Se non è un Adieu – cioè un addio – poco ci manca: la Francia ha reso noto il numero di cattedre disponibili nei due nuovi concorsi che riguardano l’insegnamento dell’italiano oltralpe. Nei licei i nuovi posti in palio sono appena 5; nelle scuole medie e tecniche si arriva a 16. Dati che certificano una netta diminuzione negli ultimi anni: l’italiano, sui banchi di scuola dei nostri cugini francesi, sta scomparendo: nel 2013 la richiesta riguardava oltre 60 nuovi professori.
Prof e studenti d’italiano in Francia: numeri e effetti della riforma
“Ogni anno il ministero dell’Istruzione francese indice un concorso per inserire un certo numero di insegnanti nelle varie materie”, spiega all’Agi Jean-Luc Nardone, docente di letteratura italiana del Rinascimento all’università di Tolosa e presidente della Società degli italianisti di Francia (Sies). “Oggi ci sono 2800 insegnanti d’italiano in Francia, tra scuole medie e licei, a cui si aggiungono 300 supplenti - prosegue Nardone – I ragazzi che studiano questa lingua sono circa 276 mila”.
Il sistema d’insegnamento delle lingue straniere in Francia è complesso: a seconda del numero di ore in classe, e dall’età in cui si comincia a studiarlo, l’italiano può essere prima, seconda o terza lingua: “Nel primo caso si inizia in prima media, sennò più tardi”.
La riforma, che entrerà in vigore a settembre, avrà diversi effetti. Oltre al numero di prof, c’è l’aspetto concreto che tocca gli studenti più da vicino: “La terza lingua perderà di interesse – spiega Nardone – perché peserà soltanto per l’1% sul voto di maturità”. Non esattamente il modo migliore per invogliare a studiare. Dei 276 mila studenti d’italiano oltre confine, 45 mila la studiano come terza lingua; soltanto 7 mila ce l’hanno come prima.
È il caso di togliere la Gioconda dal Louvre?
Per protestare contro la riforma, Sylvain Trousselard, docente di italiano all’Université Lumière di Lione, ha promosso una petizione su Change.org. Si intitola “È il caso di ritirare la Gioconda dalle collezioni del Louvre?”. Una provocazione, naturalmente, ma lanciata dagli stessi francesi e utile a sensibilizzare il governo sugli stretti legami tra i due Paesi divisi dalle Alpi occidentali. In tre settimane ha raggiunto il suo target, le 10 mila sottoscrizioni, e ora ha alzato l’asticella a 15 mila.
La richiesta è quella di “ristabilire un numero di cattedre tale da consolidare l’insegnamento dell’italiano”: una soglia minima individuata in “almeno 12 posti all’agrégation e 35 al Capes”. Per fare un paragone, il bando per i licei prevede 50 posti per insegnanti di tedesco, dieci volte più di quelli riservati all’italiano.
“Lasciar morire l’insegnamento dell’italiano in Francia è tanto insensato quanto ritirare la Gioconda dalle collezioni del Louvre, o espungere Dante, Machiavelli, Galileo, Verdi o Eco dal nostro patrimonio culturale – si legge nel testo della petizione indirizzata al presidente dell’Eliseo Emmanuel Macron, al ministro dell’Istruzione francese Jean-Michel Blanquer, e al primo ministro Édouard Philippe - Distruggere l’insegnamento dell’italiano in Francia significa cancellare una parte della storia e della ricchezza della Francia, spezzare i legami preziosi che uniscono da sempre i due Paesi: l’amicizia tra Francia e Italia è una necessità vitale e la cultura ne è il cuore pulsante”, scrive Trousselard.
Un dispetto politico?
Alla raccolta firme hanno già aderito diversi volti noti italiani e francesi, dalla scrittrice Dacia Maraini all’attrice Jeanne Balibar, dalla regista Julie Bertuccelli al giornalista Corrado Augias. E poi ancora il sociologo Marc Lazar, il presidente dell’Accademia della Crusca Claudio Marazzini, d una lunga serie di docenti universitari.
Secondo Nardone, anche lui firmatario della petizione, dietro alla decisione di ridurre drasticamente il numero di cattedre ci sono ragioni politiche: “Il governo sta facendo intendere che studiare l’italiano non ha alcuna importanza”, il suo ragionamento. “Sostiene che la riduzione dipenda dal fatto che sempre più docenti non vanno in pensione, ma non è vero”. Il fatto, secondo il presidente della società di italianisti di Francia, è che la scelta sia il segnale di un disinteressamento verso la cultura italiana, un fatto testimoniato anche dal progressivo “disequilibrio territoriale nell’insegnamento”. Significa cioè che, in molti dipartimenti francesi, la lingua italiana non viene del tutto proposta.
La critica di Nardone non si rivolge però soltanto al governo francese; anche quello italiano ha le sue responsabilità: “Ci sono sempre meno consoli e lettori nell’ambasciata in Francia – le parole di Nardone - La catastrofica riforma Gelmini, poi (era il 2008, ndr), ha dato il via a una continua riduzione di insegnanti d’italiano in Italia per studenti francesi”. Ora a tagliare sono i francesi, insomma, ma i ritocchi verso il basso da entrambe le parti durerebbe da almeno dieci anni.