Theresa May supera indenne il voto di fiducia di Westminster e la partita decisiva sulla Brexit continua a giocarsi dal lato britannico della Manica, con la premier pronta a portare alla Camera lunedì prossimo una nuova proposta di accordo per il divorzio dalla Ue, dopo la bocciatura di quella negoziata con fatica nelle settimane precedenti. Ma tra Londra e Bruxelles i contatti per evitare lo scenario peggiore, quello del 'no-deal', sono serrati. Nel pomeriggio, secondo quanto si è appreso, si è svolta una riunione del Coreper, in cui gli ambasciatori dei 27 hanno esaminato i diversi scenari. La riunione sarebbe stata comunque solo interlocutoria in attesa di capire gli sviluppi della politica britannica. Secondo fonti citate dal 'Times', funzionari dell'Unione europea starebbero esaminando la possibilità di rinviare la Brexit fino al 2020, ben oltre i piani precedenti che prevedevano una proroga di tre mesi, ovvero alla fine giugno.
Le aperture di Francia e Germania, scrive il quotidiano britannico, concederebbero alla Gran Bretagna la possibilità di allungare il tempo delle negoziazioni fino all'anno prossimo. La notizia non trova conferme, ma il punto, si fa chiaramente capire da Bruxelles, è un altro: la Ue è pronta a concedere una proroga a Londra, ma la richiesta di May deve essere "ben giustificata" e non semplicemente dilatoria. Devono cioè esserci dei cambiamenti sostanziali che Theresa May, dopo il voto di fiducia e dopo aver consultato le forze politiche, possa mettere sul tavolo. Solo dopo la richiesta potrebbe essere esaminata e quindi approvata all'unanimità dai 27. Una visita del primo ministro britannico a Bruxelles al momento non sembra imminente, almeno non questo fine settimana, ma May potrebbe arrivare a Berlaymont per incontrare Jean-Claude Juncker e Michel Barnier la settimana prossima.
Come potrebbe cambiare l'accordo
Che Bruxelles voglia tendere una mano a May all'indomani della più pesante sconfitta parlamentare della storia di un primo ministro britannico, è chiaro. Il capo negoziatore Ue Michel Barnier, conferma che l'accordo giuridico tra Ue e Regno Unito non si tocca, in particolare sul 'backstop', per evitare il ritorno della frontiera irlandese. Ma il politico francese aggiunge che è possibile modificare la dichiarazione politica sulla relazione futura, ovvero la cornice del negoziato per un accordo di libero scambio tra Regno Unito e Ue dopo l'uscita di Londra. "Se il Regno Unito sceglie di far evolvere le sue linee rosse in futuro e fa una scelta di maggiore ambizione, per esempio andare al di là di un semplice accordo di libero scambio, allora l'Ue sarà immediatamente pronta a accompagnare questa evoluzione e a rispondervi favorevolmente".
L'ipotesi di riaprire i giochi sulla dichiarazione politica viene confermata dal portavoce della Commissione, Margaritis Schinas, che la definisce "non lontana dalla realtà". Anche se, ripete il portavoce di Juncker, "questo avrà senso solo se sappiamo cosa proporrà il governo britannico. E questo adesso non lo sappiamo".
Lo spettro del 'no deal'
Nel frattempo, proroga o no, la data della Brexit si avvicina inesorabile e le capitali si preparano allo scenario dell'uscita senza accordo. Il governo del Belgio, che con l'Irlanda, la Francia e l'Olanda, è tra i Paesi meglio preparati a un 'no deal', ha convocato una riunione d'emergenza constatando che 20.000 imprese non sono ancora pronte allo scenario peggiore. "Non tutti gli Stati membri hanno gli stessi problemi e lo stesso grado di preparazione", fa sapere la Commissione, promettendo di "intensificare" il lavoro nei prossimi giorni e settimane.