Un giallo letterario di prima grandezza, di cui oggi è stato scritto, forse, l'epilogo. Protagonisti: uno dei più grandi scrittori di tutti i tempi - ossia Franz Kafka - e Max Brod, suo amico ed editore.
In sostanza, l’Ufficio criminale federale tedesco (Bka) ha consegnato oggi all’ambasciatore israeliano Jeremy Issacharoff l’archivio rubato di Brod.
In buona parte documenti di oltre cent’anni fa – si tratta di migliaia e migliaia di pagine, oramai ingiallite dal tempo - trafugati tra il 2009 e il 2012 a Tel Aviv dall’appartamento della figlia dell’ex segretaria dell’uomo a cui lo scrittore di Praga deve la sua fama mondiale.
La polizia tedesca li ritrovò per caso il 2013 indagando su un giro di falsari d’arte. Gli esperti chiamati a valutare il materiale non hanno dubbi: i documenti sono autentici.
Le carte di Brod rappresentano un vero e proprio tesoro per quello che riguarda la storia della letteratura del Novecento: “Stavano dentro delle vecchie valigie buttate a caso in mezzo a mille cianfrusaglie”, ha spiegato il vicepresidente del Bka, Peter Henzler.
L’amico tradito e gli scritti salvati
Tra questi manoscritti, libri, lettere, annotazioni, fotografie, nonché una cartolina firmata dal medesimo Kafka.
Fu Brod a pubblicare la maggior parte dell’opera di Kafka - tra cui titoli capitali come "Il processo" e "Il castello" - dopo la morte dello scrittore nel 1924, con ciò mutando in profondità i destini della letteratura universale.
Autore a sua volta, ma anche giornalista, editore e compositore, Brod fuggì dalla Germania nazista nel 1939 alla volta di Tel Aviv, portandosi in una grossa valigia tutto il lascito di Kafka, di cui era l’esecutore testamentario.
Lo fece contro la volontà dello scrittore: Kafka aveva chiesto con forza che tutti i suoi scritti venissero distrutti dopo la sua morte. Molte di queste carte rimangono tuttora inedite.
La restituzione dell’archivio rubato di Brod mette fine ad un giallo durato oltre dieci anni.
Quando morì, nel 1968, lasciò le proprie carte, compresi i manoscritti dell’autore di “Il Processo”, alla sua segretaria, Esther Hoffe: nel 2007, quando morì Esther, all’età di 101 anni, una parte del "tesoro di Brod" passò a sua figlia Eva.
È dall’abitazione di quest’ultima che i documenti vennero trafugati, chissà come.
Per ultimo è stato il tribunale di Wiesbaden a stabilire, lo scorso gennaio, che le carte dovessero essere restituite alla Biblioteca nazionale di Israele.
In un frigorifero rotto
Non solo i documenti comprendono l’immensa corrispondenza intrattenuta da Brod prima della fuga in Israele – “Una sorta di “who’s who” del mondo culturale europeo nei primi quattro decenni del ventesimo secolo”, come l’ha definito Stefan Litt, curatore e capo archivista della biblioteca – ma tra le carte vi sono anche passaggi finora inediti del diario dell’editore e lettere che potrebbero portare a far luce su momenti e passaggi finora sconosciuti della vita di Kafka.
Il fatto è che l’archivio era stato suddiviso: in parte nel caveau di una banca israeliana, in parte in una banca a Zurigo e una terza parte per l’appunto nell’appartamento di Eva Hoffe a Tel Aviv.
La signora, a quanto pare, viveva in compagnia di una dozzina di gatti e con una parte dell’archivio di Brod conservato in un frigorifero rotto.
Tra questi, anche i segreti di Franz Kafka.