La crisi venezuelana divide sempre di più il mondo e i governi. Da una parte l’ultimatum di molti Paesi della Ue posto al presidente Nicolas Maduro - se entro 8 giorni non convocherà nuove elezioni Francia, Spagna, Germania, Gran Bretagna e Olanda riconosceranno come capo dello Stato ad interim il capo dell’opposizione Juan Guaidò – dall’altra parte il muro contro muro che è andato in scena al Consiglio di sicurezza dell’Onu: qui la Russia e la Cina hanno bloccato una dichiarazione proposta dagli Stati Uniti che appoggiava apertamente Guaidò.
Lo scontro in Italia tra Lega e Movimento 5 stelle
Anche in Italia la crisi venezuelana accende gli animi, soprattutto all’interno della maggioranza. Se da una parte il premier Giuseppe Conte auspica “una riconciliazione nazionale” e chiede anche lui un nuovo voto, aggiungendo però che è necessario “evitare che il Venezuela, attraverso l’impositivo intervento di Paesi stranieri, possa diventare terreno di confronto e divisioni tra attori globali”, il sottosegretario pentastellato agli Esteri Manlio Di Stefano parla di “inutili ultimatum Ue” e annuncia l’offerta dell’Italia di mediare tra Maduro e opposizioni per una transizione politica”.
Di diverso tono la nota del ministro degli Esteri, Enzo Moavero Milanesi, il quale assicura che l’Italia “si riconosce nelle dichiarazioni dei Paesi Ue”. Botta e risposta anche tra il vicepremier Matteo Salvini e il 5stelle Alessandro Di Battista, con il primo che si auspica che il governo italiano sostenga il fronte anti-Maduro, ed il secondo che su Facebook definisce “una stronzata megagalattica” l’ultimatum Ue.
Lo scontro nel Consiglio di sicurezza dell'Onu
Scontro aperto anche al Consiglio di sicurezza dell'Onu. L’ambasciatore russo presso le Nazioni Unite, Vassili Nebensja, ha accusato senza mezzi termini gli Usa “e i suoi alleati” di aver pianificato un “colpo di Stato” con l’obiettivo di cacciare Maduro. Da parte sua, il Venezuela ha rigettato con durezza l’ultimatum Ue: “Nessuno ci può dire se delle elezioni vadano convocate oppure no”, ha detto il ministro agli Esteri venezuelano Jorge Arreza, aggiungendo: “Chi siete voi per lanciare un ultimatum ad un governo sovrano?”.
Nella dichiarazione statunitense si chiedeva che il Consiglio di sicurezza assicurasse “un pieno sostegno” a Guaidò, affermando che il Parlamento venezuelano si deve impegnare a ricostituire le condizioni democratiche e lo stato di diritto, mentre le elezioni con le quale fu eletto Maduro vengono definite “illegittime”. La Russia non ha accettato nessuna di queste formulazioni, limitandosi a chiedere che la dichiarazione contenesse un generico appello al dialogo nel Paese latinoamericano. A questo punto, il testo non era più accettabile per gli americani.
Gli stati europei che si sono schierati contro Maduro
Posizioni inconciliabili, insomma. Dopo aver definito Maduro “un mafioso” che ha causato “grandi sofferenze al suo popolo”, il segretario di Stato Usa, Mike Pompeo, al termine del suo intervento al Palazzo di Vetro, si è spinto anche più avanti, chiedendo “a tutte le nazioni di mettere fine ai loro rapporti finanziari ed economici con il presidente venezuelano” e a riconoscere Guaidò come leader legittimo del Paese.
Fatto sta che la morsa diplomatica su iniziativa europea si fa di ora in ora più stringente. La Spagna per prima, poi la Germania, la Francia, il Portogallo e l’Olanda hanno precisato quello che è stato letto appunto come un ultimatum posto a Maduro. In termini simili si è espressa l’Alta rappresentante per la politica estera della Ue: se Caracas - ha detto Federica Mogherini - non convocherà elezioni “libere e credibili”, verranno prese “diverse azioni” che avranno al centro anche “il tema del riconoscimento della leadership”. Netto anche il ministro degli Esteri tedesco, Heiko Maas. “Non siamo neutrali in questa storia. Noi stiamo dalla parte di Guaidò”. Juan Guaidò non manca di ringraziare l'attivismo europeo, chiedendo all'Ue di farsi garante della transizione del Venezuela.