La lotta di potere in Venezuela è in stallo, immobilizzata in una nuova Guerra fredda tra Russia e Stati Uniti, ma Nicolas Maduro fatica a tenere a freno le proprie milizie, che non hanno esitato a entrare in una chiesa e sparare lacrimogeni durante una messa.
Nel braccio di ferro con il presidente autoproclamato, Juan Guaidò, quello eletto ha lanciato un nuovo appello ai militari, incitandoli a cercare i "traditori" tra le file delle forze armate, e promesso una "giornata del dialogo". "Le forze armate devono mostrarsi unite davanti al popolo e al mondo, devono dare una storica lezione", ha detto, annunciando per oggi una marcia militare per riaffermare la lealtà delle Forze armate".
"Combattiamo per la nostra dignità, per il diritto all'esistenza della nostra repubblica, è arrivata l'ora di combattere, di dare un esempio alla storia e al mondo. E' il momento di dire che ci sono forze armate leali, unite come mai prima per sconfiggere il tentativo di golpe". Al tempo stesso, Maduro ha voluto porgere un ramoscello d'olivo, ma non ai responsabili del tentato golpe, che "prima o poi - aveva detto in precedenza - finiranno in prigione".
"Parteciperemo ad una grande giornata di cambiamento, di rettifica, di rinnovo della rivoluzione", ha dichiarato Maduro, indicando che si terrà nel fine settimana. E se Guaidò punta alla presidenza, l'unica cosa che deve fare è vincere le elezioni".
Russia e Usa non si smuovono
La diplomazia sembra paralizzata, in un contesto che vede Mosca e Washington tenere rispettivamente il punto. Il 6 e 7 maggio prossimi si terrà in Costarica una riunione del Gruppo internazionale di Contatto (Gic), ma Serghei Lavrov ha oggi ribadito che le posizioni russa e americana sono tra loro "incompatibili". "Abbiamo concordato di continuare i nostri contatti, compresi quelli sul Venezuela - ha detto il ministro degli Esteri russo - ma non vedo come sia possibile allineare, da un lato, la nostra posizione basata sulla Carta delle Nazioni Unite e i principi e le norme del diritto internazionale, e dall'altro, quello degli Stati Uniti, che hanno nominato un presidente in carica di un altro paese da Washington ".
"La brutale repressione - si è limitato a twittare, dal canto suo, Donald Trump - deve finire". Lavrov e Mike Pompeo, segretario di Stato americano, parleranno del dossier in un incontro in Finlandia, la prossima settimana.
Ogni ora che passa vede il Venezuela prendere la via della guerra civile. Sono quattro, tutti giovanissimi, le vittime della nuova ondata di manifestazioni antigovernative; e due di loro erano minorenni, rimasti feriti nelle proteste che si erano svolte tra il 30 aprile e il Primo Maggio. Yosner Graterol aveva 16 anni ed è morto ad Aragua e Yoifre Hernandez ne aveva 15, ed era rimasto ferito ad Altamira.
Di poco più adulti gli altri due: Jurubith Rausseo, 27 anni, morta in ospedale dopo essere stata raggiunta da un proiettile alla testa durante una manifestazione di protesta; Samuel Mendez, che aveva 26 anni ed è rimasto ucciso ad Aragua.
La messa interrotta dai lacrimogeni
A San Cristobal la gendarmeria chavista ha fatto irruzione in una chiesa in piena messa, ha lanciato gas lacrimogeni e ha usato termini "nient'affatto rispettosi" nei confronti del sacerdote. "La Messa stava terminando - ha denunciato monsignor Mario Moronta, vescovo di Cristobal - quando due (uomini) della Guardia Nacionales Bolivarianos hanno fatto irruzione in moto dentro il tempio, la chiesa di Nostra Signora di Fatima nel Barrio Sucre.
Il parroco è sceso dal presbiterio per fermarli, ma mentre cercava di parlare con loro è arrivata un'orda di una quarantina di uomini della gendarmeria che ha cercato di entrare. Il parroco, padre Jairo Clavijo, li ha fermati, dietro di loro è arrivato un generale di nome Ochoa che ha cominciato a discutere con lui in termini nient'affatto rispettosi. Non soddisfatti dell'irruzione, gli uomini della gendarmeria hanno lanciato bombe lacrimogene dentro la chiesa".
Il vescovo ha assicurato che il parroco "è riuscito a evacuare il recinto sacro dove c'erano un bel numero di fedeli, tra i quali diverse persone di una certa età. Ma una religiosa si è sentita male". Secondo il vescovo, l'accaduto è "di estrema gravita' ed è un attacco contro la Chiesa Cattolica, nel paese latinoamericano tradizionalmente ostile a Maduro. Ritengo responsabili il suddetto generale Ochoa, così come le autorità militari della regione per questo evento spregevole che di per sè già dimostra l'intezionalità degli aggressori, che non hanno il minimo rispetto della dignità umana e non mostrano neppure timore di Dio".
Il prelato venezuelano ha assicurato che la diocesi di San Cristobal "prenderà le misure del caso e promuovera' le azioni considerate pertinenti".