In Germania nessun partito politico ottiene i risultati, in particolare su Facebook, di Alternative für Deutschland (AfD). La formazione di estrema destra, populista e conservatrice, è stata oggetto di uno studio condotto dalla George Washington University ripreso poi da Spiegel. Basta un dato per avallare questa tesi: l’85% dei post provenienti da partiti politici e condivisi sulla piattaforma creata da Mark Zuckerberg appartengono proprio a AfD.
Un consenso, quello digitale, che aiuta a far crescere il consenso, quello elettorale, che gli ultimi sondaggi indicano tra l’11% e il 15%. Se poi si considera l’insieme degli account che costituiscono la rete di un determinato schieramento (pagine dei vari politici, associazioni simpatizzanti, gruppi locali e regionali…) è ancora AfD, con circa 1500 account, a partire in pole position (SPD si ferma a 1400 mentre a 1000 troviamo UCD).
Che cosa vuol dire condividere un post
Il dato è definito da Trevor Davis, curatore della ricerca, nonché attivista politico, come “huge and really concerning”. Enorme ed estremamente preoccupante. Condividere un post non vuol dire solo apprezzarne il contenuto o avallarne il messaggio ma diffonderlo con conoscenti e seguaci. Un passaparola continuo che trova nuova linfa nelle varie bacheche spostandosi con celerità ed efficacia. Secondo lo studio dell’Università americana proprio questi dati potrebbero smentire i sondaggi che starebbero sottostimando la forza di AfD.
Il giornale tedesco, per ragionare su questo tema, ha raccolto anche il parere di Martin Fuchs, esperto di social media e comunicazione politica, che ha confermato come la strategia del partito di estrema destra, molto concentrata su Facebook e spesso urlante, esagerata e controcorrente, abbia contribuito a farlo emergere rispetto agli altri attori politici, più moderati e tradizionali nel loro modo di stare all’interno del social network. Tutto questo, però, secondo Fuchs “non si traduce necessariamente in un successo elettorale”.
Come e cosa comunica AfD
Emotività, rabbia, sdegno, paura. Non è difficile intravedere su quali temi facciano leva i social media manager del partito di estrema destra. La migrazione e il crimine, meglio se combinate insieme, non mancano di certo. Quasi totalmente assenti i temi più legati all’economia o alla cultura.
Poi c’è l’effetto "velocità". Spesso i politici di AfD non esitano a dare giudizi o a esprimere opinioni sui temi dell’attualità. I tempi di reazione, anche quelli dei follower, sono quasi immediati e il coinvolgimento, anche attraverso domande e call to action, è totale. Il tentativo, come già visto in italia, è quello di eliminare le distanze e porre sullo stesso piano mandante e destinatario, partito e cittadino, politico e votante.
Secondo Davis, tuttavia, uno dei segreti di questo successo va identificato nella quantità enorme di immagini che vengono postate. Siamo oltre le 4 mila a settimana. Gli altri partiti, in rapporto, raramente superano quota 1000.
Lo studio si è soffermato ad analizzare 10 mila foto pubblicate tra marzo e aprile 2019. Foto curate nella scelta del colore, il blu dell'appartenenza militante politica, con tanto di logo e di messaggio. Quest’ultimo diretto, propagandistico, slogheggiante. In difesa dei tedeschi, della lingua tedesca, della cultura tedesca, della storia tedesca, della religione tedesca. Contro i migranti, i rifugiati, le tasse, gli sprechi, l’islam.
Un aiuto dall’estero?
Il dubbio che non sia tutta farina del sacco di AfD è lecito. La domanda, come sottolinea Spiegel, è stata posta senza ottenere risposta. Il portavoce del partito, che ha comunicato come solo tre persone si occupino dei social media, si è persino mostrato sorpreso dei risultati della ricerca: “Stiamo davvero facendo molto più degli altri?”.
La produzione di immagini e video, invece, sarebbe appannaggio di alcuni liberi professionisti. Un team comunque risicato per una strategia così complessa. Molto più numeroso sarebbe l’esercito di volontari e dipendenti pronto a diffondere questi contenuti visto che un parlamentare avrebbe confermato come diversi utenti riescano a gestire anche una dozzina di pagine ciascuno.
C’è poi chi sostiene, come la politologa Julia Ebner, che accanto alle figure in carne e ossa ci siano anche bot e account fake, operanti da Paesi come Turchia ed Egitto. Un altro esercito, stavolta di soldati senza volto, pronto ad alimentare questo meccanismo di consenso social.
Ma l'aiuto arriverebbe anche dall'esterno. Un’altra inchiesta di Spiegel, incentrata su alcune mail, racconta dei rapporti tra alcuni esponenti di AfD e Mosca. E oltre all'appoggio da est, i partiti sovranisti potrebbero contare, a quanto denuncia il sito Open Democracy anche da quello proveniente da oltreoceano. L'esistenza di una sorta di “super PAC” (il sistema americano di raccolta fondi, in maniera priva e indipendente, per un partito o un candidato) starebbe venendo incontro ai partiti sovranisti europei in questo periodo di elezioni. Quindi anche nei confornti di AfD. Saranno comunque le elezioni europee di fine maggio a mostrare se questa strategia, su Facebook e no, a risultare vincente.