano di strappare a Merkel, anche per contenere l'ondata sovranista, incontrando il consueto muro di gomma.
Socialisti e liberali hanno quindi molte ottime ragioni per lavorare insieme, magari con l'ulteriore sostegno dei Verdi. Ma per eleggere il presidente della Commissione, con un quadro così frammentato, i voti dei Popolari servono. E un candidato di compromesso non può certo essere un socialista, non può certo essere Timmermans.
I liberali hanno già scaricato Vestager?
Ci sono quindi tutte le condizioni perché a guidare l'Europa nei prossimi cinque anni sia un candidato espressione dell'Alde. Che uno 'spitzenkandidat' lo ha nell'attuale commissario alla Concorrenza, Margrethe Vestager. La politica danese, che pure ha manifestato determinazione nel far valere le sue prerogative, appare più come un 'piano B' qualora risulti impossibile vincere l'insistenza del Parlamento Europeo nel voler eleggere una figura presentata come 'spitzenkandidat'.
Le quotazioni di Vestager, popolarissima quando si trattava di infliggere multe milionarie ai big della Silicon Valley, sono però crollate sia a Parigi che a Berlino dopo la sua decisione di bloccare la fusione tra Alstom e Siemens che avrebbe creato un campione paneuropeo in grado di giocarsela ad armi pari con i cinesi nelle gare d'appalto internazionali. Una scelta corretta alla lettera delle regole ma basata su norme scritte trent'anni fa, quando era ancora possibile definire Pechino "Paese emergente" senza risultare ridicoli. Difficile quindi che la prima scelta di Macron sia una signora che ha fatto un simile regalo al Dragone, dimostrando quantomeno miopia politica, una scarsa capacità di pensare in prospettiva.
E non va sottovalutata una recente dichiarazione di Guy Verhofstadt, il leader dell'Alde, secondo il quale "il Ppe sta spingendo molto per il sistema Spitzenkandidaten, ma sfortunatamente ha ucciso la legittimità di questo metodo quando ha votato contro le liste transnazionali". E ancora. "Per noi è importante che il prossimo presidente della Commissione rappresenti un'ampia maggioranza a livello europeo con un programma chiaro per rinnovare l'Europa", aggiunge. Possibile traduzione: voi scaricate Weber e noi forse potremmo essere disposti a non insistere su Vestager e trovare un candidato di compromesso. E chi meglio di Barnier?
L'uomo giusto al posto giusto
È quindi lui l'uomo che Macron vuole a Palazzo Berlaymont. Barnier, un compatriota dal solido curriculum economico (sotto Barroso, è stato commissario per l'Industria prima e per il Mercato interno e i Servizi poi) e con una popolarità cresciuta durante i faticosi negoziati con Theresa May per la Brexit, durante i quali ha dimostrato di saper dosare flessibilità e intransigenza a seconda delle occasioni. Un conservatore dal profilo liberale, proveniente dalle file dei gaullisti, appartenente alla famiglia politica dei Popolari. Un nome che dovrebbe risultare tutt'altro che sgradito a Merkel, quindi.
E non si tratta più di una voce di corridoio. L'endorsement esplicito è arrivato da Pascal Canfin, uno degli eurodeputati macroniani di maggiore spicco. "Riteniamo che il candidato del Ppe sia oggi del tutto squalificato", ha dichiarato a France Inter, "metteremo tutto il nostro peso sul piatto della bilancia per avere o un candidato francese, che potrebbe essere Michel Barnier, o un candidato che sia in ogni caso molto più vicino al centro di gravità del nuovo Europarlamento".
La partita è ancora lunga e Macron non ha alcuna intenzione di perderla. L'unico ostacolo rimane Strasburgo ma lì Weber non sembra avere molti amici.